NCD ai ferri corti

C’è un partito che, nelle stanze più segrete, sta compiendo una lotta intestina di grandissime proporzioni. Il Nuovo Centrodestra sembra essere ad un bivio importante. La spaccatura più grande si sta compiendo è sostanzialmente tra gli esponenti del nord e la dirigenza romana. È ormai dalla sua fondazione che il movimento guidato dall’ex delfino berlusconiano Angelino Alfano, balla il walzer delle alleanze a seconda delle convenienze. Se al governo nazionale si trova al fianco del PD di Renzi, in molte realtà locali, soprattutto del Nord, l’alleanza rispecchia più la denominazione del partito.

Il caso più emblematico è ovviamente la Lombardia, dove tra l’altro sono eletti o risiedono colonne portanti della formazione staccatasi dal defunto PDL. La sofferenza tra questi dirigenti comincia a farsi più forte e significativa, tanto che i mal di pancia di alcuni esponenti stanno mettendo a rischio la solidità del partito. A differenza del centro sud, dove le alleanze anche a livello territoriale con il PD sono quasi la regola e dove ancora NCD può contare su un bacino di voti che si può considerare rilevante, al nord i dati lo danno a prefisso telefonico, alimentano l’agitazione di chi eletto rischia di non vedersi più confermato.

Il principale pomo della discordia è la riforma del senato, seguito a ruota dall’Italicum. Nelle settimane scorse si sono viste diverse dichiarazioni (da Lupi a Formigoni, passando per i dirigenti lombardi) che mostravano parecchi dubbi sulla possibilità di approvare testi così lontani dal proprio credo politico, soprattutto, come già ricordato in Lombardia, dove la maggioranza guidata da Roberto Maroni si appresta ad iniziare la campagna referendaria per l’autonomia regionale. Ed è stato lo stesso governatore lombardo a minacciare a mezzo stampa la tenuta della maggioranza al Pirellone se NCD si trovasse ad approvare senza modifiche il DDL Boschi. Perdere la Regione più importante d’Italia significherebbe sprofondare nell’irrilevanza politica più totale.

La veduta diametralmente opposta tra Roma e Milano sta creando scompiglio non solo tra la dirigenza, ma soprattutto tra la base del partito, preoccupata di diventare la branchia democristiana del PD, solo per saziare la sete di poltrone di pochi. In questi giorni però sembrerebbe che il messaggio nordista sia arrivato fino ad Alfano che sembrerebbe voler mettere qualche puntino sulle i delle due principali riforme. Molto dipenderà anche dalla minoranza DEM, che nel gioco dei pesi e contro pesi  svolge un ruolo fondamentale.

Certo è che, qualora Alfano dovesse totalmente appiattirsi al volere del Premier, per il suo partito potrebbero cominciare giorni duri. Al nord la scissione sarebbe quasi scontata anche perché tra qualche mese si giocherà l’importantissima partita delle amministrative di Milano tra i quali papali, proposto anche dallo stesso Maroni, c’è Lupi. Lì il partito dovrà scegliere da che parte stare e sicuramente se dovesse scegliere Renzi la rottura sarebbe inevitabile. Alfano ha deciso di trascurare il nord per coltivare i voti al sud senza rendersi conto che abbandonare il campo settentrionale porterà solo ed esclusivamente all’estinzione del suo partito.

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Dalle agenzie stampa

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