Inciviltà nella politica

Gli insulti e il turpiloquio sono purtroppo comuni a una certa parte della politica. Un tempo era la Lega ad averne il quasi monopolio, poi è venuto Grillo, che l’ha ampiamente superata. Ma io non riesco ad abituarmici e tanto meno a sorriderne. Un popolo grande per storia e cultura come il nostro non dovrebbe accettarli o condonarli.

Perciò è giusto che un Tribunale abbia condannato a sei mesi di carcere l’on. Storace, fondatore e capo de La Destra, per vilipendio al Capo dello Stato. L’episodio risale al 2007 (e stupisce il fatto che ci siano voluti sette anni per giudicare un reato di per sé evidente). La Destra  consumò una beffa a danno del Premio Nobel e senatrice a vita Rita Levi Montalcini, inviandole un paio di stampelle. Era l’epoca in cui l’opposizione tuonava contro i Senatori a vita sul cui voto si sosteneva l’assai poco memorabile  Governo Prodi (dimenticando che la stessa situazione si era verificata con il primo Governo Berlusconi nel 1994). Le stampelle volevano alludere a quelle, effettivamente precarie, che sorreggevano il Governo al Senato e anche all’età avanzata della Levi Montalcini. In sé era una beffa abbastanza innocua, una goliardata, a parte il mal gusto di offendere una grande italiana quasi centenaria (chissà,forse perché era ebrea?). Lei rispose con una lettera ferma e dignitosa  a La Repubblica e il Presidente Napolitano  la difese notando che era un’indegnità  beffare chi aveva dato tanto alla scienza e al prestigio dell’Italia. Apriti cielo! Storace rispose con un comunicato stampa nel quale offendeva in tutti i modi immaginabili il  Capo dello Stato. Il Ministro della Giustizia di allora, Clemente Mastella, autorizzò l’azione penale (era necessario, trattandosi di un membro del Parlamento).

Ora la vicenda si è conclusa come doveva, anche se con un assurdo ritardo. Il Tribunale, nel condannare, ha saggiamente concesso le attenuanti generiche, perché Storace era andato di persona al Quirinale a scusarsi con Napolitano, e la condanna è stata sospesa (per cui il camerata Storace non andrà in carcere e di questo personalmente sono lieto). Lui ha subito seguito l’andazzo di giudicare le sentenze frutto di oscuri complotti (che differenza di classe con Giovanni Guareschi, che fu condannato per diffamazione a danno di Alcide De Gasperi e il carcere se lo fece tutto e senza discutere!). Probabilmente interporrà appello e vedremo cosa farà la Giustizia, non sempre coerente con sé stessa.

Una cosa esatta però Storace l’ha detta: che ad oggi è il solo italiano condannato per vilipendio.  Non so se è proprio l’unico, ma certo è uno dei pochissimi. Che è successo di quei grillini che hanno volgarmente insultato il Capo dello Stato? Apparentemente è successo che il Guardasigilli attuale, Andrea Orlando, non ha autorizzato l’azione penale (forse  su discreta sollecitazione dello stesso Napolitano). In realtà, però, l’autorizzazione necessaria per perseguire un parlamentare non occorre per Grillo, che parlamentare non è. Il fatto che egli possa volgarmente  insultare e diffamare persone e istituzioni senza pagarne il giusto prezzo va molto oltre del diritto di critica e della libertà di opinioni che sono parti essenziali di un regime democratico e mi pare quindi inaccettabile.

Su questo registro,  l’ultima perla la dobbiamo al Segretario della FIOM, Landini, secondo cui Renzi “non è sostenuto dagli onesti”. Insulto minore? Rispetto a quelli a cui siamo abituati, sì. Ma in realtà grave, perché (anche se penso che questa insensata dichiarazione voleva colpire  Confindustria e magari altri “poteri forti”) offende comunque chi in diverse occasioni ha votato per Renzi e quelli che gli manifestano appoggio (a cominciare dal Capo dello Stato). Devono considerarsi “disonesti”? Per la stessa ragione, mi indignava l’insulto ai milioni di elettori di Berlusconi, definiti idioti o peggio. In realtà, nulla mostra meglio lo sprezzo di certa gente per le opinioni altrui e quindi per la democrazia; in questo, parte dei sindacati è purtroppo all’avanguardia. Che senso ha uno sciopero generale che danneggerebbe solo il Paese, contro una legge voluta da Governo e Parlamento nell’esercizio delle loro responsabilità  e poteri esclusivi?  Che rispetto mostra per la volontà popolare espressa attraverso le elezioni? Ammesso che la legge sia considerata reazionaria – cosa che a dire il vero non mi pare affatto – non sa la signora Camusso che può essere eventualmente abrogata dal popolo sovrano con un referendum e una “jacquerie” corporativa non serve? (Un accorato appello a tutti, però, anche a chi scrive in questo giornale: smettiamola di chiamarla “Job Act”, un inutile e supino anglicismo che fa raggricciare la pelle, visto che nella nostra lingua esiste la definizione del tutto adeguata di “Legge sul Lavoro”).

Landini,  a quanto pare, si è scusato. Prendiamone atto anche se, insomma, è un po’ troppo facile lanciare il sasso e poi nascondere la mano. L’offesa, ad ogni modo, resta.

Il Presidente del Consiglio non è tutelato dal Codice Penale e nessuno tutela le persone offese, per cui, in questo caso, nessuna conseguenza penale è immaginabile (meglio così). Ma il prezzo  che dovrebbe pagare chi insulta dovrebbe consistere nel rigetto dell’opinione pubblica. Fino ad ora, hanno reagito solo Confindustria e il PD (com’era naturale). Altri hanno gongolato. Ma una pratica che dimostra una degenarazione del costume civile dovrebbe risultare inaccettabile a chiunque ritenga (a qualsiasi setta appartenga) che la vita pubblica debba reggersi su un minimo standard di decenza e rispetto degli altri.

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