Italia delle Regioni

Le regioni si riappropriano delle competenze dei Centri per l’impiego e per la gestione degli ammortizzatori sociali. “Abbiamo offerto al Governo tutta la nostra collaborazione per la soluzione dei problemi sia relativi alla cassa integrazione che per i centri dell’impiego, al fine di seguire un percorso comune che superi le gravi situazioni presenti”. Con queste parole Gianfranco Simoncini, coordinatore della materia lavoro per la Conferenza delle Regioni,  ha sintetizzato la disponibilità delle regioni italiane nel corso dell’incontro svoltosi il 26 marzo scorso con il ministro del lavoro Giuliano Poletti sul finanziamento degli ammortizzatori sociali, in particolare della  Cassa Integrazione Guadagni e sui Centri per l’impiego.

“Siamo andati dal Ministro – ha spiegato Simoncini – chiedendo che si arrivasse rapidamente all’emanazione del decreto che permettesse di coprire tutto il 2014, superando così le situazioni di difficoltà che vivono decine di migliaia di lavoratori. Al tempo stesso abbiamo chiesto anche che si attivino le risorse del 2015, sottolineando che siamo già ad aprile. Il Ministro ha presentato le misure che intende mettere in atto finalizzate nelle prossime settimane, all’emanazione di un decreto che copra tutte le domande che le Regioni hanno ferme per mancanza di risorse. Si tratterebbe quindi di un atto che metterebbe a disposizione delle regioni dai  480 ai 500 milioni per chiudere tutto il 2014, anche grazie  al contributo che le Regioni Calabria, Sicilia e Sardegna daranno attraverso la riprogrammazione con proprie risorse. Nei prossimi giorni si svolgeranno incontri ravvicinati bilaterali tra le regioni e il ministero del lavoro per la puntuale definizione del riparto.

Inoltre abbiamo chiesto che insieme al decreto per il 2014 sia emanato un decreto che attribuisca risorse per il 2015. In tal senso il Ministro Poletti ha assicurato che nel bilancio dello Stato ci sono le risorse per coprire tutto l’anno. Questo decreto, quindi, permetterebbe alle regioni di cominciare ad autorizzare la Cig a quelle aziende che ne hanno fatto richiesta dall’inizio dell’anno. Il Ministro si è riservato di dare una risposta in merito, pur ritenendo ragionevole la richiesta da parte delle Regioni.

Per quanto riguarda invece la riorganizzazione dei Centri per l’impiego, l’incontro è servito per ribadire la fortissima preoccupazione rispetto non solo per il loro futuro, ma soprattutto per mettere in rilievo l’emergenza nella quale si trovano quasi tutte le Province. E’ tale, infatti, la situazione “di limbo” in cui si trovano i servizi per il lavoro provinciali, grazie al combinato disposto della riforma delle Province e del jobs act. Molte province infatti denunciano il rischio che nelle prossime settimane possano trovarsi nella impossibilità di pagare gli stipendi ai dipendenti, con il conseguente blocco delle attività di questi servizi fondamentali per il lavoro e per il sostegno all’occupazione. La Conferenza delle Regioni ha pertanto consegnato al Ministro un’ipotesi di riordino dei servizi per il lavoro che punti sia ad un rafforzamento del livello centrale di coordinamento delle politiche del lavoro, sia al mantenimento a livello territoriale di questi servizi. Il ministro ha fatto le sue valutazioni e l’incontro si è concluso con l’attivazione di un tavolo di confronto ravvicinato per arrivare a una ipotesi di proposta condivisa da presentare a Governo e Conferenza delle Regioni”.

Nel corso di un’audizione alla Camera, la Conferenza delle Regioni, aveva ribadito  in merito ai servizi per il mercato del lavoro e al ruolo degli operatori pubblici e privati,  i problemi collegati alla profonda riforma del sistema in atto attraverso sia il riordino del sistema provinciale che per la modifica dell’assetto costituzionale. “Occorre superare le eventuali inefficienze e l’eccessiva frammentazione nell’erogazione delle politiche attive – ha sostenuto Gianfranco Simoncini, coordinatore della materia lavoro per la Conferenza delle Regioni – “ma bisogna anche dire che i Centri per l’impiego  hanno finora retto, garantendo servizi nonostante la scarsa dotazione di personale. Inoltre c’è anche il rischio che l’attuale personale ai Servizi per il Lavoro si riduca, facendo scelte verso la formazione, vista l’indeterminatezza dell’attuale riordino.   Non condividiamo pertanto un riassetto costituzionale che espropria le politiche attive allontanando questi servizi dalle esigenze del territorio”.

Simoncini ha quindi evidenziato che “in Italia abbiamo un operatore ogni 250 utenti, mentre in Gran Bretagna un operatore su 19 disoccupati, un operatore su 54 utenti in Francia e uno su 28 utenti in Germania. La spesa pubblica per il sistema dei servizi per il lavoro in percentuale sul PIL è pari a 0,25% in Francia, a 0,35 % in Germania e 0,21 nel Regno Unito, mentre la percentuale dell’Italia è sullo 0,03% del PIL. Da qui l’esigenza di un forte investimento finanziario sui servizi per il lavoro che non può essere la soluzione tampone, per altro di difficile attuazione, prevista nella legge di stabilità che prevede di utilizzare l’Fse anche per il personale a tempo indeterminato.”

“Le Regioni – ha spiegato Simoncini – propongono un modello di sistema nazionale del lavoro, fondato su una Agenzia nazionale per l’Occupazione e su una rete di agenzie regionali, deputate alla gestione sul territorio degli interventi di politica attiva e capaci di integrarsi con le strutture private, valorizzandone il contributo”.

Far rimanere la competenza regionale per le politiche attive del lavoro garantirebbe un miglior sostegno ai sistemi economici locali. La stessa formazione professionale è funzionale allo sviluppo economico locale. Ribadiamo la necessità di garantire coerenza all’ordinamento, mantenendo sul territorio le politiche del lavoro, non disgiunte dalle politiche formative e di sostegno ai sistemi economici locali“. Il modello dovrebbe prevedere la funzione di programmazione e gestione dei servizi in capo alle Regioni che sono responsabili dell’organizzazione degli interventi sul territorio, con il coinvolgimento degli operatori pubblici e privati accreditati.

In questo modello sono ben definite le competenze e i compiti integrati dello Stato e delle Regioni, a partire dall’attribuzione al livello centrale dei compiti relativi alla garanzia, verifica e controllo a livello centrale dei LEP – Livelli Essenziali di Prestazione, tutelati dall’art. 117 della Costituzione e degli standard dei servizi, che siano comprensivi del personale preposto e delle risorse finanziarie necessarie alla sostenibilità del sistema, tenendo conto dei processi riorganizzativi in atto, e del mantenimento in capo alle Regioni delle politiche attive.

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