Cronache dai Palazzi

Sono circa 3mila gli “emendamenti veri” da esaminare e non più milioni. “Milioni di emendamenti sono un’offesa alle istituzioni”, ha sottolineato Pietro Grasso che di fronte alla possibilità di applicare la ghigliottina si è subito scrollato di dosso ogni tipo di responsabilità: “Non sarò certo io  il boia della Costituzione”. Il Tutto riferendosi alle pressioni del governo che inizialmente avrebbe voluto chiudere la partita l’8 ottobre, ponendo il sigillo definitivo sulla doppia lettura conforme del ddl Boschi.

Per adesso si voterà la riforma del bicameralismo il 13 ottobre, due giorni prima dell’inizio della sessione di bilancio, che di certo monopolizzerà il Parlamento. “Così avremo pochissimo tempo per incardinare e votare altri provvedimenti”, ha polemizzato il capogruppo dem, Luigi Zanda, riferendosi anche al ddl Cirinnà, a proposito di unioni civili.

Il rinvio (magari di mesi) del ddl Cirinnà non è gradito nemmeno a M5S e a Sel. “Ma come? Lei imputa a noi lo slittamento della discussione in  aula delle unioni civili? – ha dichiarato Loredana De Pretis, capogruppo di Sel al Senato, riferendosi al ministro per le Riforme Maria Elena Boschi – Dice che è colpa dell’ostruzionismo alla riforma del Senato, quando invece è il Pd, per un mancato accordo nella maggioranza, che frena sui diritti delle coppie di fatto?”. La proposta di De Petris è stata quella di incardinare in Aula il ddl Cirinnà fin dal prossimo lunedì ma “mi è stato risposto che non è possibile interrompere, anche per poche ore, l’iter della riforma” , ha ammonito De Petris.

Riflettori puntati sulla riforma costituzionale quindi. Nello specifico, dei 3mila emendamenti da esaminare 1.200 si riferirebbero agli articoli 1 (funzioni del Senato) e 2 (composizione ed elezioni del Senato). Altri 1.800, invece, si concentrerebbero sull’articolo 10 (procedimento legislativo). Due parlamentari renziani, Marcucci e Mirabelli, hanno, “per sicurezza”, presentato un emendamento che abolisce il Senato, ciò che corrisponderebbe all’ultima spiaggia per condurre in porto la riforma.

In definitiva secondo la riforma gli inquilini di Palazzo Madama sarebbero eletti dai Consigli regionali, i quali “eleggono con metodo proporzionale i senatori tra i loro componenti” e “tra i sindaci” dei territori. La novità consiste nel fatto che sono eletti  dai Consigli regionali “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. In pratica i cittadini sceglieranno i consiglieri e i singoli Consigli decideranno quali mandare a Palazzo Madama. Come i cittadini sceglieranno i consiglieri alle Regionali sarà una legge ordinaria a definirlo, la quale legge esplicherà le “modalità di attribuzione dei seggi e  di elezione dei membri del Senato tra consiglieri e sindaci”. Dovranno essere almeno due senatori per Regione o Provincia autonoma tra i quali uno dovrà essere un sindaco. Se la scelta degli elettori avverrà attraverso un listino o in base a delle preferenze non è ancora chiaro. La Costituzione prevede inoltre che ciascuna Regione applichi in autonomia la propria legge elettorale, quindi ognuno seguirà le proprie regole.

Per quanto riguarda le funzioni del Senato, rispetto al testo approvato a marzo dall’aula di Montecitorio, Palazzo Madama eserciterà funzioni di raccordo tra lo Stato e gli enti territoriali e locali. Esprimerà pareri sulle nomine di competenza del governo e vigilerà sull’attuazione delle leggi. I senatori valuteranno inoltre le politiche pubbliche, l’attività delle pubbliche amministrazioni e la verifica dell’impatto delle politiche dell’Ue sui diversi territori. Per finire, le modalità di elezione dei membri della Consulta: Palazzo Madama sceglierà due membri della Corte costituzionale mentre altri tre li designerà la Camera. Per quanto riguarda i rimanenti la composizione è quella solita: cinque nominati dal presidente della Repubblica e cinque nominati dalle supreme magistrature.

Cambiamenti in arrivo anche nel settore della Sanità per quanto riguarda le prescrizioni inutili. In pratica il governo mira a risparmiare circa 13 miliardi di euro – 2,3 miliardi già da quest’anno – riducendo le prestazioni gratuite qualora non fossero necessarie per il paziente, tra cui Tac, risonanza, controllo del livello del colesterolo, test allergici e cure dentali. I medici hanno subito protestato lamentando una ‘delegittimazione’ della categoria – in pratica una riduzione dei camici bianchi a “meri funzionari” – e non condividendo il metodo sanzionatorio nei confronti di chi non si atterrà alle nuove regole. La riduzione dei controlli potrebbe inoltre provocare nuove cause nei confronti dei medici che sottolineano: “non possono decidere i politici quali esami devono fare i pazienti”. In definitiva saranno 208 su 1700 le prestazioni che fino ad oggi sono state completamente gratuite e che in futuro dovranno essere pagate dai pazienti qualora si rivelassero non strettamente necessarie. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, spiega la ratio del provvedimento: “Non è caccia ai medici. Molti esami che prescrivevano sono stati tagliati perché inutili, per fare spazio all’appropriatezza. Si fanno le analisi che servono. L’eccesso costa 13 miliardi allo Stato. Inoltre la sanzione verso il medico che non si attiene alle nuove regole scatta sulla parte accessoria dello stipendio del medico dopo un contraddittorio, ma non parliamo di un singolo caso di errore”.

Palazzo Chigi tenta di calmare le acque comunicando ai camici bianchi che nella prossima legge di Stabilità è previsto l’inserimento di un incremento del Fondo sanitario nazionale – che nel 2016 dovrebbe salire da 109, 7 a 112/113 miliardi – oltre ad un eventuale “rinnovo della convenzione con i medici e i pediatri di base, la stabilizzazione dei precari, lo sblocco del turnover e il rinnovo del contratto fermo ormai da dieci anni”, tutto secondo quanto stabilito già dalla Consulta. Il governo è in fondo convinto che la protesta dei medici e la minaccia di sciopero contro il decreto che taglia le prestazioni nascondano un generale malcontento per il mancato rinnovo contrattuale. Per di più nella legge si Stabilità dovrebbe essere inserita una norma (la quale trasferisce al paziente l’onere della prova) per difendere i camici bianchi dalle “cause temerarie” inscenate dai pazienti. “Stiamo riducendo gli sprechi per evitare dolorosissimi tagli lineari – ha aggiunto il ministro Lorenzin – e reinvestiamo nella sanità, migliorando i servizi per i cittadini”. In sostanza “cambierà l’approccio culturale: basta con le analisi e le diagnosi inutili”. Si prevedono quindi liste di attesa ridotte e un mantenimento di tutte le “prescrizioni utili, motivate e urgenti”. In pratica “chi sta male davvero non deve temere alcun tagli all’assistenza e alle diagnosi”, assicura Federico Gelli, relatore del provvedimento e responsabile Sanità per il Nazareno.

Infine la giustizia. Tra le proteste dei pentastellati e di Sel l’aula di Montecitorio ha approvato a larga maggioranza il disegno di legge delega sul codice penale che ora sarà vagliato da Palazzo Madama. Tale approvazione ha suscitato anche l’ira dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) per la quale “la riforma del processo penale è molto deludente”, soprattutto per quanto riguarda la delega sulle intercettazioni definita “molto generica” e “motivo di preoccupazione”, ha dichiarato il segretario dell’Anm Rodolfo Sabelli. Sabelli sottolinea che “la delega sulle intercettazioni non indica linee e criteri a cui il governo dovrà attenersi ( per quanto riguarda il meccanismo di selezione delle conversazioni penalmente rilevanti pubblicabili negli atti e quindi riferibili dalla stampa, ndr) e dunque apre possibilità alle più varie scelte concrete. Richiama la tutela della riservatezza ma non chiarisce quale sia il punto di equilibrio”. Le quindici righe della delega sulle intercettazioni hanno in pratica come obiettivo principale una maggiore riservatezza delle conversazioni dei non indagati che “occasionalmente” vengono intercettate ma Sabelli denuncia il rischio di una certa “vaghezza”, dato che “c’è la possibilità che venga vietata l’introduzione di un testo di intercettazioni nelle ordinanze cautelari, così danneggiando il diritto di difesa”. Gli altri 33 articoli della riforma (sono 34 in tutto) prevedono infine molto altro: inasprimento delle pene per furto, rapina e scippo; estinzione della pena in caso di condotte riparatrici; tempi obbligatori (da 3 a 12 mesi) per la richiesta di rinvio a giudizio/archiviazione, deflazione dei ricorsi in Cassazione; riordino del sistema penitenziario; condanna fino a 4 anni per chi diffonde registrazioni fraudolente tra privati, salvi il diritto di cronaca e di difesa. Il testo – ha precisato il viceministro alfaniano Enrico Costa – “potrà essere ulteriormente migliorato e arricchito” dal Senato, dove per di più Ncd e Pd devono ancora accordarsi sull’allungamento dei tempi della prescrizione per i reati di corruzione.

“Nessun bavaglio alla stampa né alcun mandato al governo a limitare le intercettazioni come strumento di indagine”, ha sottolineato invece il ministro della giustizia Andrea Orlando, che a breve istituirà una Commissione – della quale faranno parte magistrati, giornalisti e studiosi – per definire e chiarire la ratio della delega. “Il confronto sul processo penale continua con tutti i protagonisti del mondo giudiziario  e con quelli del mondo dell’informazione per quanto riguarda il tema della pubblicazione delle intercettazioni”, ha aggiunto il responsabile giustizia del Pd Davide Ermini affiancando il ministro e lasciando intendere una certa apertura al dialogo in Senato, dove il testo non dovrebbe arrivare blindato.

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