Legge Fornero, i rischi con un Referendum
In Italia ci sono riforme che pochi governi hanno il coraggio di fare perché spesso impopolari anche se estremamente necessarie. Una di queste è sicuramente la riforma del sistema pensionistico. Il nostro paese per troppo tempo ha lasciato che questo strumento venisse utilizzato quasi come ammortizzatore sociale, non preoccupandosi minimamente dei risvolti economici di queste scellerate scelte. È così che sono nati i “baby pensionati”, persone di trentotto anni in pensione con contributi di quindici.
Una follia per un paese industrializzato e con aspettative di vita tra le più alte al mondo, un suicidio economico per le casse dello stato. Oltretutto fino al 1995 veniva utilizzato il puro strumento della pensione retributiva, ossia un assegno del tutto dissociato dai contributi versati che ha favorito a creare il buco nelle casse dell’INPS. Con la Riforma Dini si introduce finalmente lo strumento del calcolo previdenziale come contributivo (basato su quanti contributi si è versato nel corso della propria vita lavorativa). Questa legge, decisamente rivoluzionaria, non ha però sortito gli effetti desiderati sui conti pubblici che hanno condotto l’Istituto nazionale di Previdenza Sociale sull’orlo del dissesto economico.
Vari interventi negli anni duemila sono stati apportati, dalle “finestre” alle “quote pensione” senza mai riformare il sistema dalle basi. Ed è proprio con la Riforma Monti-Fornero che si è cercato di guardare al futuro della sostenibilità del sistema. Tra luci ed ombre si è arrivati ad una forma di respiro europeo. L’innalzamento dell’età pensionabile, l’eliminazione delle finestre, l’adeguamento alle aspettative di vita e l’armonizzazione tra pubblico e privato hanno di fatto migliorato le prospettive economiche dell’ente.
Ma, come spesso capita in Italia, ci si è lasciati qualche pezzo per strada: gli esodati sono stati su tutto l’errore più grossolano commesso. Trecentocinquantamila persone rimaste nel limbo tra lavoro e pensione, senza avere nessuno dei due. Un dilemma che ha creato non pochi grattacapi, soprattutto per il reperimento delle risorse necessarie a colmare l’errore. Insomma un problema serio, ma sostanzialmente transitorio, che si esaurirà con il raggiungimento dei requisiti per il pensionamento.
Nel complesso una riforma importante, doverosa ed inevitabile. Ingiustificati sicuramente i sentimenti di opposizione alla riforma nati negli ultimi mesi, di natura propagandistica, non colgono l’importanza di avere un sistema sostenibile per le generazioni future, capace di poter garantire una pensione a tutti i lavoratori. Troppe volte in italia si è guardato al breve periodo a mero scopo elettorale senza avere il coraggio di mettere mano in quei settori per troppo tempo ostaggio di privilegi acquisiti.
Certo è importante fare di più, favorendo forme di contribuzione integrativa (il famoso terzo pilastro previdenziale) guardando molto più all’Europa e correggere le piccole imperfezioni. Ma distruggere l’impalcatura generale di una legge così importante non fa sicuramente bene al Paese, resa ancor più rischiosa, oltre che dall’ainsostenibilità economica del vecchio sistema, anche dalla difficile situazione economica mondiale. Una cosa è certa: se dovesse passare la linea del referendum, l’Europa non resterà a guardare.
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