Cronache dai Palazzi
L’Italia ha un nuovo presidente che fin dalle prime battute dichiara la chiara intenzione di entrare in sintonia con il Paese: “il pensiero va soprattutto e anzitutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini. È sufficiente questo”, afferma Sergio Mattarella, dodicesimo presidente della Repubblica, grazie ai 665 voti ottenuti al quarto scrutinio. Martedì 3 febbraio il giuramento e l’entrata al Quirinale. Persona sobria, di profilo alto sul piano della moralità e meno sul piano della notorietà, Sergio Mattarella si pone tre obiettivi principali: essere garante verso tutti, innovazioni ragionate della Costituzione, ridare speranza ai cittadini.
Il Financial Times commenta l’elezione di Matterella decifrandola come “uno schiacciante sfoggio di abilità e forza politica da parte di Matteo Renzi”, mentre il New York Times parla di “vittoria” del premier. Il presidente del Consiglio ha ottenuto un risultato importante ma dopo aver superato la prova del Colle ora Matteo Renzi deve superare la prova del governo.
La muscolarità con la quale ha affrontato l’elezione del Quirinale potrebbe avere delle conseguenze, al momento non valutabili, per quanto riguarda le riforme, con nervi scoperti dentro e fuori Palazzo Chigi. Decisivo sarà il confronto con il leader di Ncd, Angelino Alfano, che nel ricostruire le fibrillazioni interne al suo partito durante l’elezione del capo dello Stato, assicura di rimanere al governo ma di non cedere su Jobs act e Popolari. “Sul Quirinale pensavo di discutere con il presidente del Consiglio e invece avevo davanti il segretario del Pd”, aggiunge inoltre Alfano.
Il nodo è politico e ruota attorno al seguente interrogativo: se l’attuale governo può ancora essere considerato un “esecutivo di emergenza nazionale” come lo definisce Alfano, o un “governo di legislatura” come sostiene Renzi. Il nodo inoltre va sciolto prima delle Regionali di primavera, il leader del Pd vuole infatti capire se in Campania e in Veneto Alfano sarà dalla sua parte oppure se si alleerà con Forza Italia. In quest’ultimo caso nell’esecutivo cambierebbero molte cose e nel Pd c’è già chi minaccia che “cambierebbe il governo”. Il confronto Renzi-Alfano dovrà quindi svelare l’arcano e chiarire le posizioni di entrambi.
Renzi ha comunque bisogno del sostegno di Ncd per difendere la “maggioranza di governo” e sganciarsi dalla “maggioranza per il Colle” che gli ha consentito di eleggere Sergio Mattarella ma che in verità ingloba gli avversari delle sue stesse riforme. Non a caso, dopo l’elezione di Matterella, Epifani dichiara che “ora si può ripartire con un nuovo slancio sui temi del lavoro e dell’equità fiscale”, mentre Bersani puntualizza: “Renzi non può pensare di aver chiuso la pratica. Alla Camera vorremmo migliorare la legge elettorale”. Gli antagonisti dem dimostrano in pratica di non accontentarsi né di un nuovo presidente della Repubblica condiviso né di una “piccola botta” al patto del Nazareno.
Tra gli alleati di governo, invece, insorge la rivolta di Ncd. Costretti repentinamente a cambiare posizione, nel Nuovo centrodestra c’è chi si sente “umiliato e offeso” e chiede a Angelino Alfano di intavolare una verifica di governo o perlomeno di recuperare l’onore perduto. In un tweet Sacconi dimissionario sintetizza le ragioni dei reazionari del suo partito: “No pregiudizi su Mattarella. Ma cinismo di ridare peso a sinistre nel Pd e fuori, uccise riforme lavoro, giustizia, fisco. Fine di ogni speranza”. Quagliariello, invece, auspica un chiarimento alla luce della “nuova maggioranza messa in campo da Renzi” chiedendo per l’appunto una “verifica” di governo.
Renzi rischia così di ritrovarsi a dover fronteggiare gli esiti di “tre maggioranze”, ognuna necessaria al raggiungimento di un obiettivo fondamentale: il fronte comune con Alfano per la tenuta dell’esecutivo; il “patto” con Berlusconi a proposito di riforme; ed infine un Pd ricompattato funzionale alla propria stabilità. Un Pd comunque pronto a rompersi di nuovo qualora il proprio segretario stipuli accordi non graditi con gli avversari di destra.
In verità il Patto del Nazareno, esorcizzato dallo stesso premier a ridosso dell’elezione di Mattarella, è tutt’altro che morto. L’ex Cavaliere, alle prese con un partito spaccato, ne ha ancora bisogno ma ne ha bisogno anche Renzi, che a proposito di riforme non ha tutti dalla sua parte, sia tra i democratici sia tra gli alleati di governo. Di certo l’elezione di Mattarella ha provocato un sbilanciamento del “Patto” ma Berlusconi, seppur amareggiato, sa di non poter forzare i toni di fronte ad un Pd ricompattato dall’esito del Quirinale e ad un Matteo Renzi che tiene in ostaggio il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano pronto, in ogni momento, a spostare l’ago della bilancia assicurando al premier un bel pacchetto di voti.