Un eroe moderno
In un recente programma della RAI ho visto un personaggio che mi ha profondamente colpito: Romano Bignozzi, il capocantiere dell’ Expo di Milano. Un tipo modesto, già anziano (il lavoro all’Expo è l’ultimo della sua carriera). Per generale ammissione, è uno dei principali responsabili dell’apertura puntuale della manifestazione milanese. L’ho visto commosso, stupito da tanta attenzione rivolta a lui, ma anche orgoglioso del lavoro ben fatto, mentre incedeva solenne con nelle mani il tricolore piegato. Un vero eroe moderno, se eroismo non è solo compiere gesti grandi, straordinari, ma essere giorno per giorno fedeli ai propri impegni e dare, sempre, il meglio di sé, anche quando l’atmosfera che ci circonda è di scetticismo, di ironia, qualche volta di spregio di tutto e di tutti. Quando tanti, troppi esempi di malaffare, di denaro facile, potrebbero portare a fuorviarci.
Poi ho letto le cifre dei visitatori nelle prime settimane dell’Expo: sono centinaia di migliaia, molti più di quelli previsti. Nonostante gli inevitabili inconvenienti e ritardi, specie nei padiglioni stranieri, la gente appare soddisfatta, l’atmosfera è di una grande festa collettiva. I concerti e le esposizioni (stupenda quella di Leonardo) sono davvero di altissimo livello. Milano, subito dopo la criminale aggressione di qualche mascalzone che ha tentato di deturparla, è risorta, non grazie all’Autorità, ma all’opera entusiasta di oltre ventimila volontari, che la domenica 3 maggio sono scesi in strada con scope, spugne, pale, ramazze e hanno ripulito la loro bella Città. Senza darsi arie o prendersi sul serio, piuttosto con l’allegria di una grande kermesse del bene.
Mi sono detto allora che ci sono veramente due Italie: una che vive, lavora, tira avanti, ama il lavoro ben fatto e la fedeltà alla parola data, dignitosa, orgogliosa della Patria, delle sua storia, della sue tradizioni e delle sue virtù, pur conoscendone le carenze e i difetti. È gente che sa quanto la vita sia a volte difficile ma è disposta ad affrontarla con coraggio, alle volte con sacrificio. Bada all’essenziale: un po’ di ordine e di sicurezza, una vita decente, un lavoro degno, la possibilità di allevare una famiglia senza troppe mancanze, e ha come principale preoccupazione l’avvenire dei propri figli. E sa che questo avvenire può essere assicurato solo da un’economia che funziona, che progredisce, un’economia fatta di serietà, non di debiti e di finanza allegra, non di serate rosa di Arcore e pronunciamenti vendoliani, non di ire camussiane, ma di investimenti, produzione, consumi. E, soprattutto, lavoro. Di tutto questo, la gente sente che eventi come l’Expo di Milano sono parte importante. Ed è disposta a difenderli e a profittarne, contro la volontà distorta di qualche delinquente.
E poi ce un’Italia di eterni contestatori, nemici delle piccole o grandi gioie borghesi, alieni all’allegria e alla felicità del vivere, ma anche allergici al lavoro continuativo, serio, magari modesto, ma sempre utile alla società. La loro sola regola è l’odio di tutto, la violenza irragionevole, la distruzione. È l’Italia dei centri sociali, pronti a spaccare tutto in nome di fumose utopie sepolte dalla Storia, capaci di insultare le vittime dell’Olocausto e ad esaltare chiunque abbia un colore di pelle diverso al nostro e sia nemico dell’Occidente; ma è anche quella dei deliranti razzisti che vorrebbero farci voltare le spalle a quell’Europa che è modello e garanzia di serietà, di futuro; ed è, beninteso, l’Italia dell’ iracondo Beppe Grillo, una persona che quando apre la bocca sputa solo insulti e disprezzo. Ed è un vero peccato, perché ha canalizzato il giusto risentimento di tanta gente verso il nulla, la pura demolizione.
Per nostra fortuna, la prima delle due Italie è ancora maggioritaria. Sarà essa che ci salverà.