Brasile, il più grande scandalo della sua storia
Quando venerdì 14 novembre i mezzi di informazione del Brasile hanno cominciato a diffondere la notizia degli arresti di dirigenti delle nove imprese di costruzione più grandi del paese, i brasiliani sono rimasti stupefatti. Fino a quella data, come ha detto il procuratore della repubblica Rodrigo Janot, si arrestavano solo le tre P (P di preto, nero, P di puttana, P di povero), mai, salvo casi rarissimi, persone molto importanti. La Presidenta, Dilma Rousseff, dalla lontana Australia dove si trovava per il G20, ha tentato di tranquillizzare il paese dicendo che gli arresti sono il segno della libertà della Polizia Federale di indagare e che il paese che uscirà dalla bufera degli scandali sarà un “Brasile nuovo”.
Gli arresti sono lo sviluppo dell’arresto di Alberto Yousseff per riciclaggio ed esportazione illegale di denaro all’estero. Conseguenza di questo è quello di Paulo Roberto Costa per fenomeni di corruzione nell’ambito della Petrobras. Ma le bombe scoppiano quando i due decidono di ricorrere alla “delaçao premiada”, si pentono e raccontano tutto quello che sanno sugli accordi tra grandi ditte di costruzione sui pagamenti di tangenti ad alti funzionari della Petrobras e a partiti politici, principalmente al PT (Partito dei Lavoratori), il partito di Lula e della Rousseff, al PMDB, grande alleato del PT e partito del vice presidente della Repubblica, e al PP (Partito Progressista), altro alleato della presidenza del Brasile. Per alcuni giorni la TV e i mezzi di informazione mostrano i presidenti e i direttori di grandi società, più di una ventina, portati di qua e di là per essere sottoposti ad interrogatori, mentre i loro avvocati vedevano respinte le loro richieste di “habeas corpus”, ovvero richieste di libertà. Nel paese si sono scatenate montagne di domande e di polemiche.
I giudici dal canto loro hanno aggiunto non poca benzina sul fuoco. Uno, il procuratore della Repubblica di San Paolo, Marcelo Mendroni, specialista in indagini finanziarie, ha semplicemente detto che non esiste stato o comune del Brasile con contratti per opere pubbliche o di servizi senza tangenti, mentre la Procura impegnata nelle indagini decide il blocco dei patrimoni di sette imprese come Camargo Correa, Oas, Mendes Junior, Engevvix, Queiroz Galvao, Uesa Oleo e Galvao Engenharia. I loro contratti con la Petrobras superano i sessanta miliardi di reais, circa 20 miliardi di euro. Il pubblico ministero federale dichiara che, se anche non è possibile ad oggi quantificare il danno, è certo che lo schema criminale funzionava da almeno 15 anni
Lo scandalo suscita preoccupazioni e timori tra gli economisti. Le ditte in discussione hanno lavori in altri settori economici, quali il PAC (ricco piano di infrastrutture), il settore idroelettrico e viario. Si salveranno le società sotto indagine dalla impossibilità, causa indagini, di lavorare con lo Stato tramite un benefico atto di “patteggiamento”? Ma, se il mondo economico è preoccupato, quello politico è terrorizzato. Già nella prima parte dell’indagine giudiziaria erano venuti fuori nomi di decine di deputati, tre governatori, un ministro. Dopo gli arresti nelle grandi imprese tutto può accadere. I “boatos”, come in Brasile chiamano le voci, dicono che ben 200 dei 513 deputati che compongono la nuova Camera, che entrerà in funzione il primo di gennaio, potrebbero avere problemi. Per quelli che scadranno il 31 dicembre la Polizia Federale aspetterebbe la fine dell’immunità per arrestarli. Martedì 25 Lula è andato a Brasilia per parlare con Dilma, lo hanno fatto per dieci ore, certamente non saranno mancati gli argomenti.
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