OCSE: troppe tasse, ancora difficile investire in Italia
Nel nostro Paese si sono registrati significativi miglioramenti negli ultimi anni per le piccole e medie imprese, ma la pressione fiscale scoraggia gli investimenti. A dirlo è l’ultimo rapporto dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) sulla piccola e media impresa. Tra i fattori positivi che hanno contribuito a migliorare le condizioni di sviluppo delle Pmi c’è la norma “impresa in un giorno”, lo Statuto delle Imprese del 2011 e i vari provvedimenti messi in campo dagli ultimi governi per saldare i debiti della Pubblica amministrazione.
Tutta colpa del fisco, troppe tasse. Insomma scegliete la formula che preferite per esprimere il concetto, ma la sostanza non cambia. L’eccessiva pressione fiscale scoraggia investimenti e limita la possibilità di rendere l’Italia completamente “Pmi-friendly”. Mano pesante del fisco che si combina con altri fattori: deboli garanzie per il rispetto dei contratti, bassa produttività delle piccole imprese, la mancanza di “imprese a forte crescita” e la carenza di capitale estero nel tessuto produttivo nostrano. Che fare? Per prima cosa, ovviamente, abbassare le tasse sulle imprese e favorire una “migliore protezione” delle forme di proprietà intellettuale non connesse all’innovazione tecnologica, insieme a “misure per aumentare la concorrenza nei servizi di rete”.
La ricetta dell’Ocse è piuttosto precisa e si articola in incentivi fiscali mirati, un sistema normativo che stimoli gli investimenti in azioni e un rafforzamento della cooperazione tra università e Pmi. Senza dimenticare l’aumento di investimenti esteri e lo sviluppo del capitale di rischio. Nel processo di miglioramento della produttività, non sono esclusi neanche i lavoratori, nello specifico, ci sarebbe da migliorare l’intero sistema di formazione per imprenditori e lavoratori delle Pmi. L’Italia deve intervenire, e piuttosto in fretta, sulla formazione, dal momento che “solo il 40 per cento dei giovani afferma che la loro educazione scolastica li ha aiutati a costruire una mentalità imprenditoriale, contro una media Ue del 53 per cento”.
Le Pmi sono il fulcro dell’economia del Paese. Le imprese con meno di 250 dipendenti rappresentano il 99,9 per cento del totale nazionale, fornendo l’80 per cento dell’occupazione e il 67 per cento del valore aggiunto, tra le quote maggiori dell’area Ocse. Secondo l’Organizzazione di Parigi, l’Italia ha una forte “vocazione imprenditoriale” e le Pmi hanno “un elevato livello di produttività per gli standard internazionali”. Non solo complimenti, però. Lo studio mette in luce anche come l’Italia sia la sesta economia sommersa dell’area Ocse, dopo Turchia, Estonia, Messico, Grecia e Polonia. Il valore dell’economia sommersa è circa il 27 per cento del Pil: un dato di gran lunga più preoccupante rispetto a quello fornito dall’Istat che pe il 2008 stimava l’economia sommersa attorno al 16,5 per cento del Pil.