Esercito europeo, multinazionale più che sovranazionale

Qualche tempo fa, su queste colonne, è stata pubblicata un’intervista al Sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi su un tema a mio avviso di grande interesse e attualità, quello della creazione di un Esercito europeo, sostenendone la necessità e anche l’urgenza. Sono del tutto d’accordo anche se, per aver lavorato per molto tempo nel cuore della Politica Estera e di Sicurezza Comune Europea, conosco tutta la delicatezza e difficoltà del problema.

Le remore vengono da tre fattori principali: il primo, il più pesante, nasce dall’attaccamento degli Stati membri alla propria sovranità in materia di sicurezza. Unione Europea e mercato globale stanno poco a poco privando gli Stati nazionali della tradizionale indipendenza in materia economica, finanziaria, monetaria e sociale. Politica estera e soprattutto militare restano tra le prerogative residue più gelosamente difese dagli apparati statali ma anche più sentite nella coscienza popolare. Non per niente la PESC (Politica estera e di sicurezza comune) è tra le pochissime materie a cui non si applicano le norme comunitarie sulle decisioni a maggioranza. Il secondo fattore è di carattere strutturale: Forza Armate comuni devono, per necessità, rispondere a un comando unico, anche politico; in parole povere, a un  vero e proprio Governo centrale che è tuttora lontano dall’esistere e continuerà chissà per quanto tempo a mancare in Europa. Un Esercito senza un organo centrale che lo guidi avrebbe un po’ gli stessi difetti dell’euro senza un Governo comune dell’economia. Il terzo fattore è quello più spesso e un po’ maliziosamente citato: un presunto contrasto con l’esistenza della NATO e l’appartenenza ad essa di una gran parte dei membri dell’Unione. Chi ha la pazienza di seguire le mie note su questo giornale, sa che sono uno strenuo difensore dell’Alleanza Atlantica, e ciò per diverse ragioni: la principale è che i problemi e le sfide del mondo attuale sul piano della sicurezza non riguardano solo l’Europa, ma l’insieme dell’Occidente e vanno dunque affrontati in comune; la seconda, molto realistica, è che nessuna forza europea potrà mai raggiungere il livello e la qualità di quelle degli Stati Uniti, se non in tempi lunghissimi e a costo di una spesa pazzesca (impensabile nei tempi attuali). Rinunciare all’alleanza con l’America e al suo apporto alla nostra sicurezza sarebbe dunque un puro e semplice suicidio.

Mettere le cose in termine di alternativa Europa-NATO è però sbagliato. Il problema, che si affacciò negli anni Novanta, è da tempo superato. Nessun Paese europeo, neppure la Francia, pensa di fare a meno della NATO e gli Stati Uniti da almeno vent’anni (cioè dall’Accordo di Berlino del 1995, alla cui conclusione lavorai io stesso) hanno smesso di opporsi alla creazione di una capacità di difesa europea. Sono cose che ho vissuto, dapprima come Capo del Segretariato della Cooperazione Politica Europea e poi come Rappresentante Permanente alla NATO e so bene che si tratta di dissidi del tutto superati da quando si adottò per consenso la formula “separabili ma non separate”.  Sin dal conflitto nei Balcani, NATO e UE si sono tranquillamente divisi i compiti, subentrando alle volte l’una all’altra. Se in tempi di amministrazione repubblicana a Washington la cosa poteva suscitare sospetti, le amministrazioni democratiche, tanto Clinton quanto Obama, si sono mostrate del tutto comprensive delle aspirazioni, e anche delle esigenze, di un’Europa integrate e disposte ad assecondarle. E sospetto che a Wahington non dispiacerebbe che gli europei fossero qualche volta in grado di muoversi da soli, senza dover ricorrere sempre al fratello maggiore americano. D’altra parte, nessuna forza specificamente europea potrebbe volgere le spalle all’insieme dell’Alleanza e fare a meno delle sue grandi capacità di Pianificazione, Controllo, Logistica. Il superamento dell’Unione Europea Occidentale, di cui si cercò di fare il braccio armato dell’UE, lo prova a sufficienza.

Eppure, nonostante queste remore, l’istituzione di un Esercito europeo ha una ragione di essere, tanto politica quanto tecnico-militare. Senza una sua capacità militare, piaccia o no ai nostri pacifisti di mestiere, la politica estera dell’Unione è destinata a restare zoppa. Ed è da tempo ammesso nell’Alleanza che ci possono essere situazioni in cui in gioco ci sono specificamente interessi e sicurezza europei. Si tratta di capire di che tipo di forza dovrebbe trattarsi. Escluderei, allo stato delle cose, che si possa arrivare a una forza veramente sopranazionale, organizzata e diretta magari dalla Commissione di Bruxelles (anche se forse a questo sta pensando Juncker). Non riesco a  immaginare una decisione in questo senso con l’assenso della Gran Bretagna (e non solo!). D’altra parte, neppure la NATO ha forze sopranazionali, ma forze nazionali messe, in tempi normali in gran parte “sulla carta”, a sua disposizione. Andrebbe dunque a mio avviso battuta la stessa strada: i Paesi membri mettono a disposizione di una forza europea comune da utilizzare in casi di necessità una parte delle loro forze militari (possono essere in parte le stesse attribuite alla NATO). Esse si riuniscono e agiscono sotto un comando unico e con  la guida politica e strategica del Consiglio Europeo. E per questo fanno anche addestramento insieme e adottano standard comuni di armamenti. Insomma, una collaborazione multinazionale, non un organismo sovranazionale. Andare più in là mi sembrerebbe, allo stato della costruzione europea e delle ragionevoli previsione per il futuro, abbastanza illusorio.

©Futuro Europa®

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