Addio Anitona
Se ne stanno andando in troppi, da un po’ di tempo a questa parte. Chissà che bei casting cinematografici organizzeranno nell’aldilà. Adesso anche Anita Ekberg è andata a ritrovare Federico Fellini e Marcello Mastroianni. Potranno fare un altro bagno nella Fontana di Trevi, mentre il Maestro decreta un nuovo ciak per un remake soprannaturale de La dolce vita.
Anita Ekberg (Malmö, 29 settembre 1931 – Rocca di Papa, 11 gennaio 2015), per tutti Anitona, ha rappresentato per anni l’emblema della bellezza felliniana, della donna opulenta e carnosa, del sogno sexy venuto dalla Svezia.
Il Maestro la volle anche ne Le tentazioni del dottor Antonio (1962) – episodio del film collettivo Boccaccio ’70 – gigantesca bambola di carne che usciva da un ammiccante manifesto per tormentare i sogni di un integerrimo moralista (Peppino De Filippo). Non ha interpretato soltanto questi due film, in realtà, anche se dalle nostre parti la ricordiamo soprattutto per le collaborazioni con Fellini. Miss Svezia 1950, approda a Holywood, lavora con Jerry Lewis e Dean Martin ma anche con Gianni e Pinotto (Bud Abbott e Lou Costello), vince un Golden Globe, trova posto in Guerra e pace di Vidor e ne Il segno di Roma di Brignone. In Italia interpreta i film della sua vita, ma subito dopo torna a Hollywood, dove la vediamo sui set de I 4 del Texas e in Chiamami Buana.
L’Italia è nel suo destino, al punto che la prosperosa attrice decide di tornare nella penisola e di trasferire la residenza a Roma. Non recita in capolavori, purtroppo, è il tempo della commedia sexy e del cinema di genere, Anitona è un po’ ingrassata, non è più giovanissima, ma trova il coraggio di posare per Playmen. In seguito solo ruoli da caratterista – persino in Bambola di Bigas Luna accanto a Valeria Marini – e un po’ di televisione. La vediamo per l’ultima volta nel 2010, ospite di Carlo Conti ne I migliori anni, per il cinquantesimo anniversario de La dolce vita.
Era ricoverata da tempo presso la clinica San Raffaele di Rocca di Papa. Scompare un’icona sexy degli anni Sessanta. Un po’ del nostro passato perde pezzi per strada e diventa tempo perduto.
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]