ComproOro, specchio dei tempi

Nel gran calderone di attività che, negli ultimi anni, hanno conosciuto una profonda crisi, come poche se ne sono viste nella storia economica, spiccano anche i famosi Compro Oro. Per chiunque non conoscesse questi particolari negozi, il meccanismo di funzionamento è molto semplice: il cliente che possiede qualcosa di aureo non ha che da recarsi in questi piccoli luoghi di scambio (talvolta anche in vere e proprie gioiellerie) e vendere i propri preziosi, in cambio, naturalmente, di denaro.

Fino a poco tempo fa, quello dei Compro oro era un mercato florido, che anzi, nei primi anni della crisi, aveva addirittura fatto registrare un notevole incremento del proprio giro di affari: alle persone che avevano perso lavoro, risparmi e possibilità di guadagno, non rimaneva altro da fare che vendere i propri oggetti pregiati. Ma, nell’ultimo anno, si è verificato un clamoroso crollo: per fornire il dato più significativo, si pensi che ad inizio 2013, sul territorio nazionale, erano presenti circa 35 mila Compro Oro di ogni genere, mentre oggi se ne contano solo 20 mila, quasi la metà.

Fino al 2013 questa attività vantava un fatturato tra i 7 e gli 8 miliardi di euro. Oggi le licenze vengono restituite in gran fretta e saracinesche abbassate soprattutto nei piccoli centri, dove la grande occasione di fare soldi si è fermata. Sono varie le ragioni che hanno portato a questa crisi di settore; in primo luogo, una constatazione molto semplice: la maggior parte delle persone che intendevano vendere oggetti d’oro posseduti, lo ha già fatto. Cosa che, inevitabilmente, ha portato il giro d’affari dei Compro Oro a comprimersi notevolmente.

Si trattava, inizialmente, di un settore che nella difficile congiuntura economica aveva trovato terreno fertile, protagonista di un boom senza controllo, che aveva visto una crescita esponenziale dei negozi. Ora per i “compro oro” è iniziata la crisi. Il prezzo del giallo più ricercato è in picchiata: in due mesi ha perso 14 euro, passando da 44 a 29,50. Le attività chiudono, qualcuna rimane a galla con enormi sacrifici. Tutto questo avviene per un motivo: la gente non si disfa più dei gioielli di famiglia perché non ne vale la pena, a parte chi, veramente, non sa più come pagare bollette e mettere insieme il pranzo con la cena.

Questi negozi sono stati, negli ultimi anni, il termometro della crisi: più i clienti aumentavano, più alta era le febbre delle nostre finanze. A un certo punto qualcosa s’è rotto: i negozi che acquistano e rivendono metalli preziosi boccheggiano. “Oggi il fatturato annuale medio non supera i 300 mila euro”, spiega Gianni Lepre, segretario di Oroitaly, associazione di categoria che riunisce le piccole e medie imprese. “Abbiamo perso migliaia di posti di lavoro e la situazione peggiora”, dice. Difficile capire cosa sia successo. “Gli italiani hanno dato via il loro tesoretto e si sono impoveriti ulteriormente”, dice Lepre. Basta per spiegare 13mila esercizi in meno in un anno? Per capire le ragioni della crisi del settore, occorre tenere in considerazione l’abbassamento delle quotazione dell’oro puro: il prezzo del pregiatissimo metallo, infatti, è in crisi da diverso tempo. Solo nella scorsa primavera, ci sono stati certi fine settimana che hanno falcidiato migliaia di Compro Oro in tutto il Paese.

Per fotografare la grande crisi dei compro oro, bisogna entrare nei negozi di chi ha resistito. Aldo Rossetto, per esempio, gestisce tre esercizi nel centro di Torino: negli ultimi 5 anni ha visto i concorrenti moltiplicarsi, spuntare nel giro di 48 ore, promettere affari impossibili. Poi quei negozi hanno iniziato a sparire. Eppure sembrava che le stanze degli italiani si fossero trasformati in miniere: solo nel 2013, dietro i negozietti con cassaforte, bilancino e vetro anti-proiettile, si sono messi in fila in 17 milioni e tra il 2008 e il 2012 un Paese come il nostro, sostanzialmente senza giacimenti, ha aumentato le esportazioni auree del 385%.

Eppure il bisogno di vendere non è finito. “Gli italiani sono malati, vivono sopra le loro possibilità: hanno poco, e quel poco si perde nelle slot machine, nei cellulari”. Nunzio Ragno, presidente Antico (Associazione nazionale tutela comparto oro) parla di “uno scenario in cui, nonostante le difficoltà economiche, l’attività di commercio dei preziosi resiste, con le dovute e necessarie evoluzioni. E prendono sempre più piede gli outlet del gioiello”. Insomma, s’è abbassato il livello: dall’oro all’argento fino ai bijoux e agli orologi. “Il prossimo boom sarà quello della bigiotteria”, dice Rossetti, che sta già attrezzando il negozio in via Cernaia a Torino. “A quel punto – spiega – faremo concorrenza alle gioiellerie”.

Tra le ragioni che hanno portato alla crisi del settore, un´interpretazione ottimistica è quella di miglioramento della vita dei nostri connazionali, che non hanno più necessità di vendere l’oro di casa, ma esiste una sopravvenienza di carattere generale che è anche legata ai consumi stagnanti e che induce a ritenere che la causa di forza maggiore proprio nel crollo del prezzo. Ma purtroppo la verità è più dura e amara. Gli italiani sono stati talmente devastati dalla crisi da non avere più beni di famiglia da vendere.

©Futuro Europa®

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