Planitars, l’e-commerce italiana dell’arte
Dal 23 gennaio scorso Planitars, la piattaforma tutta italiana per, è stata messa online. Calibrata specificamente sugli artisti emergenti e sul piccolo collezionismo, fondata da Francesca Bonan, l’idea è di iniziare a riunire diverse realtà su Planitars, “il pianeta dell’arte italiana, da cui deriva il nome Planitars”. L’artista, il curatore e il collezionista, in un teatro di ruoli a volte interscambiabili, sono gli attori di questo panorama. Il sito web, che unisce la qualità estetica al business economico, risulta decisamente ben fatto, per quanto siano rilevabili delle lacune, o quantomeno delle fonti di discussione.
Partendo dai fondamentali, la piattaforma non vuole essere un social network. Ottimo, ma come giustifichiamo il fatto che non lo sia? Sembra quasi che alcuni termini abbiano assunto un’accezione negativa, tanto da non poter più essere utilizzati. È giusto tracciare una linea per evitare associazioni di pensiero non augurabili; oramai nell’immaginario collettivo il social network può essere solo Facebook, Twitter, Instagram, Myspace e compagni. Non si tratta di negare ciò, ma c’è da dire che gli aspetti comuni tra la poppante Planitars e i rodati social network, o blog, della rete non sono inconsistenti. Planitars non può ignorare ciò che la precede e con cui si promette di convivere. I punti di contatto sono l’inclusione, seppur ben più limitata sulla piattaforma artistica, della sfera personale e triviale; l’idea di fare rete e creare contatti velocemente e con apparente naturalezza e informalità; la comunicazione del proprio like e la condivisione pubbliche, anche sui vari social network; lo spazio per il cattivo gusto, il kitsch, onnipresente durante la navigazione dei flutti di dati a DSL; la possibilità di pubblicità e promozione a pagamento, comune a tutto il web.
È un po’ come giocare a Taboo: vige il “divieto” di utilizzare alcuni termini che, tuttavia, coincidono nell’identità dell’oggetto, ontologicamente in predicati della parte o nell’interezza. E ancora, nel campo semiotico di significato e significante, qual è il valore del significante nella corretta definizione e comprensione del significato? Perché non accettare di accordare a Planitars la qualità di social network, chiamando o non chiamando le cose con il proprio nome? Si sa solo che l’onta del social network è ingente. Già Artsy e ArtStack propongono di creare le proprie collezioni online, di associare tra loro opere che spesso in comune presentano ben poco, in una curatela fai da te.
In questa curatela dell’internet, proposta dalla stessa fondatrice che si oppone alle occasioni in cui gli artisti meritevoli sono “mischiati in esposizioni dove non vi è alcun criterio di selezione”, la selezione e la curatela non possono rifiutare se stesse. L’operazione che si può svolgere su questa piattaforma critica costruttivamente fino a un certo punto la tendenza generale riconosciuta in questi termini. Non significa che Planitars fallisce in toto, ma semplicemente che non può prescindere dalla curatela e dalla selezione, certo qui virtuale e non meno generatrice di confusione.
Gli stessi partecipanti a questo gioco, le stesse pedine sul tabellone, sono selezionate e curate da Francesca Bonan, con il supporto e il consiglio di due curatori, Chiara Canali e Niccolò Bonechi. In un unico luogo è raccolta una scelta, in crescita e non ancora così ampia, di opere e di stili, che va al di là di un’unica linea curatoriale. Gli stessi artisti e curatori, attraverso manuali relativamente dettagliati, rispettivamente la “guida alla vendita” e la “guida per i curatori”, sono invitati a collaborare e ad auto-curarsi, onde evitare errori, così che l’autorizzazione sia loro accordata per procedere con la pubblicazione e l’inizio della propria attività di networking e promozione di sé.
Come dichiara la stessa Bonan: “Prima della pubblicazione online del sito, quando gli artisti avevano accesso solo all’area riservata e alle condizioni di vendita, si erano registrati circa 550 artisti con 720 opere caricate, da cui si è arrivati a una selezione di 45 artisti e circa 310 opere di pittura, scultura, fotografia e opere realizzate con diversi media, come le opere di pan di spagna di Marco Chiurato, la carta autoprodotta di Paolo Scarfone o i ricami su lino di Giovanni Gaggia. […] La Regione più rappresentata è il Veneto, con ben nove artisti.” Nove artisti in Veneto? Tanti, troppi! Forse la selezione è troppo rigida, per quanto il processo sia solo all’inizio. Attenta selezione, dai canoni non così trasparenti, accorda alta qualità, esclusività, per lo meno in nuce. Chi seleziona è adeguatamente qualificato? Una commissione più ampia e variegata migliorerebbe e arricchirebbe la selezione, in un’era in cui tutti impongono la propria autorevolezza come curatori.
Il curriculum vitae viene analizzato più o meno superficialmente. Ci si basa su una selezione già fatta da concorsi e premi tra i più riconosciuti in Italia come il Premio Cairo, il Premio Arte Mondadori, la Collettiva Bevilacqua La Masa, il Premio Fabbri; da gallerie storiche; per residenze all’estero; considerate come firma di garanzia. Ma ci sono anche esponenti che, in proiezione sul futuro, promettono una crescita di valore, dal punto di vista della qualità estetica e del valore economico. Planitars vorrebbe essere un trampolino di lancio per i nuovi talenti: nel tempo verificheremo l’incidenza della missione.
Internet, con la sua logica, è una piazza di diffusione e di vendita potentissima, che non si sottrae alla concorrenza con il mercato e le esposizioni nel mondo “reale”. Il duello tra il mondo “virtuale” e quello “reale” non è ad armi pari. La trasparenza economica di prezzi e metodo di pagamento anticipato, transazione e fatturazione sono ben più chiara, rispetto alla prassi nel mercato dell’arte. Non si contratta nessuna esclusiva. Il sito trattiene il 30% netto in caso di vendita, appunto il plusvalore da investire nel capitale costante, la cyber-promozione, oramai i mezzi di produzione, e anche, paradossalmente, in quello variabile, i partecipanti, che costituiscono sia la forza-lavoro che il corpo dei consumatori, per ottenere ulteriore profitto.