Fino a qui tutto bene (Film, 2015)
C’è qualcosa di nuovo oggi nel cielo, anzi d’antico. Incipit poetico per una notizia importante che proviene dalla mia Toscana, da una provincia limitrofa alla mia Livorno: l’odiata-amata Pisa. Roan Johnson sembra il nome nuovo del cinema italiano, allievo di Paolo Virzì al Centro Sperimentale, autore di un documentario e di una fiction sul mondo universitario, sulla sua città che cambia, sul passaggio dall’età adolescenziale a una sofferta maturità.
Fino a qui tutto bene , di Roan Johnson, è il titolo di una pellicola che al momento di scrivere abbiamo potuto visionare in anteprima solo per pochi fotogrammi, in sala da giovedì scorso. Distribuisce Microcinema, un prodotto underground girato con pochi euro – come negli anni Settanta – e tanta inventiva, scritto dal regista con la collaborazione di Ottavia Madeddu. Montaggio di Poalo Landolfi e Davide Vizzini. Fotografia di Davide Manca. Interpreti: Alessio Vassallo, Paolo Cioni, Silvia d’Amico, Guglielmo Favilla, Melissa Anna Bartolini, Isabella Ragonese.
La storia racconta l’ultimo weekend di cinque ragazzi che hanno studiato e vissuto nella stessa casa, consumando per anni paste scotte e sughi scadenti, comportandosi da bravi studenti fancazzisti, facendo l’amore con le coetanee, tirando tardi sui lungarni e in piazza dei Miracoli, studiando da matti prima degli esami, innamorandosi, scontrandosi per piccolezze e cercando di crescere tra mille difficoltà. Il regista approfondisce il momento di transizione, quando la vita da studente sta per finire e arriva – inesorabile – il momento di fare sul serio, di assumersi certe responsabilità, di entrare nel mondo del lavoro. Il film racconta le scelte diverse dei protagonisti grazie agli ultimi tre giorni da studenti, ricordando con passione e trasporto il periodo più bello della loro vita.
Una produzione in cooperativa, nel senso che nessuno ha preso un euro: regista, attori e maestranze hanno lavorato senza budget, nella speranza di dividersi gli utili. Molti critici parlano di un risultato strepitoso, Virzì è entusiasta del prodotto, noi siamo ansiosi di vederlo, ma intanto vale la pena dire che se anche non sarà un piccolo capolavoro, il film è la dimostrazione che ogni giovane dotato d’inventiva possa provarci, con poco, cercando di far fruttare il talento. Un esperimento che molti giovani registi italiani stanno compiendo e che spesso pone all’attenzione della critica opere più interessanti rispetto a lavori realizzati con ben altri budget. Stefano Simone e il recente Gli scacchi della vita è un altro esempio di cinematografia underground che meriterebbe uno sbocco distributivo efficace.
Fino a qui tutto bene per il momento è stato apprezzato da una platea di universitari pisani, ma presto lo vedremo al cinema. Non mancheremo di parlarne ancora.
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]