Cronache dai Palazzi
Inizia il conto alla rovescia prima della pausa estiva. Il governo mira a far approvare il ddl Renzi-Boschi in commissione prima del 7 agosto, e far sì che l’aula lo recepisca a settembre. Il ddl istituzionalizza la nascita del Senato su base regionale, azzera il potere legislativo delle Regioni ordinarie e sancisce la fine del bicameralismo perfetto.
In questo contesto alcuni senatori “dem”, venticinque per l’esattezza, hanno presentato la loro controriforma che prevede un Senato eletto direttamente dai cittadini e che abbia poteri di controllo, verifica e garanzia. “La nostra democrazia non può funzionare con le deleghe in bianco”, ammonisce Vannino Chiti. Se il premier vuole raggiungere un’intesa con la minoranza deve dunque provvedere alla modifica dell’art.2.
I dissidenti continuano ad avanzare anche polemiche sull’Italicum che “ha cambiato la forma di governo in senso presidenzialista”, sottolinea Chiti, mentre per Gotor “il sistema che si va configurando equivale al partito carismatico. Siamo alla democrazia del personaggio, sia esso Renzi, Salvini o Di Maio”. Di conseguenza “se si affida tutto a un carisma e quel carisma va a sbattere, coinvolge anche il sistema. Servono contrappesi che lo stesso Renzi ha invocato”. In sostanza, chi si assicura il premio di maggioranza alla Camera “non può decidere da solo le regole del gioco”, puntualizza Gotor che aggiunge: “Se il Senato viene ridotto a un dopolavoro è più serio e dignitoso chiuderlo”.
Secondo il premier il piano riforme dovrà essere chiuso nell’arco di undici mesi e nel giugno del 2016 il referendum costituzionale dovrebbe abilitare la riforma del Senato, più o meno contemporaneamente con le comunali di Torino, Milano, Napoli. Per quanto riguarda le Regioni “speciali” l’impianto centralista (il capo IV della legge) verrà applicato solo in seguito all’“adeguamento dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni”, una questione della quale si discute e che suscita l’ira delle opposizioni. In sostanza Palazzo Chigi mira a presentarsi al voto amministrativo del prossimo anno con la fine del bicameralismo in tasca, sfidando così Movimento Cinque Stelle, Lega e Forza Italia.
“Le riforme sono partite e la data chiave è giugno 2016, mese in cui puntiamo a tenere il referendum costituzionale”: il premier italiano ha ribadito anche alla cancelliera tedesca e ai partner europei la tabella di marcia dell’Italia e rivolgendosi a Tsipras conclude che “gli aiuti si ottengono solo in cambio di vere riforme e rispettando le regole”.
Dall’università Humboldt di Berlino, in attesa del referendum greco, Renzi fa il punto della situazione e afferma che “Tsipras sbaglia, ma l’Europa dell’austerità ha fallito. Ebbene questo è il momento migliore per ragionare di una terza via”. Dopo la stagione dei padri fondatori e poi quella di Kohl e Mitterand. Occorre in pratica rilanciare un’Europa fondata sulla solidarietà reciproca e non sugli egoismi nazionali, anche alla luce delle attuali questioni sollevate dal problema immigrazione e dal mostro del terrorismo. “La ragione del nostro stare insieme”, ha sottolineato Renzi, “non può essere solo la Champions League o l’Eurofestival, ma in nostri valori culturali minacciati da un’ondata di demagogia populista”.
Nel frattempo la commissione Affari costituzionali alla Camera ha approvato la norma che introduce anche in Italia il Foia (Freedom of Information Act) favorendo la consultazione degli archivi della pubblica amministrazione con maggiore libertà e facilità, anche tramite internet. Si tratta della norma che consente l’accesso ai data base pubblici anche via web a “chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti”, nel rispetto della tutela dei dati personali, in pratica “nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati”. Accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle Pubbliche amministrazioni con una maggiore facilità non vuol dire però assoluta libertà. La modifica annunciata dalla ministra Marianna Madia, assicura che il governo favorirà “forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”. Sono previste infine delle “sanzioni a carico delle amministrazioni che non ottemperano alle disposizioni normative in materia di accesso”. Il Foia – “atto per la libertà di informazione” – è una legge sulla libertà di informazione nata negli Stati Uniti il 4 luglio 1966, più volte annunciata anche in Italia. Nel nostro Paese si discute da diverso tempo di Foia e prima del suddetto emendamento era stato depositato anche uno specifico disegno di legge. In definitiva il governo si è espresso a favore del Foia che compare così nel Documento di economia e finanza 2015.
Anche la riforma della scuola continua il suo percorso e si avvicina all’approvazione finale. La commissione Cultura della Camera ha bocciato tutti gli emendamenti affidando alla relatrice Maria Coscia del Pd il mandato per la presentazione in aula. Le opposizioni comunque non si arrendono e promettono battaglia. Il 7 luglio sarà il giorno del giudizio.
A Montecitorio dovrebbe inoltre essere applicato il nuovo Codice Etico che prevede più trasparenza nei comportamenti concreti di tutti i deputati. La Giunta per il Regolamento, presieduta dalla presidente Laura Boldrini, ha rinviato la discussione per “motivazioni puramente tecniche” ma il provvedimento dovrebbe scattare entro la fine dell’anno ed essere applicato dal 2016. Tra i punti fondamentali del Codice: dichiarazione pubblica dei redditi e del patrimonio anche dei familiari stretti; stop ad atti di nepotismo di qualsiasi tipo; dichiarazione del proprio percorso professionale e di quello dei familiari più stretti prevenendo in questo modo conflitti di interesse magari occupandosi di leggi contigue agli interessi lavorativi che il singolo deputato ha coltivato in passato; mini-sanzioni, tantoché non è possibile ad esempio diventare presidente di Commissioni se si rappresentano, seppur legittimamente, certi interessi. Il testo del suddetto Codice è stato firmato da 174 deputati di tutti i gruppi ad eccezione dei 5Stelle che hanno un loro regolamento, ma che non di dimostrano contrari ad un eventuale aumento della trasparenza.
Un codice di condotta compare anche a Strasburgo per i deputati dell’europarlamento e il Parlamento francese presenta addirittura la figura del “Deontologo”: un professionista (di solito un professore universitario) che spiega ai deputati norme comportamentali attinenti all’etica e, per di più, come nel Regno Unito vigila sul loro comportamento etico siglandolo addirittura con un voto. Sono ormai diversi i parlamenti europei che hanno adottato specifici Codici di Condotta e il prossimo anno il Consiglio europeo “ispezionerà” anche il parlamento italiano, quindi tanto vale farsi trovare con le carte in regole.
Infine il dramma lavoro. Di fronte all’ultimo scivolone dei dati sull’occupazione in Italia – secondo l’Istat il tasso di disoccupazione resta inchiodato al 12,4% mentre a maggio il numero degli occupati scende di ben 63.000 unità rispetto ad aprile (-0,3%) – il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ammette l’esistenza di “elementi di problematicità” in una “situazione non ancora stabilizzata”, ma insiste che “occorre favorire e sostenere le condizioni per la ripresa portando avanti il percorso di riforme avviato”. Gli analisti Istat sottolineano comunque “l’andamento oscillante dell’occupazione” e la società civile denuncia, da più parti, una ripresa ancora fragile: concretamente non c’è lavoro senza investimenti. In pratica sia i sindacati sia gli industriali non gioiscono di fronte ai fievoli effetti del Jobs Act e i lavoratori ancor meno. Molti (soprattutto giovani) nuovamente scoraggiati, rinunciano alla ricerca di una nuova occupazione ampliando il bacino degli inattivi.