PPE, cinque soluzioni per la lotta al terrorismo
Sono settimane molto concitate per l’Unione europea, che freme e si dibatte per trovare una decisione comune per fronteggiare l’emergenza terrorismo. Si avvicendano le numerose sedute presso le diverse istituzioni UE, spesso evidenziano la disomogeneità degli intenti nei vari schieramenti politici. Mai come adesso, tuttavia, l’Europa sente forte il bisogno di una presa di posizione che sia rapida ed efficace contro le minacce insite fuori e dentro i suoi confini.
Durante il dibattito del 25 novembre sugli attentati di Parigi, il chairman del gruppo PPE Manfred Weber ha sottolineato la necessità di giungere celermente a un accordo unitario e condiviso: «Dobbiamo decidere con calma, ma essere anche risoluti nelle nostre scelte. Gli Stati membri dovranno agire con rapidità: qui al Consiglio vedo solo una scopiazzatura continua degli stessi discorsi di tempo fa. E’ arrivato il momento di tornare al lavoro». Il gruppo PPE ha formalmente presentato al Parlamento europeo la propria proposta di riforma, evidenziando cinque cambiamenti mirati a rafforzare la cooperazione interna ed esterna all’UE.
Al primo punto, il PPE propone il completamento della legislazione UE sui big data, per avere una reale consapevolezza sull’identità dei soggetti in entrata e in uscita dal territorio europeo: a tal fine, è necessario confermare entro dicembre 2015 la direttiva sul Passenger Name Record, imponendo alle compagnie aeree di fornire i dati dei viaggiatori anche all’interno del territorio dell’Unione; una revisione è necessaria anche sulla direttiva sulla protezione dei dati, per verificare se questa possa interferire sulla libertà di indagine e scambio informazioni delle forze dell’ordine; e infine la spinta verso una cooperazione più efficace con i provider di servizi internet e social media, per la rimozione di contenuti online illeciti e l’intercettazione di reti segrete del movimento jihadista.
La seconda proposta riguarda il rafforzamento delle agenzie europee di difesa: l’Europol e Frontex hanno urgente bisogno di maggiori risorse finanziarie affinché possano aumentare l’efficacia dei controlli e degli equipaggiamenti tecnici, spesso inadeguati per la gestione dei flussi di migranti e dell’investigazione su criminali in fuga.
Una grossa fetta della riforma è costituita dal terzo pilastro, incentrato sulla legislazione contro il terrorismo: in particolare, sono previste azioni mirate per prevenire la radicalizzazione di radice islamista nelle prigioni e su internet, con un programma rieducativo e una migliore integrazione che limiti in futuro il fenomeno dei foreign fighters. Sul traffico illecito delle armi serve un aggiornamento della direttiva esistente, insieme ad operazioni di blocco del mercato di contrabbando, soprattutto in Belgio e nei Balcani occidentali. A queste proposte se ne aggiungono numerose altre a completamento della strategia anti-terrorismo: la preparazione di una lista nera europea delle organizzazioni terroristiche, incluse quelle di matrice salafita; un potenziamento dei servizi di intelligence inter-statali per lo scambio di informazioni confidenziali; il supporto alle vittime del terrorismo e ai loro familiari; l’operatività del TFTP o Terrorist Finance Tracking Programme, un sistema di tracciamento delle transazioni finanziarie dei gruppi jihadisti.
Il quarto punto verte sulla revisione delle regole interne al protocollo di Schengen, per un più efficace coordinamento dei controlli nelle frontiere interne: si tratta di uno dei temi che più stanno suscitando gli scontri politici, per via di chi pensa si tratti della fine della libera circolazioni di merci e persone in Europa; il PPE ritiene invece essenziale stringere adesso la morsa sui percorsi di fuga dei terroristi dentro il continente. Fondamentale anche una registrazione di ogni singolo migrante in arrivo, con misure coercitive di espulsione immediata in caso di rifiuto. L’idea di base è dunque quella di costruire dei “confini intelligenti”, con servizi di schedatura e controllo pienamente funzionali.
L’ultima parte della proposta, forse quella più politicamente scottante, si focalizza su una nuova impostazione delle relazioni esterne dell’Unione europea con la NATO, la cooperazione con la Turchia e i cosiddetti “paesi terzi”, un intervento militare più consistente in Siria per una transizione politica più efficace.
Nonostante si tratti di una serie di suggerimenti più o meno condivisibili dalle diverse aree politiche, è indubbio come il gruppo PPE abbia lavorato a fondo per promuovere una comune azione di intervento per dare il via alla lotta contro il terrore organizzato.
Un Commento
Caro Vinci, il Suo è un articolo estremamente utile e informativo, di quelli che si leggono raramente nella nostra stampa. Una domanda, però: Lei parla, al quinto punto, dei rapporti dell’UE con la NATO, tema che mi ha occupato per molto tempo, sia come Capo del Segretariato della Coop. Politica Europea sia come Ambasciatore alla NATO, e che continuo a ritenere essenziale. Puó dirmi di piú sulla proposte dei PP su questo punto? Grazie. Suo GJ