Geologi in piazza contro il dissesto
‘Georischi, li (ri)conosco, mi difendo’: è immaginata dal punto di vista del comune cittadino la ‘Giornata della cultura dei rischi geologici’, promossa per oggi 6 settembre dal Consiglio Nazionale dei Geologi con la collaborazione degli Ordini regionali e che si terrà in diciassette piazze italiane. “Costruire la popolazione resiliente del futuro” è, fra gli obiettivi indicati nella nota del Consiglio nazionale, quello più indicativo: nell’espressione è contenuta una nuova responsabilità dei cittadini nei confronti delle proprie azioni, dopo decenni di abusi edilizi ‘sanati’ amministrativamente ma non perdonati geologicamente dalla natura, abusi che spesso diventano concause di allagamenti e devastazioni del patrimonio edilizio. Nella ‘resilienza’ ambientale della popolazione è compreso anche il concetto di partecipazione del cittadino al buon andamento dell’amministrazione, a compensazione dell’inefficienza amministrativa. Un po’ come avviene col volontariato, puntualmente chiamato a sanare, a costo quasi zero quanto a manodopera, le croniche inefficienze di un’amministrazione disorganizzata e spendacciona. Il tutto giocato sulla parola d’ordine, di recente diffusione nel linguaggio ambientalista ma non solo, di ‘resilienza’ appunto: ovvero della capacità di un sistema di adattarsi ad un cambiamento, che in questo caso è solo nella maggiore brevità e intensità, e non nella portata complessiva, degli eventi climatici.
Da anni è sotto gli occhi di tutti l’inefficienza e la latitanza di molte delle istituzioni preposte alla tutela del territorio. Il Bel Paese ha sulle spalle decenni di iniziative edili folli, come la costruzione con materiali scadenti, l’edificazione su terreni inadatti e la cementificazione dei letti dei torrenti o addirittura il loro interramento. Dopo il disastro edilizio provocato, le amministrazioni stentano oggi a spendere per la manutenzione delle reti idriche, se non per il ripristino dove ancora possibile, degli antichi, efficienti sistemi naturali di smaltimento delle acque. O per la messa in sicurezza delle opere. Ad ogni acquazzone, dopo ogni allagamento e alluvione, gli allarmi sulla sicurezza del territorio alzano il sipario del solito teatrino, nel quale ai ritratti televisivi dei pensionati alluvionati e alle lacrime dei parenti delle vittime fanno seguito prima gli scaricabarile dei politici sulle amministrazioni del passato, poi le promesse di magnifiche sorti e progressive e infine le proposte: di legge, di fondi, di rinnovata e straordinaria efficienza amministrativa. A pochi o a nessuno viene in mente di trasferire per davvero il grosso del business dalle costruzioni alla messa in sicurezza o al ripristino ambientale del territorio. Da decenni si va avanti così, ed il suolo italiano ha continuato ad essere cementificato ad un ritmo crescente, giunto oggi a 10 metri quadrati al secondo, 90 ettari al giorno, per la costruzione di abitazioni, capannoni, centri commerciali. Oltre alle opere private, quelle pubbliche, con un tasso complessivo altissimo di impermeabilizzazione del suolo e di conseguente accelerazione dello scorrimento e di pericolosità delle acque piovane. Le esondazioni dei torrenti genovesi, puntualmente strozzati e interrati da strade e ponti angusti, le alluvioni in tutta la Liguria e nella Lunigiana ne sono un tragico risultato. Altrove sono le grandi opere stradali a portare il marchio di una modernità italica inefficiente, in tragico e grottesco contrasto con l’efficienza, per esempio, della ingegneristica del Colosseo e degli acquedotti romani: il crollo del viadotto della Palermo-Agrigento dello scorso Natale, quello del 2 marzo sulla Salerno Reggio Calabria o di quello sulla Palermo-Catania dello scorso aprile, per restare alle grandi opere con fondamenta poggiate su faldoni di pezzi di carta e non piantate su roccia resistente allo scorrimento delle acque e al peso dei piloni, sono il suggello eclatante di questo fallimento politico-amministrativo.
Strategica quindi la mossa dei geologi, che per arginare il disastro hanno pensato di rivolgersi direttamente agli Italiani. “Vogliamo stimolare l’interesse di ogni cittadino e di ogni comunità verso i rischi geologici e di conseguenza verso i temi dell’autoprotezione”, si legge fra le dichiarazioni a margine della Giornata, perché di fronte a “bombe d’acqua e catastrofi idrogeologiche è necessario difendere il territorio dai georischi”. Di qui la ricerca di “un confronto diretto con la comunità civile, in particolare con i giovani, sui temi della gestione, manutenzione e salvaguardia di territori e popolazioni”. Oggi le giovani generazioni crescono infatti con una formazione ambientale certamente migliore di quella delle generazioni del passato, artefici del boom economico ma anche del ‘botto’ idrogeologico del territorio dal Dopoguerra ai nostri giorni. Ma è strategico applicare alla realtà le nozioni, apprese grazie a programmi e testi scolastici ricchi di riferimenti all’ambiente. Un confronto diretto sui temi ambientali con gli operatori del territorio, come i geologi, è un passaggio fondamentale per rifondare ‘dal basso’ la cultura e la responsabilità dei futuri ingegneri, dei futuri amministratori, dei futuri compratori di case, dei futuri politici, dei futuri contribuenti, dei futuri elettori: cioè degli Italiani del futuro. Perché non siano futuri progettisti e realizzatori di opere a rischio, futuri creatori di abusi edilizi poi richiedenti condoni e futuri concessori di condoni.
[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]