Nord Europa nella morsa dei migranti
Il terremoto geopolitico in Nord Africa e Medio Oriente – scatenato da guerre civili, detronizzazioni, primavere arabe, fondazione di califfati ed eserciti islamici – ha inizio nel 2011. Intere popolazioni, in paesi privi di una minima forma di governo legittimo, sono lasciate alla mercè di violenza, paura, povertà e morte. Dall’epicentro, si sviluppa un’onda d’urto talmente devastante, da schiacciare chiunque si trovi sulla traiettoria. Scappare è l’unica speranza di salvezza. Di qui in poi, la fuga si trasforma in un servizio commerciabile e assai lucroso. Alla forte domanda il mercato risponde con prontezza e, intorno al bisogno di una moltitudine di disperati, nasce ufficialmente il business del terzo millennio.
Scende in campo un nutrito gruppo di “operatori nel trasporto marittimo”, pronto ad investire nell’affare: bande improvvisate di altri disperati, organizzazioni criminali di profilo più elevato, consorterie di insospettabili colletti bianchi radicate nei paesi d’accoglienza e finanziatori occulti appartenenti a fazioni e centri di potere che, motivati dalle più oscure ragioni, traggono vantaggio dal fomentare la crisi.
Ce n’è per tutti i gusti e non potrebbe essere altrimenti, purtroppo: poste le proporzioni raggiunte oggi dall’emergenza immigrazione, sarebbe miope non presumere, dietro le quinte, l’esistenza di una gestione criminale articolata in più livelli comunicanti, tra rapporti diretti, trasversali e connivenze. Da un paio d’anni, l’Europa patisce gli effetti letali di uno “sciame sismico” colpevolmente sottovalutato. Sul fronte italiano, ad esempio, particolarmente esposto per fattori geografici naturali, la breccia fatale è stata aperta aggiungendo l’ingrediente dell’evento politico-militare: la caduta di Gheddafi. Una volta tolto il tappo al lavandino, il nostro paese è stato il primo punto d’approdo di migliaia di profughi e, per un prolungato periodo di tempo, anche l’unico, per lo meno nelle errate valutazioni dei nostri partner europei, da sempre convinti della scarsa entità del problema e della propria distanza di sicurezza dal medesimo.
Con un’accelerazione da Formula Uno, nell’arco di questa torrida estate, la situazione si è totalmente capovolta e la verità, probabilmente inattesa soprattutto dalle componenti tecnocratiche e ragionieristiche di Bruxelles, più aduse a prevedere scenari economici che non ad analizzare vicende umane, è venuta fuori: i migranti mirano a raggiungere il florido Nord Europa, utilizzando Italia, Grecia e Balcani solo come aree di transito.
Nella hit parade del gradimento, il podio più alto spetta di diritto alla Germania di Angela Merkel che, alla luce dei fatti verificatisi nelle ultime ore, chiede sostegno logistico temporaneo all’Italia e maggiori controlli sulla linea di confine del Brennero. Nonostante le smentite tedesche, si potrebbe delineare una provvisoria sospensione degli accordi di Schengen sul libero transito nei territori dell’Unione, allo scopo di arginare l’autentica invasione che sta stringendo in una morsa il Nord Europa, tra ammassamenti di migranti a Calais, all’assalto dell’Eurotunnel, e altrettanti in Austria, Ungheria e Repubblica Ceca, col biglietto per proseguire verso Germania e Francia. Particolarmente tesa la situazione alla stazione di Budapest, dove si sono riversati migliaia di profughi siriani, attirati da dichiarazioni dei giorni scorsi, in cui la Merkel manifesta la disponibilità tedesca ad accoglierli.
A tal proposito, Grillo punta l’indice contro la Cancelliera, responsabile, a suo dire, di aver provocato, con improvvide parole, il caos nella capitale magiara. Sui fatti, il presidente ungherese Orban sostiene l’imprescindibilità d’identificare e catalogare i tipi di migranti per regolarizzare e controllare i flussi. Data l’intensità del fenomeno, la loro registrazione è fondamentale per poter dare la precedenza ai più bisognosi. Oggi, i profughi di guerra, come siriani e iracheni, devono avere la priorità sui migranti economici. Inoltre, la registrazione è anche un valido strumento per smascherare eventuali infiltrazioni terroristiche e jihadiste.
Mentre Germania, Francia e Italia cominciano, almeno sulla carta, a convergere sulle necessità di riscrivere il Trattato di Dublino, rendere più efficaci i rimpatri e stabilire quote di ripartizione dei flussi, è ancora fresca la polemica sui metodi, adottati in Repubblica Ceca, d’identificazione e smistamento logistico dei migranti, marchiati a penna sul braccio; procedure, che hanno inevitabilmente evocato terribili ricordi ancora troppo vivi nella memoria.
Su una cosa crediamo si possa essere d’accordo: l’emergenza immigrazione ha reso visibile il lato vulnerabile dell’Europa, in cui i valori che ne hanno ispirato la nascita hanno ceduto troppo spazio al sodalizio economico e monetario che conosciamo. Sia questa crisi, allora, il traumatico banco di prova in grado di restituire l’Unione, ancora dominata da interessi ed egoismi nazionali, ai suoi principi fondanti e a linee comuni sui grandi temi politici e sociali internazionali.