Nelo Risi, un poeta in prestito al cinema

Muore Nelo Risi (1920-2015), fratello di Dino (1916-2008), uomo del secolo scorso, poeta e cineasta di grande livello, longevo più del fratello. Accanto a lui come sempre la fedele compagna Edith Bruck, poetessa e scrittrice di origini ungheresi. Ricordiamolo con una poesia, tratta dalla sua raccolta Amica mia nemica, non tra le più note, ma interessante per ricordare i nostri sogni di bambini estasiati di fronte alla vita dei grandi, quel senso di inadeguatezza che ci cattura, costernati dalla presunta grandezza dei genitori.

Saprò annodarmi la cravatta a farfalla? / Bilanciare d’un sol colpo le bretelle / dietro le spalle? Questo non altro / diceva il me stesso turbato quando / il mattino saltavo piedi nudi sul loro letto / e assistevo al riso / accucciato nello stampo ancora caldo / ignorando la mamma cui stavo accanto / per il papà riflesso nello specchio / col rasoio a mano libera su una guancia insaponata / stranamente quel gesto veloce / mi ridava la stessa fiducia / della volta che mi tenne ben saldo tra le gambe / che mi tolse in due colpi le tonsille / e un fiotto del mio sangue / si rovesciò sullo specchio frontale / per un attimo accecandolo.

Nelo Risi nasce a Milano nel 1920, si laurea in medicina come il fratello Dino, per volontà del padre medico, ma pure lui fa tutt’altro nella vita, tra letteratura e cinema, disinteressandosi della scienza medica. Vive gran parte dei suoi anni a Roma, soldato sul fronte russo, internato in Svizzera, viaggia a Parigi e in Africa. I suoi lavori escono per Mondadori (le prose poetiche de Le opere e i giorni con Scheiwiller, 1941): L’esperienza, Polso teso, Pensieri elementari, Dentro la sostanza, Di certe cose, Amica mia nemica, Poesie scelte. Ottime sue traduzioni di Kavafis, Laforgue, Supervielle, Jouve, Queneau, Risi fa parte della cosiddetta linea lombarda letteraria insieme a Rebora, Modesti e Sereni. Frequenta il cinema come secondo amore, a differenza del fratello Dino, lo fa con la vena del poeta, che si avvicina al neorealismo zavattiniano con Ragazze madri, episodio de Le italiane e l’amore. Niente a che vedere con il mondo movie – come scrivono a sproposito da qualche parte – né con il cinema di Gualtiero Jacopetti, ispirato da ben altri valori e da diversa concezione della vita. Produce documentari didattici, debutta con l’interessante Ritorno nella valle (1949), si dedica alla televisione e al cinema di qualità. Ricordiamo documentari e lungometraggi come Andremo in città (tratto da un racconto della moglie, sulla seconda guerra mondiale), Le città del mondo (Vittorini), Diario di una schizofrenica (sul rapporto medico-paziente) e La colonna infame di manzoniana memoria.

Un poeta in prestito al cinema, come Pier Paolo Pasolini e Tonino Guerra. E allora chiudiamo con I platani del viale, una sua lirica struggente.

I platani del viale / fanno da paralume / al lampione, ritagliano foglie sul mio lettino / nel buio conto le pecorine… / se gioco se parlo se mangio / neanche me ne accorgo però / non è la prima volta / che lo sento ingigantire. / Mi si chiudono gli occhi / e non riesco a dormire / temo che si addormenti / anche il respiro; lo spio / lo trattengo ne ho terrore / torna respiro torna! finché un soffio dopo l’altro / l’inciampo si attenua / la mente si distrae. / Il respiro ritorna abituale.

©Futuro Europa®

 [NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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