Anni felici (Film, 2013)

Daniele Luchetti (Roma, 1960) è uno dei nostri autori più interessanti, diplomato alla scuola di cinema Gaumont di Renzo Rossellini, allievo di Nanni Moretti (aiuto regista in Bianca e ne La messa è finita), debutta con la commedia di costume Domani accadrà (1987) – prodotto dalla Sacher Film di Moretti, David di Donatello come miglior esordiente – e si conferma con La settimana della sfinge (1989), Il portaborse (1991) – anticipando l’operazione mani pulite – e La scuola (1995), tratto dai racconti di Domenico Starnone e interpretato da un mirabile Silvio Orlando. Autore di documentari e spot pubblicitari, vincitore di numerosi premi come regista, in tempi recenti segnaliamo gli interessanti Mio fratello è figlio unico e La nostra vita (2010).

Anni felici è un lavoro parzialmente autobiografico, ispirato ad alcuni personaggi della sua famiglia, narrato in prima persona come se fosse un tema scolastico dal bambino appassionato di cinema che vediamo sempre con la telecamera in pugno. Una commedia ambientata nell’estate del 1974 che riproduce in maniera perfetta l’atmosfera cultura del tempo. Scenografie e interni sono curati e veritieri, il modo di vestire, le auto, gli ambienti vacanzieri e la temperie artistico-culturale sono riprodotti quasi a livello documentaristico. Il buon cinema d’autore rispetto al prodotto commerciale ha il vantaggio che puoi rivederlo all’infinito senza stancarti mai, trovando nelle pieghe della storia particolari nuovi prima trascurati. Luchetti è un autore, senza ombra di dubbio, scrive una sceneggiatura impeccabile con la collaborazione di Petraglia, Rulli e Venturini, immortala sequenze con una fotografia flou e toni da stampa d’epoca grazie al bravo Collepiccolo, mentre i fratelli Garrone montano con tempi non troppo rapidi, da storia di formazione. Anni felici, presentato in anteprima al Toronto Film Festival, vince alcuni premi per i costumi (Maria Rita Barbera) e per l’interpretazione di Micaela Ramazzotti, ma il minimalismo della vicenda è intrigante, coinvolge gli spettatori in un crescendo melodrammatico solo a tratti stemperato in commedia.

Siamo a Roma, nel 1974, Guido (Rossi Stuart) è un artista in cerca di successo, tormentato da una madre castrante e da una famiglia borghese, sposato con Serena (Ramazzotti), innamorata di lui ma gelosa in maniera patologica. I figli vivono gli alti e bassi di una famiglia instabile, che ondeggia tra liti furibonde e appassionati rappacificamenti. Serena vive per Guido che spesso, invece, vorrebbe essere lasciato libero di agire senza la sua presenza. Un fallimento artistico di Guido porta la coppia verso una temporanea separazione, Serena vive un’appagante esperienza omosessuale, Guido confessa i tradimenti e il matrimonio entra in crisi. Proprio la crisi produce il primo vero capolavoro di Guido – finalmente apprezzato dalla critica – perché frutto di vero dolore, passione e macerazione interiore. Il film termina proprio così, con Guido e Serena che si ritrovano davanti alla gigantesca scultura dedicata alla donna, ma finiranno per lasciarsi e vivranno con serenità la loro vita. Non meno importante nell’economia del film la vita dei due fratellini, uno dei quali appassionato di cinema che riesce a vendere uno spot pubblicitario a una famosa azienda. Si apprezza il parziale autobiografismo – il regista è nato nel 1960 e descrive alla perfezione l’Italia del 1974 – così come è straordinario il lungo flashback con il salvataggio del figlio da sicuro annegamento eseguito da padre e madre. Luchetti parla con trasporto e partecipazione di femminismo, omosessualità, famiglia, rapporto di coppia, nudismo, divorzio, desiderio di libertà e affermazione personale nel contesto storico degli anni Settanta.

La funzione liberatoria dell’arte è uno dei temi portanti, l’opera deve essere trasgressiva, mai tranquillizzante, perché parla al suo fruitore e conferma il suo reale valore. Tutte le performance artistiche citate nel film sono opere d’arte prese dalla realtà contemporanea, anche la firma d’artista che vede una serie di corpi nudi sulla scena, persino dei due protagonisti. Ricordiamo alcuni inserti amatoriali di filmini in superotto realizzati dal figlio appassionato di cinema che citano una moda del tempo. Il tema della perdita dell’innocenza aleggia per buona parte della pellicola, soprattutto durante la vacanza al mare, quando il pulviscolo erotico coinvolge la madre nella relazione omosessuale e il figlio cineasta nella scoperta dell’amore. La relazione tra le due donne è raccontata per flash, tra baci appassionati e carezze, senza eccedere, così come il regista narra la relazione intensa tra moglie e marito senza esagerare con la visione dei corpi nudi. Interessante lo schema della voce narrante, il bambino che parla e spiega gli eventi secondo un’ottica fanciullesca.

Poetica la conclusione: “Erano anni felici, peccato che nessuno di noi se ne fosse accorto”. I titoli di coda scorrono mentre Diodato canta la struggente Amore che vieni amore che vai di Fabrizio De André. Una ciliegina per decorare una torta perfetta: la musica suadente di Franco Piersanti. Il film è girato tra Italia e Francia, alcune location toscane (Follonica, Grosseto, Livorno), ma anche Roma, Milano, Fiumicino e Fregene.

. . .

Regia: Daniele Luchetti. Soggetto: Daniele Luchetti. Sceneggiatura: Daniele Luchetti, Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Caterina Venturini. Fotografia: Claudio Collepiccolo. Montaggio: Francesco e Mirco Garrone. Scenografia: Giancarlo Basili. Costumi: Maria Rita Barbera. Trucco: Elisabetta Flotta, Massimo Gattabrusi, Chiara Ugolini. Musiche: Franco Piersanti. Produttori: Marco Chimenz, Giovanni Stabilini, Riccardo Tozzi. Produttori: Matteo De Laurentiis, Gina Gardini. Case di Produzione: Babe Film, Rai Cinema. Collaboratori alla Produzione: Toscana Film Commission, Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Distribuzione: 01 Distribution. Genere: Storico/Drammatico. Durata: 106’. Interpreti: Kim Rossi Stuart (Guido), Micaela Ramazzotti (Serena), Martina Gedeck (Helke), Samuel Garofalo (Dario), Niccolò Calvagna (Paolo), Pia Engleberth (nonna Marina), Benedetta Buccellato (nonna Marcella), Angelique Cavallari (Michelle), Ivan Castiglione (sergio), Sylvia De Fanti (zia Florinda), Francesca Cardinale (Melania).

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

Condividi
precedente

Hooligans a Roma, il punto di vista dell’Europa

successivo

Mipaaf, selezionati i progetti per Expo

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *