Green Act, è Verde il futuro del Paese

Per l’Istat, l’Italia torna a crescere. E per Legambiente, come per le centinaia di soggetti che dall’agroalimentare al turismo e ai beni culturali investono da anni sulle straordinarie potenzialità ‘verdi’ del Bel Paese, la chiave della ripresa è in un ‘Green Deal’. A fare il punto sulle politiche per la gestione dell’ambiente e delle risorse vocazionali italiane è stato il convegno Il Green Act che serve all’Italia, organizzato da Legambiente a Roma. Un incontro che dal Capranichetta, su Piazza Montecitorio ma dal lato opposto alla sede della Camera dei Deputati, ha visto la partecipazione di Ministri e parlamentari ma anche sollecitazioni e critiche come quella per il lento iter del disegno di legge sugli ecoreati.

Con il documento presentato in questi giorni, Legambiente ha avanzato proposte concrete e misure legislative immediatamente applicabili nel Green Act, annunciato a gennaio dal premier Renzi come lavoro di governo per tutto il mese di marzo 2015. Un annuncio definito ‘impegnativo’ da Legambiente, per la quale “rappresenta una sfida per noi ambientalisti. Una sfida a tre livelli: perché l’annuncio non rimanga lettera morta; perché il Green Act non si riduca ad un green washing della politica governativa; perché individui misure che servano al Paese”. Undici i temi fondamentali elencati nel documento: fiscalità ambientale, città, bonifiche, energia, rifiuti, mobilità, trasporti, dissesto idrogeologico, natura, turismo e fondi strutturali. Temi collegati all’economia, e quindi allo sviluppo. Che però deve essere orientato veramente ad una ‘svolta buona’, per rilanciare un tormentone mediatico in gran spolvero sui social: una svolta che parta dal progetto-Paese perché, come detto dal presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, “abbiamo un problema di dirigenza. La dirigenza italiana segue ancora un modello di sviluppo di metà Novecento, fondato sul cemento”. E quindi “questo Paese non produce più Bellezza”. Che, invece, è la nostra ricchezza vera, non delocalizzabile come una fabbrica o un servizio telematico. E che si manifesta in primo luogo nel Paesaggio, come ha sottolineato il Sottosegretario del Ministero dei Beni Culturali Ilaria Borletti Buitoni per la quale la bellezza del territorio è sintomo della salute del Paese. Per Legambiente bisogna, senza mezzi termini, “rottamare le idee del Novecento, che nel suo governo sono ancora egemoni, come se il Paese potesse ripartire inseguendo una nuova Autostrada del Sole o una nuova fase di edilizia espansiva”. Ma, nell’ “era della fine del petrolio” e della ‘rivoluzione energetica”,  “lo Sbloccaitalia ha riservato il 53% della spesa a strade e autostrade ed ha rilanciato le trivellazioni”.

Così, grazie al faro acceso dalle associazioni, Legambiente in testa, Renzi dovrà rendere conto delle politiche ambientali inserite fra le priorità del suo governo insieme a Rai, scuola e fisco. Nel dettaglio, sulla fiscalità ambientale il documento dell’associazione ambientalista punta fra l’altro sul principio ‘chi inquina paga, chi innova risparmia’. Sulle città, promuove innovazione logistica e tecnologica e sollecita l’approvazione del DL in materia di ‘Contenimento del consumo di suolo e riuso del suolo edificato”. Sulle bonifiche, mette al centro la semplificazione amministrativa ed il risarcimento del danno ambientale per organizzare e finanziare il recupero dei siti inquinati. Per l’energia, regole chiare per piccoli e grandi impianti di energia rinnovabile, apertura alla vendita diretta dell’energia prodotta ed eliminazione dei sussidi in bolletta a favore delle fonti fossili. Sui rifiuti, incentivare l’uso di materiali riciclati, penalizzare lo smaltimento in discarica ed eliminare gli incentivi per il ‘recupero energetico’ tramite combustione. Per la mobilità nuova, penalizzare il trasporto motorizzato privato e far viaggiare in corsie preferenziali almeno un terzo del trasporto pubblico di superficie. Per i trasporti, dare priorità alle opere pubbliche all’interno delle aree urbane, aumentare e ammodernare i treni. Per il dissesto idrogeologico, garantire ‘più natura’, sostituendo le strutture di difesa passiva con rigorose politiche di prevenzione ra le quali aumentare la permeabilità dei suoli.

Per la Natura, stabilire fra l’altro premialità e fiscalità di vantaggio per le comunità che si fanno carico di sostenere la cura e tutela del territorio e sollecitare le Regioni a completare l’iter di Rete Natura 2000. Per il turismo valorizzare la ‘grande Bellezza’ che solo l’Italia può vantare in ogni luogo e regione ma che va incentivata attrezzando con criteri ‘ambientalistici’ territori e servizi, ricostruendo il paesaggio costiero devastato dall’edilizia selvaggia e rinaturalizzando le aree di montagna costellate di impianti di risalita. Infine, cogliere le sfide e le opportunità offerte dalle risorse europee 2014-2020, dedicandole tra l’altro ad azioni per il miglioramento del clima e per uno sviluppo urbano sostenibile. Tutti i punti della sua proposta per il Green Act dunque sono presenti leva fiscale e riordino amministrativo e tutti prevedono vantaggi per l’economia: quella post-moderna di lungo periodo, fondata non più sul mordi e fuggi e sul copia-e-incolla dei modelli di industrializzazione europei ottocenteschi, ma sulla valorizzazione delle risorse vocazionali del Bel Paese, e quindi non riproducibile altrove, sostenibile e rinnovabile. Una rivoluzione, da decenni annunciata da una cultura ambientalista per lungo tempo marginalizzata, ma che con la crisi del vecchio sistema deve trovare davvero la sua ‘volta buona’ anche nel nostro Paese.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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