La resa di Berlusconi

È seccante doversi occupare ancora di Berlusconi.  Ma lui non si rassegna a uscire di scena. Commentando la notizia della sua partecipazione alla manifestazione “blocca-Italia” di Bologna, un impietoso commento di Repubblica parla di “resa di Berlusconi alla destra di Salvini”. Magari c’è qualcosa di prematuro, se non di semplificatorio in questo commento, come non è infrequente che accada alla corazzata lib-lab del giornalismo italiano, almeno per chi persiste a pensare che l’ex-Cavaliere non sia poi tanto sprovveduto da appiattirsi per sempre e “perinde ac cadaver”sulle posizioni della destra estrema. O per chi conti sulla sua vanità, che gli rende difficile subordinarsi a un altro capo. Ma per ora i fatti sono quelli che sono. Dopo un anno di tira e molla, il leader di Forza Italia ha scelto di accodarsi al leader della Lega, che mostra una certa capacità di raccogliere consensi. E lo fa per un’iniziativa chiassosamente populista che è del tutto sbagliata anche sul piano comunicazionale, perché di tutto il Paese ha bisogno fuorché di essere “bloccato” e Renzi ha il gioco facilissimo nel commentare sardonicamente che c’è chi l’Italia la vuole fermare  e chi (lui) la vuole spingere avanti. Come dargli torto?

Il proposito ufficiale è “riunire il centro-destra” (FI, Lega più Fratelli d’Italia; e Casa Pound?), che, andando in ordine sparso, senza dubbio perde. Sulla carta, è un calcolo giusto. Ma c’è un enorme problema. Accodandosi al duo Salvini-Meloni, non si ricostituisce il centro-destra: si fabbrica una nuova destra pura e dura, che a taluni va benissimo, ma che a moltissimi non va proprio giù, lasciando fuori invece la vasta area del centro moderato che resta maggioritaria in Italia e brancola cercando un approdo. E se non lo trova in un’autentica forza popolare, centrista, europea,  è forzata a rifugiarsi sotto le ali, se non di un PD di cui è giusto diffidare, del camaleontico Matteo Renzi, che cose di centro-destra astutamente le fa sul serio, e non senza risultati.

Da tempo penso che il solo servizio utile che Berlusconi potrebbe rendere all’Italia sarebbe di fare da levatore alla nascita nel tempo (e tempo ce n’è, visto che neppure i talibani della sinistra democratica spingono per elezioni in una fase di ripresa economica ed occupazionale) di una forza di centro-destra, che raccolga la vasta area moderata che è e si sente liberale, europea, attaccata a certi valori, ma non condivide il razzismo, gli spropositi e la volgarità leghista. Quest’area puó accettare alleanze locali con la Lega, nelle Regioni o nei Comuni, dove si deve fare buona amministrazione, non grande politica, ma diffida visceralmente di un’alleanza per le elezioni nazionali, quando la posta in gioco è più alta (per esempio l’appartenenza all’Europa) se quest’alleanza appare, come rischia di essere ora, sbilanciata a favore della Lega, che ha numeri pari a quelli di FI. Tra le altre cose, una coalizione di questo tipo non servirebbe neppure molto finché vige la legge elettorale che prevede il ballottaggio non tra due coalizioni, ma tra le due liste più votate. È evidente che FI punti disperatamente a cambiare questa clausola, ma è altrettanto evidente che né Renzi né il PD a questo punto lo accetteranno. Ed è improbabile  che la clausola sia cancellata dalla Consulta, la quale potrà forse avere a ridire sul premio di maggioranza e sulle liste parzialmente bloccate, ma non sul ballottaggio e le sue forme, che non violano alcune norma costituzionale. Per cui, se pur corretta in alcuni aspetti, è probabile che la legge elettorale in quella sua parte essenza funzioni così com’è.  A meno che Berlusconi non convinca Salvini a unirsi a FI in un listone unico (come lo chiamerebbero, Salva-Italia?). L’unico modo di evitare un ballottaggio PD-5Stelle (cioè Renzi-Grillo) che oggi pare nell’ordine delle cose, è ricostituire con pazienza, umiltà e intelligenza politica una grande forza popolare di centro-destra, sul modello tedesco o spagnolo,  capace di arrivare al secondo  turno e per la quale poi i leghisti non potrebbero che votare nel ballottaggio.

A meno che non si tratti di un’operazione a breve termine pensata in funzione delle elezioni locali di primavera, appiattirsi su Salvini allontana questa prospettiva e forse la rende impossibile.  Questo è quello che ogni persona minimamente intelligente capisce. Ma l’intelligenza politica di Berlusconi, un tempo lucidissima, si è molto appannata, e da anni viene infilzando un errore dopo l’altro. La speranza, per il bene del centro-destra e del nostro Paese, è che si ricordi dell’appartenenza di Forza Italia alla grande famiglia popolare europea, in seno alla quale a Madrid si è compiaciuto di pavoneggiarsi, a fianco di personaggi come la Merkel, Mariano Rajoy, e i nostri Mauro, Salatto, Alfano, tutta gente che con la destra leghista non ha niente a che spartire. Lí ritroverebbe i suoi alleati naturali, non nelle falangi salviniano-meloniane.  Sarebbe opera da statista, che guarda in termini strategici e pensa al futuro, non alle elezioni del mese dopo, al Paese e non ai propri  interessi e smania di protagonismo. È lecito sperarci? Confesso che non ci credo molto. Sono almeno dieci anni che l’ex-Cavaliere continua a deludere chi spera nel suo buon senso.

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