Immigrazione, miti e realtà

L’immigrazione è una grande tragedia politica e umana. Da tempo penso e scrivo che vada affrontata con un vero dibattito di fondo, tanto a livello europeo che italiano. A livello europeo qualcosa si muove, Bruxelles ha finalmente preso l’iniziativa con proposte che si possono accettare o respingere, ma che sono comunque un principio. In Italia questo dibattito è, lo capisco, difficile, perché sarebbe subito alterato dagli schiamazzi delle ideologie contrapposte. Intanto, tedeschi e austriaci stanno dando in questi giorni una prova di straordinaria apertura e umanità, smentendo tutti gli stereotipi che parlano della loro presunta durezza. La signora Merkel, altro stereotipo fatto a pezzi, ha adottato una politica per molti versi inattesa, e l’ha appoggiata con parole che andrebbero incise nel marmo, quando ha parlato, con emozione credo sincera, di “Europa dei valori”.  Sì, signori: Europa dei valori, quella nella quale bisogna credere e sperare, quella per cui vale la pena combattere. La sua politica, però, non è solo umanitaria. È anche, o può essere, lungimirante: vediamo perché.

L’estrema destra utilizza in tutta Europa, purtroppo spesso con successo, il vecchio sistema: profittare delle oscure paure collettive,  inventarsi spauracchi per terrorizzare la gente e portarla a rifugiarsi nelle formule già tante volte fallite del nazionalismo autoritario, del razzismo cieco. E per questo crea miti, a cui la gente crede senza riflettere e senza conoscere la realtà. Un primo mito è che gli immigrati tolgono il lavoro ai locali. Falso! Nessuna statistica ha finora provato una correlazione tra immigrazione e disoccupazione. Al contrario, qualsiasi statistica seria dimostra che gli immigrati accettano lavori da cui i locali sfuggono (basta andare nelle nostre campagne del Sud per vederlo: che sarebbe della nostra agricoltura senza gli immigrati maghrebini?) e permettono a questi ultimi una certa mobilità sociale in ascesa. Altro mito: gli immigrati gravano sull’economia. Falso! Tutti gli esempi dimostrano che una popolazione di immigrati giovani, abbastanza qualificati, apporta a economie stanche un certo dinamismo, partecipando sia ai consumi che alla produzione. È provato che Il tasso di imprenditorialità è piuttosto elevato tra i nuovi  venuti , come lo è l’accettazione di orari di lavoro pesanti e retribuzioni piú modeste rispetto ai cittadini del paese. Ma c’è un argomento centrale, che i vari Salvini si guardano bene dal citare: la popolazione europea, tanto quella tedesca, freancese, spagnola quanto quella italiana, invecchia inesorabilmente e, senza un apporto esterno, in qualche decennio si contrarrebbe in modo pericoloso.  Sgombriamo il campo da un altro mito: gli immigrati gravano sulla sicurezza sociale. Falso! Da tempo la Commissione Europea avverte che nei prossimi tre decenni l’Europa avrà bisogno di assorbire ben 50 milioni di immigrati soltanto per mantenere integro l’attuale sistema di sicurezza sociale. Altrimenti, il sistema pensionistico e quello sanitario andranno inevitabilmente al collasso.

Questi sono i dati su cui bisogna ragionare, come si sta facendo in Germania. Questo vuol dire che si devono aprire senza limiti le porte dell’Europa? Certo che no. Qualsiasi organismo umano o sociale ha una capacità fisiologica limitata di assorbire elementi esterni. Siamo già ai limiti? Probabilmente no. I 120 mila rifugiati in attesa di asilo rappresentano lo 0,6% della popolazione dell’UE. Dovremmo poterli assorbire senza eccessivi scompensi. Però, come ha avvertito la Cancelliera Merkel, la cosa non può durare indefinitamente, le centinaia di migliaia non possono divenire milioni, altrimenti le strutture di accoglienza sarebbero messe in grave pericolo. Un margine c’è ancora, ma è evidente che bisogna affrontare alla radice i problemi che spingono la gente a cercare rifugio in Europa: povertà, si capisce, ma soprattutto le guerre e i massacri che insanguinano il Medio Oriente e hanno un autore ben identificato, che va combattuto e distrutto. Anche per questo, è ancora una volta la vecchia, bistrattata Europa che è chiamata ad agire (la Francia si sta movendo, vedremo con che efficacia). E – lo dico per tutti quelli che, al di fuori del nostro Continente, si strappano le vesti, in America Latina come altrove, per il dramma dei rifugiati senza muovere un solo dito per aiutarli, e trovano comodo rigettare le colpe sull’Europa – siamo solo noi europei a far qualcosa di concreto: a cominciare dall’opera quotidiana e straordinaria della nostra Marina Militare, che salva giorno dopo giorno vite umane a migliaia.

C’è  un altro argomento che viene usato dalla destra estrema: gli immigrati extra-europei sono portatori di una civiltà diversa, incompatibile con la nostra; anzi, sono nettamente incivili. È un mito? Non del tutto e si avrebbe torto a dismetterlo senza dibattito. L’Europa è l’Europa, l’Italia è l’Italia, perché fondata su certi valori, tra cui c’è il rispetto della legge e dei diritti umani, l’eguaglianza dei sessi, la libertà democratica. La sfida che si presenta alla nostre società non è solo di organizzare in modo civile ed efficace l’accoglienza ai profughi e assicurare loro lavoro e vita degna, ma anche integrarli nei nostri costumi e modo di vivere. Non si tratta di strapparli alla loro fede religiosa, ma di insegnare loro – ed essere su questo inflessibili – che da noi vigono leggi civili, non quelle della sharia. Ed essere intransigenti con tutti quelli che si trasformano in nemici interni della nostra pacifica convivenza.

Altra strada non esiste. L’Europa ha superato nella sua storia crisi anche terribili, uscendone migliorata. Se non saremo capaci di superare quella in corso, sarà non solo la fine dell’ideale d’integrazione europea, ma il ricorso alle piú stantie formule di razzismo e di sciovinismo, premesse sicure della fine di un lungo periodo di progresso civile e di pace europea.

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