USA, chi è Marco Rubio
Che cosa succede in campo repubblicano in vista delle elezioni USA del 2016? Un protagonista di spicco è senz’altro Marco Rubio. Di origini cubane, nato a Miami il 28 maggio 1971, è un politico e avvocato, già da tempo considerato tra le personalità più promettenti del partito.
Rubio è diventato uno dei volti nuovi della politica americana già nel 2006, quando è stato eletto alla Camera dei Rappresentanti della Florida nel 111° distretto. Dal novembre 2006 al gennaio 2009 Rubio ha ricoperto la carica di Presidente della Camera. Nel 2010 ha sconfitto per più di venti punti l’allora governatore della Florida Charlie Crist, conquistando il seggio senatoriale. E’ evidente che i repubblicani hanno bisogno di lui.
Da tempo il partito ha capito che deve cambiare rotta se non vuole essere condannato alla sconfitta per sempre: un elettorato bianco e protestante non è più sufficiente, in un Paese in cui l’aumento demografico è dato solo dalla crescita delle varie minoranze, che votano in massa per i democratici. Del resto, la duplice vittoria di Obama ha insegnato a tutti qualcosa. Il trend negativo dei repubblicani potrebbe essere invertito puntando su personaggi come Rubio e prendendo necessariamente posizioni più morbide su temi come l’immigrazione. La sua candidatura garantirebbe al GOP (Grand Old Party, come sono chiamati i Repubblicani USA) dei notevoli vantaggi: conquistare le simpatie del ‘latinos’ (la minoranza più consistente), mettere in cassaforte uno stato fondamentale come la Florida e svecchiare l’immagine del partito.
Che arrivare alla presidenza degli Stati Uniti fosse il suo obiettivo finale, si è capito già nel 2012, quando Rubio ha declinato l’invito di Mitt Romney a candidarsi come suo vice per le elezioni USA , che hanno poi visto la vittoria di Barack Obama. Un segnale chiaro, quello del giovane Senatore della Florida, classe 1971: non rovinarsi l’immagine affiancandosi a un poco popolare Romney per puntare tutte le sue carte sul 2016, quando a contendersi il posto di Presidente ci saranno due volti nuovi. Un ruolo fondamentale nella sua biografia la gioca proprio la mistica delle origini esuli cubane, anche se recentemente alcuni reporter del Washington Post e del St. Petersburg Times hanno sottolineato che i genitori del senatore sono emigrati tre anni prima che Castro prendesse il potere.
Rubio non ha un messaggio politico nitido e tagliente come quello di altri candidati della destra repubblicana: due anni fa appoggiò una proposta bipartisan per la regolarizzazione della posizione di 11 milioni di immigrati clandestini, una mossa in controtendenza rispetto alle posizioni tradizionali del partito. Offrire una ricetta politica appetibile per il suo elettorato latino è condizione necessaria, benché non sufficiente, per l’affermazione elettorale. Rubio lo sa così bene che ha deciso di arrivare alla rottura con gli ordini di scuderia del partito proprio sulla questione dell’immigrazione. Ma a contare sono soprattutto le sue credenziali repubblicane, su cui – immigrazione a parte – Rubio non scherza: fiero nemico del ‘big government’, amato dai Tea Party in crisi di rappresentanza, è sostenitore di una visione pugnace della politica estera, come dimostrano alcune sue dichiarazioni.
In materia fiscale abbraccia le posizioni classiche del conservatorismo, con una particolare enfasi anti-regolamentazione e un certo disprezzo per la macchina burocratico-amministrativa di Washington. Da cattolico di scuola non liberal, ha chiarito la sua opposizione ai matrimoni gay e si è messo di traverso rispetto al consenso prevalente anche sui cambiamenti climatici. A differenza di altri, però, il senatore queste cose tende a dirle, non a gridarle.
Il 2016 sarà dunque un anno decisivo per Rubio, che ha recentemente annunciato la sua candidatura, dichiarando di essere pronto per assumersi la guida del Paese. Un ruolo a cui aveva rinunciato quattro anni fa, nel picco più alto della sua popolarità. Secondo il commentatore conservatore Erick Erickson, Rubio ha buone possibilità di vittoria perché è “il candidato originale del Tea Party”, l’uomo che per primo ha dimostrato che la corrente più attivista e popolare, venata di retorica populista, poteva affrontare e sconfiggere i candidati espressi dalla struttura tradizionale del partito.