La rumbera (Film, 1998)

La rumbera è liberamente tratto dal romanzo Raquel, la rumbera del famoso scrittore cubano Miguel Barnet, che risulta accreditato come consulente per la sceneggiatura. Piero Vivarelli (1927 – 2010) è un discreto regista, paroliere e sceneggiatore, molto attivo nei musicarelli anni Sessanta – Settanta (24.000 baci, Il tuo bacio è come un rock), tra i primi a praticare l’esotico – erotico (Il Dio Serpente) e a portare il fumetto nero al cinema (Satanik), ma nell’ultima parte della sua vita può considerarsi un artista cubano. Lo rivela lui stesso in un’intervista rilasciata a Manlio Gomarasca prima di morire e comparsa su Nocturno Cinema n.98 ottobre 2010: “La rumbera nasce dal mio amore per Cuba. Io, come molti sanno, sono l’unico straniero non residente a Cuba che è iscritto da anni al partito comunista di Cuba: sono un vecchio militante. C’era stato un romanzo che aveva pubblicato Einaudi, scritto da Miguel Barnet, grande scrittore cubano e uno dei più grandi scrittori latino-americani, che raccontava la storia vera di Raquel, una ragazza che portò la rumba dai quartieri neri, dove era un fenomeno solo per gente di colore, al teatro Alhambra da cui si espanderà verso il resto del mondo”.

Vediamo in sintesi la trama. Raquel è una bella ragazza cubana che debutta, intorno al 1910, come ballerina di guaracha in teatrini di terza categoria. Dieci anni dopo, riesce a portare la rumba dai quartieri neri dell’Avana ai fasti del grande teatro frequentato da un pubblico elegante. Il film racconta la storia di Cuba dall’inizio del secolo attraverso gli amori impetuosi e spesso interessati della ballerina che modificano la sua carriera. Il suo primo amante è un ricco aristocratico che è costretto a lasciarla per motivi elettorali, visto che è un esponente dei ricchi industriali cubani. Raquel si innamora di Alberto Yarini, un idealista liberale, ma una morte violenta le strappa il solo vero amore della sua vita. Raquel scappa in Italia, paese di origine della madre, dove si innamora di un cameriere socialista presto arrestato dai carabinieri, ma dopo la prima guerra mondiale torna a casa. La sua carriera artistica finisce negli anni Trenta con la dittatura di Machado. Negli anni Cinquanta frequenta la mafia italo-americana rappresentata da Lucky Luciano, ma alla fine giunge la vera liberazione dalla tirannia con Fidel Castro e il nuovo corso cubano.

Raquel racconta in flashback la propria storia, interpretata da una Barbara Livi in leggera difficoltà nei passi di rumba (purtroppo non è cubana) ma molto brava nei momenti erotici e credibile come recitazione. Michel Mercier è la rumbera da vecchia e va a integrare un cast di vecchie glorie che vede anche Gabriella Giorgelli, Sal Borghese e Franco Interlenghi. Molto bravo l’attore cubano Vladimir Cruz – lo ricordiamo in Fragola e cioccolata e Lista di attesa – nei panni dell’idealista Alberto Yarini. La colonna sonora segue le sonorità del periodo storico, a base di pezzi classici come El manicero, ben rappresentati con eleganti coreografie. Apprezziamo brani italiani classici come O sole mio che vengono fuori da registrazioni gracchianti.

La ricostruzione dei vari periodi della storia cubana è accurata, i costumi non presentano pecche di sorta e la fotografia immortala luoghi suggestivi dell’Avana fine secolo. Il tono della storia risente della telenovela caraibica e la credibilità sarebbe stata maggiore se l’interprete femminile fosse stata cubana. Barbara Livi in ogni caso fa dimenticare interpretazioni televisive sullo stile di Incantesimo 5, presta volto e corpo a una donna indipendente, una cubana autentica che vive per la musica e per il ballo, ma soprattutto sa dove vuole arrivare. Raquel disprezza i valori borghesi, vuole solo l’applauso del pubblico, la sua vita scorre sul palcoscenico di un teatro e grazie ai suoi amanti influenti avrà un successo inaspettato. Piero Vivarelli si ritaglia una piccola parte, ma soprattutto conduce lo spettatore alla scoperta dei locali del passato, dei postriboli e di una Cuba sconosciuta. Raquel diventa una stella dell’Alhambra grazie a un influente giudice voyeur che la trasforma in una ballerina di successo. Il regista cita Bola de Nieve, Carlos Puebla, il presidente Prío Socarrás e inserisce alcuni documentari d’epoca per illustrare la vittoria rivoluzionaria. Se acabó la diverción è il canto rivoluzionario a tempo di son che racconta il cambiamento da Batista a Fidel. Le poche scene girate in Italia sono state riprese a Tuscania. Per Vivarelli un bel canto del cigno.

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Regia di Piero Vivarelli. Soggetto e Sceneggiatura: Piero Vivarelli e Patrizia Rosso. Consulenza: Miguel Barnet. Costumi: Fiamma Bedendo. Scenografie: Ernesto Leyva ed Emilio Baldelli. Montaggio: Fernanda Indoni. Musica: Fio Zanotti. Fotografia: Roberto D’Ettorre Piazzoli. Produzione: Zeal di Angelo Iacono con la cooperazione di Rai e sostegno della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Distribuzione: Minerva. Interpreti: Barbara Livi, Michelle Mercier, Sal Borghese, Vladimir Cruz, Fabio Galli, Gabrielle Giorgelli, Franco Interlenghi, Letizia Raco, Franco Trevisi e Pepe Zarbo.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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