Isola del Giglio, i fondali dopo il disastro

Sono passati più di tre anni da quando, la notte del 13 gennaio 2012, la nave da crociera Concordia di Costa Crociere, che trasportava 3229 passeggeri e 1023 membri dell’equipaggio, causando 32 vittime, ha impattato gli scogli dell’Isola del Giglio, riportando uno squarcio alla fiancata con il conseguente naufragio della nave e poco più di un anno da quando il relitto è stato rimosso.

Si tratta di una tragedia umana ed ambientale le cui conseguenze non sarà mai possibile risolvere completamente e molto difficile arginarle. Per i parenti delle vittime in primo luogo, ma, anche, per le ripercussioni ambientali e i danni arrecati all’ecosistema e all’area marina, che il disastro ha causato e, non ultime, le conseguenze al sistema economico di quei territori, provocate dal disastro ambientale. Ci sarebbero gli estremi per chiedere lo stato di calamità naturale, oltre che risorse economiche da destinare all’emergenza ambientale nella laguna di Orbetello. La moria di flora e fauna marina di quell’ecosistema ha raggiunto dimensioni impressionanti e minerà a lungo, se non in modo permanente, i delicati equilibri di quel fragile ecosistema.

E’ vero che nel 2014 la Costa Crociere ha dato mandato alla società Micoperi, leader nel settore dei servizi dell’industria petrolifera, che opera in consorzio con la Titan, per la bonifica ambientali dell’ecosistema del Giglio, ma, ancora oggi, le attività sono ben lungi dall’essere concluse. Le previsioni per la conclusione delle fasi di rimozione completa di tutte le strutture si pensa che dovrebbe avvenire ad aprile 2016. La Costa ha stanziato 85 milioni di dollari per la bonifica e la rimozione della Concordia. Sono stati e sono impiegati sommozzatori, personale tecnico, mezzi navali e le attività, in corso di svolgimento, sono controllate e monitorate da un Osservatorio di monitoraggio costituito nella Regione Toscana.

Il progetto è composto di quattro fasi consecutive: la rimozione dei detriti rimasti sul fondale dell’area del cantiere, per proseguire con gli: “anchor block” che sono serviti per l’installazione delle torri utilizzate per i sistemi di ritenuta del relitto, la rimozione dei sacchi di cemento serviti per la realizzazione del falso fondale di appoggio del relitto durante la fase di rotazione del relitto fino al suo rigalleggiamento, per concludere con la rimozione dei sedimenti depositati sul fondo marino.

Per ridurre al minimo l’impatto ambientale sono portate avanti alcune azioni apposite parallelamente a un piano articolato di monitoraggio ambientale. Il piano di monitoraggio, coordinato dall’Università La Sapienza di Roma, prevede che si conducano controlli costanti sulle lavorazioni e sulla qualità delle acque, test biologici ed ecotossicologigi sui pesci della fauna marina delle zone interessate, mediante, anche, il posizionamento di stazioni di controllo: “mussel watch”, analisi periodiche sui sedimenti, il monitoraggio degli habitat protetti, in particolare quelli di poseidonia e coralligeno, e un’attività di monitoraggio dei cetacei in caso di attività che possano generare rumore.

L’obiettivo è quello di realizzare in tempi certi tutte le varie operazioni necessarie per il ripristino ambientale e far ritrovare all’Isola del Giglio la sua fisionomia. E’ vero che finanziariamente il ripristino ambientale della zona colpita è a carico di Costa Crociere, ma è anche vero che anche la Regione Toscana intende dare il suo contributo con tutta una serie d’iniziative di rilancio dell’aspetto turistico e di promozione della qualità dell’offerta turistica, anche, ad esempio con il sostegno alla viticoltura, attraverso reimpianti di vitigni autoctoni, così come sarebbe attrattivo ed emblematico fare dell’Isola del Giglio un’Isola “carbon-free”, sostituendo l’attuale centrale elettrica a gasolio con la produzione di energia rinnovabile a zero emissioni di CO2.

Per il Presidente dell’Associazione Nazionale Memoriale della Concordia (costituitasi nel luglio 2014,  all’indomani della rimozione del relitto), Luigi Ruggeri le strutture che si trovano sul fondale per raccogliere i detriti potrebbero assumere la funzione di quelle che in altri Paesi si creano di proposito per promuovere la biodiversità marina: “…lasciandoli al loro posto avrebbero potuto dare vita ad una vera e propria capitale mondiale della subacquea in grado di attrarre anche quarantamila immersioni l’anno”. O ancora si potrebbero organizzare degli appuntamenti biennali per discutere la sicurezza in mare, come fu fatto nel marzo del 2012, all’indomani del naufragio di Costa Concordia, una mostra permanente sul Mediterraneo o la proposta di fare dell’Isola del Giglio la sede permanente della Conferenza europea per la sicurezza in mare.

In ogni caso il dato oggettivo è che il turismo, già in decrescita nel 2011 per effetto della crisi, dopo il naufragio, è diminuito ulteriormente del 13,6%, così come sono un fatto le tonnellate di pesci morti che devono essere portati via dalla Laguna di Orbetello per non gravare ulteriormente su un ecosistema già messo a duro prova. La speranza è che per la primavera del 2016, con la conclusione della fase di rimozione completa di tutte le strutture, la comunità del Giglio sia riuscita a risolvere e superare, in buona parte, tutti questi problemi.

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