Cronache dai Palazzi

“Ritmo” e “urgenza” sono le ultime tag clouds del primo ministro per il nuovo anno. Un 2015 che dovrà essere necessariamente l’anno della svolta, o perlomeno di reale cambiamento. Urgenza di riforme strutturali “senza le quali l’Italia non può ripartire”, di cambiamento del “paradigma economico” della Ue, di chiarimenti sul Jobs Act. Tutto dovrà essere realizzato rispettando un certo “ritmo” evitando l’arenarsi delle riforme, continua ad annunciare a loop Matteo Renzi.

Con la riforma della Pubblica amministrazione (ddl Madia), nello specifico, sarà più chiaro che la svolta non può limitarsi al privato ma anche “nel pubblico impiego dobbiamo far passare la logica del chi sbaglia paga, chi non lavora, chi non timbra il cartellino, va licenziato, a fronte del 99% di impiegati onesti”, ha ammonto Renzi nella conferenza stampa di fine anno con i giornalisti. Ed inoltre, mentre la minoranza dem propone un  referendum abrogativo delle norme sui licenziamenti collettivi, Renzi continua a ribadire che “prima ci sarà il referendum sulle riforme della Costituzione”. Gennaio, in particolare, sarà il mese dei grandi cambiamenti, il mese in cui “ci giochiamo tutto, riforma elettorale, della Costituzione e soprattutto nuovo presidente della Repubblica”, sintetizza il premier. La successione di Napolitano, in particolare, non può essere considerata un’operazione istituzionale del tutto neutra. Si tratta di un’operazione articolata che, in ogni modo, influenzerà il corso e la forza della maggioranza nel processo delle riforme.

Il cambiamento avviato deve rimanere il ‘leit motiv’ della politica italiana, non solo del governo, e tale pensiero sta anche alla base del discorso di Giorgio Napolitano, l’ultimo come presidente della Repubblica. Napolitano invita la classe politica a continuare sulla strada delle riforme decisive per il Paese e, nel contempo, esorta tutti gli italiani a reagire a ‘mettercela tutta’. Napolitano vuole “ragionare” con tutti i cittadini “su come stiamo vivendo questo momento in quanto generalità dei cittadini, uniti dall’essere italiani”.  In particolare “l’assillo per le condizioni della nostra economia, per l’arretramento dell’attività produttiva e dei consumi, per il calo del reddito nazionale e del reddito delle famiglie, per l’emergere di gravi fenomeni di degrado ambientale, e soprattutto- questione chiave – per il dilagare della disoccupazione giovanile e per la perdita dei posti di lavoro”.

Nei ventidue minuti del suo discorso il capo dello Stato affronta uno per uno i temi dell’agenda politica e pone l’accento sulla necessità di superare un momento storico ricco di difficoltà economiche con ripercussioni sulla vita sociale e politica. Per andare avanti è però necessario mettere in campo una doverosa “coscienza critica dei tanti problemi rimasti irrisolti e delle nuove sfide con cui fare i conti”. In sostanza “un recupero di ragionata fiducia in noi stessi” e “una lucida percezione del valore dell’unità nazionale” rappresentano “le condizioni essenziali per far rinascere la politica nella sua accezione più alta, per rendere vincente quell’impegno molteplice e di lunga lena che i cambiamenti necessari all’Italia chiaramente richiedono”.

Nel ricordare il motivo del suo secondo mandato, Giorgio Napolitano sottolinea ancora una volta che la “disponibilità”  richiesta e offerta nell’aprile 2013, “sia risultata un passaggio determinante per dare un governo all’Italia, rendere possibile l’avvio della nuova legislatura e favorire un confronto più costruttivo tra opposti schieramenti politici”.  Ora è però ormai tempo di tornare “alla normalità costituzionale, ovvero alla regolarità dei tempi di vita delle istituzioni, compresa la presidenza della Repubblica”.

“L’aver tenuto in piedi la legislatura apertasi con le elezioni di quasi due anni fa – sottolinea Giorgio Napolitano – è stato di per sé un risultato importante: si sono superati momenti di acuta tensione, imprevisti, alti e bassi nelle vicende di maggioranza e di governo. Si è in sostanza evitato di confermare quell’immagine di un’Italia instabile che tanto ci penalizza e si è messo in moto, nonostante la rottura del febbraio scorso, l’annunciato, indispensabile processo di cambiamento”. Insistendo su “un’incisiva riforma delle istituzioni repubblicane” il presidente ricorda inoltre che il superamento del bicameralismo perfetto è un obiettivo di fondamentale importanza per gli equilibri del Paese.

Napolitano indica come sempre la rotta che il Paese, il governo e l’intera classe politica dovrebbero seguire nei prossimi mesi e segnala le priorità: lotta alla corruzione, ripresa economica, il dramma della disoccupazione giovanile, una “questione chiave” quest’ultima insieme alla “perdita dei posti di lavoro”. In ogni caso è necessario uno sforzo collettivo ulteriore, perché “dalla crisi mondiale purtroppo non siamo riusciti a sollevarci” , ma dalla crisi generale potrebbe nascere un’Italia diversa, rigenerata. “Da ciascuno di voi – afferma Napolitano rivolgendosi direttamente ai cittadini italiani al di là del teleschermo – può venire un impulso importante per il rilancio e un nuovo futuro dell’Italia”.

La sfiducia degli italiani è un tema che assilla anche Palazzo Chigi, non a caso il premier Renzi nel consueto incontro di fine anno con la stampa ha sottolineato che il problema può avere delle “ricadute economiche notevoli” arginando la ripresa del Paese. Le rilevazioni descrivono inoltre un Paese con una stima dei partiti vicina allo zero e che non fa grande affidamento nelle istituzioni. Dati scoraggianti, come quelli economici, che sottolineano le scarse aspettative degli italiani circa il futuro prossimo venturo. Così il nuovo slogan diventa “Mettiamocela tutta”, frase coniata da Napolitano nel suo discorso di San Silvestro e subito trasformata in un ulteriore hashtag ad effetto da Matteo Renzi. L’appello ovviamente è rivolto a tutti gli italiani che “con passione, combattività e spirito di sacrificio”, sono chiamati a fare “ciascuno la sua parte al meglio”, politici compresi.

Nonostante tutto, comunque, il governo continua ad essere ottimista circa la ripresa dell’economia premettendo però che “senza riforme l’Italia è spacciata” – come ha ammonito Matteo Renzi – ma “se si fanno le riforme la legislatura va avanti” procedendo sulla strada del cambiamento. “Confermo l’ottimismo del presidente Renzi”, ha affermato a sua volta il ministro Pier Carlo Padoan in un’intervista al Corriere della Sera. “Innanzitutto a livello globale la situazione sta migliorando: l’euro continua a svalutarsi sul dollaro e il prezzo del petrolio si sta stabilizzando su livelli molto bassi, fatto notevole per un Paese importatore come l’Italia”. Per il ministro dell’Economia “i dati delle ultime settimane dicono che il rallentamento dell’economia italiana è finito. Inoltre, le misure già messe in campo dal governo e le altre che verranno prese daranno i loro frutti nel 2015”. Nonostante “la fiducia, delle imprese e delle famiglie, non migliora complessivamente” Padoan auspica ‘un’inversione di tendenza’. “Dopo tre anni di recessione, una perdita di 10 punti di Prodotto interno lordo e di un milione di posti di lavoro, l’occupazione ha ripreso a salire. Ciò avrà influenza sul ritorno della fiducia”, afferma Padoan che enfatizza il cosiddetto “Investment compact”, un pacchetto di misure a sostegno di piccole e medie imprese e di strumenti per stimolare crescita e investimenti. Cinque le misure adottate: “Misure fiscali a sostegno delle piccole e medie imprese, in particolare quelle innovative, anche attraverso un rifinanziamento del Fondo di garanzia. Misure di finanza per la crescita” per “aumentare la possibilità di fornire direttamente credito alle imprese”. Ed infine “misure per l’attrazione degli investimenti dall’estero superando il cosiddetto rischio regolatorio” e “misure a sostegno delle attività culturali per favorire gli investimenti privati nel settore”.

Padoan sottolinea inoltre il “dialogo costruttivo” avviato con  la Commissione europea e puntualizza che “il debito comincerà a scendere nel 2016”. Riconoscendo “che ci troviamo in circostanze eccezionali e che le riforme produrranno un impatto positivo”,  la Commissione europea riserverebbe all’Italia “un grado di sostenibilità sul lungo periodo tra i più alti d’Europa”. La riforma delle pensioni, in particolare, avrebbe già provocato un “valore positivo sul debito”.

Il semestre di presidenza italiana dell’Ue è stato giudicato positivamente anche da Giorgio Napolitano nel suo nono discorso dal Quirinale. “L’Italia ha colto l’opportunità del semestre di presidenza del Consiglio europeo per sollecitare un cambiamento nelle politiche dell’Unione che accordi la priorità a un rilancio solidale delle nostre economie”, ha sottolineato il capo dello Stato con l’invito ad allontanare deleterie spinte antieuropeiste che incoraggiano “la disintegrazione dell’euro” e “ogni comune politica anticrisi”.

Questo 2015 inizia così con le migliori intenzioni e la politica italiana sembra proiettata verso il rilancio del Paese sia a proposito di riforme sia per quanto riguarda l’elezione del nuovo capo dello Stato che dovrà necessariamente essere una persona che fotografa il cambiamento ma, nel contempo, dovrà dimostrare di saper navigare all’interno delle istituzioni tessendo – come del resto ha sapientemente fatto Giorgio Napolitano – con destrezza e maestria la trama del patto che lega gli italiani alle istituzioni della Repubblica.

Le battaglie attorno al Quirinale sono appena iniziate e seppure ancora sotterranee cominciano a produrre i loro effetti lasciando intravedere le difficoltà della partita. “Da noi nessun veto per il Colle ma non è un affare interno al Pd”, afferma Angelino Alfano. “L’Italia ha bisogno di una guida autorevole che sappia rappresentare tutti e assolvere le funzioni delicate che la Costituzione gli assegna”. Alfano puntualizza che occorrerà “individuare una personalità che non abbia scheletri nell’armadio, che abbia esperienza istituzionale” perché “non si tratta di un ‘mestiere’ per persone estranee alle istituzioni”. La cosa certa, o meglio  più auspicabile, è che non se ne potrà fare una “questione di partito” e, molto probabilmente, anche il nuovo faccia a faccia tra Renzi e Berlusconi, previsto subito dopo l’Epifania, sarà finalizzato ad armonizzare le posizioni non solo in materia di Italicum – per cui l’ex premier premerà per l’approvazione della clausola di salvaguardia che porterà la legge a non entrare in vigore prima del 16 giugno 2016 – ma anche a proposito di elezione del nuovo inquilino del Colle. Berlusconi mira a portare a casa la clausola “prima del voto per il Colle” – nonostante Renzi sostenga il contrario – anche perché, in questo modo, tra i forzisti i franchi tiratori sul Quirinale sarebbero meno di venti e tale mossa potrebbe blindare l’elezione del mister X chiamato a succedere a Giorgio Napolitano già “alla quarta elezione”. Per ora si tratta però solo di geometrie variabili e la road map delle consultazioni politiche attorno all’affaire Quirinale è ancora tutta da svelare. Agli occhi dei berlusconiani “i giochi saranno chiusi prima”. Prima della votazione sull’Italicum che potrebbe trasformarsi nella prova generale della votazione per il Quirinale.

©Futuro Europa®

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