Pellegrinaggi a La Mecca, una lunga serie di drammi
Più di 700 persone sono morte lo scorso 24 Settembre a La Mecca, in Arabia Saudita, durante l’ Hajj. Non è un fatto nuovo. Sono numerosi i pellegrinaggi dei Musulmani in questo luogo emblematico ad essere finiti in circostanze drammatiche. L’episodio più tragico aveva fatto più di 1400 vittime. L’ultimo evento drammatico rimette in dubbio le misure di sicurezza impressionanti che dal 2006 avevano permesso di fermare questa onda nera. Ma è proprio a loro che va data la colpa?
Un altro movimento di folla omicida ha messo a lutto l’Hajj, il grande pellegrinaggio annuale dei Musulmani. Almeno 717 persone sono morte e 805 sono rimaste ferite a Mina, vicino a La Mecca, dove si trovavano riuniti due milioni di pellegrini. Un grande dramma che ha riportato alla memoria molti altri avvenuti negli ultimi decenni, soprattutto in occasione della lapidazione di Satana, uno dei momenti più intensi dell’Hajj. Ma dal 2006, dopo l’ennesima tragedia di questo tipo che aveva ucciso più di 300 persone, l’Arabia Saudita aveva adottato misure drastiche e migliorato le infrastrutture per accogliere i milioni di pellegrini. Questi cambiamenti sembravano aver messo un punto all’accadimento di nuovi incidenti. Fino al 2006, le misure di sicurezza messe in atto dall’Arabia Saudita riguardavano soprattutto il rischio di attacchi terroristici e scontri politici. Nel 1987, una manifestazioni anti-americana e anti-israeliana organizzata da pellegrini iraniani era stata repressa a caro prezzo: 402 morti. Dopo questo episodio, Riyad aveva vietato qualsiasi tipo di manifestazione politica durante i pellegrinaggi e istaurato delle quote di visitatori, concedendo a ogni Paese 1000 pellegrini per milione di abitanti. Il grosso problema è stato da subito il controllo di queste quote. Molti pellegrini, nonostante non avessero ricevuto alcuna autorizzazione a partecipare alle celebrazioni si recavano ugualmente sul posto aspettando pazientemente vicino agli accessi l’occasione per entrare.
Dal 1990 al 2006, ci sono stati almeno cinque incidenti causati dalla calca, incidenti che hanno causato in tutto la morte di 2400 persone. L’incidente più grave è avvenuto nel 1990, quando 1400 persone sono decedute per asfissia in un tunnel pedonale che permetteva l’accesso al sito. Un guasto del sistema di ventilazione aveva aggravato il bilancio. Tutti gli incidenti successivi sono avvenuti in margine al rito della lapidazione delle steli, il più a rischio: la folla si assembla in modo molto denso e tenta di muoversi verso e fuori il sito. Nel 2006 successe proprio così: la fretta e l’affluenza dei pellegrini che avevano portato con sé anche i bagagli, aveva causato un assembramento importante all’entrata di uno dei ponti che portavano nel luogo del rito. In quella circostanza morirono 362 persone. Dopo quell’ ennesimo dramma, come per quello del 24 Settembre, le autorità saudite diedero la colpa “all’indisciplina” dei pellegrini. Ma si sono alzate numerose voci di accusa per la mancanza di precauzioni sufficienti per evitare queste tragedie ricorrenti, soprattutto la cattiva organizzazione delle forze dell’ordine incapaci di far fronte a milioni di pellegrini. Dove sta la verità?
Molti si chiedono però come, una folla composta da pellegrini, che in teoria non dovrebbe né avere fretta né essere spintonato per un qualsiasi movimento dovuto al panico, si trasformi in una trappola mortale. Chi adduce elementi psicologici o sociali, da una risposta troppo semplicistica al problema. In incidenti dovuti alla folla, come quelli che avvengono a La Mecca, il fattore predominante è la densità. Più la densità della folla è bassa, più questa è fluida. Nella vita di tutti i giorni, la densità media intorno a noi è di 0,5 persone per metro quadrato. Il flusso è costante, non ci sono problemi. Una folla fluida obbedisce a diversi fattori: la direzione, la velocità, la massa di ogni individuo, lo spazio di “rifiuto” tra individui dovuto a leggi sociali, le strategie per evitare le persone che ognuno mette in atto (si ha tendenza a incrociare le persone a destra), gli eventuali ostacoli incontrati sul percorso, le interazioni sociali tra individui (tra il 50% e il 70% delle persone si muove per piccoli gruppi).
Come sottolinea in un interessante studio Mehdi Moussaid, ricercatore presso l’Istituto Max Planck in Germania, è a partire da questi diversi fattori che i ricercatori trovano le formule matematiche che permettono di codificare il movimento delle folle e di realizzare, per esempio, spazi pubblici più confortevoli. Ma quando la densità di una folla arriva a due, tre persone per metro quadrato, le cose si complicano e cominciano i primi disordini. Si creano ondate di stop & go che, pur non essendo pericolose in sé, fanno si che nascano i primi nervosismi. A partire da 4 persone per metro quadrato, si osserva già una forte congestione. Possiamo prendere come esempio l’uscita dallo stadio dopo una grande partita di calcio: si va avanti piano, ma non c’è pericolo. Poi arriva la soglia fatidica delle 7 persone per metro quadrato. Gli studi scientifici sono pochi, vista l’eccezionalità dell’evento, ma un esempio importante è la tragedia del 2006: la densità massima osservata era di di 9 persone per metro quadro. In queste circostanze i fattori organizzativi non hanno praticamente nessuna influenza. Quando la densità è così alta, si creano ondate di spinte spontanee in tutte le direzioni. Questo provoca movimenti involontari che si trasformano in ressa. Una volta cominciati i disordini gli individui parte della folla cominciano a stressarsi lasciandosi influenzare dalle emozioni. Da lì alla perdita totale del controllo è un attimo.
Soluzioni? Essendo il fenomeno collegato a leggi della fisica, a quelle forze inerenti alla densità della folla, inutile porsi sopra alla folla con un megafono, invitando alla “calma”. Bisogna prevenire, non reprimere. E’ quello che in effetti è stato fatto dal 2006 in poi, e con successo. Nessun incidente importante è stato rilevato da allora. Ma quest’anno sembra che i pellegrini non abbiano effettivamente rispettato le regole, come affermato dal Ministro della Salute saudita, Khaled al-Faleh. Molto è stato fatto per migliorare la gestione dei dintorni de La Mecca, così come il sito sacro: il ponte che nel 2006 fu la causa principale del dramma è diventato una struttura a più livelli permettendo di ripartire la circolazione ed effettuare il rituale riducendo i rischi di ressa da panico. Sono la logistica e le leggi della fisica gli elementi chiave per evitare ulteriori drammi, oltre ad una buona dose di buon senso tutta “umana”.