ISTAT: sale fiducia consumatori, scende quella del commercio

La fiducia dei consumatori sale, la manifattura scende. L’indice Istat relativo al mese di novembre tocca i 118,4 punti, si tratta del livello più alto mai registrato dall’inizio delle serie storiche, oltre 20 anni fa, ossia dal gennaio 1995. A ottobre si fermava a 117 punti, il mese dopo ha superato la soglia di oltre un punto. Gli attentanti di Parigi dello scorso 13 novembre hanno inciso “solo in minima parte”, fa sapere l’Istituto nazionale di statistica, perché la rilevazione è concentrata sui primi quindici giorni del mese. La fiducia delle imprese resta sostanzialmente stabile, mentre scende nella manifattura e nel commercio al dettaglio.

Insomma i commercianti sperano in un Natale più ricco. L’indice sulla fiducia dei consumatori è motivo di ottimismo: dopo otto anni i consumi di Natale potrebbero tornare a far registrare il segno più. Lo afferma il Codacons in una nota, dove osserva che i dati dell’Istat confermano le indagini dell’associazione su un maggiore ottimismo delle famiglie e su una possibile ripresa dei consumi in vista delle festività. Il clima di maggior positività “si riflette in modo diretto sulla propensione alla spesa e sull’intera economia nazionale”, commenta Carlo Rienzi, presidente del Codacons.

L’indice sulla fiducia dei consumatori italiani acquisisce maggior valore se comparato con il resto d’Europa. L’indice Esi della Commissione europea resta fermo a quota 106,1 punti, mentre nella Ue scende di 0,1 punti a quota 107,6. La nota dell’Istat sulle imprese fotografa “una sostanziale stazionarietà” a novembre, con un valore che resta praticamente lo stesso (107,1). Il motivo è legato al cattivo andamento dei mercati emergenti e il quadro internazionale di tensione che, inevitabilmente, incidono negativamente sull’export, comparto da sempre trainante dell’economia italiana e nello specifico delle imprese manifatturiere.

L’Istat taglia l’indice di crescita: dallo 0,9 per cento ipotizzato dal Tesoro allo 0,7 per cento (poi passato nelle ultime ore, a fronte di calcoli più ponderati, allo 0,8 e, per i malpensanti, su sollecitazione del Premier per avvicinarsi alle stime del Governo). Sta di fatto che, tradotto in soldoni, circa 3 miliardi di euro in meno. Nell’ultima nota mensile l’Istituto di statistica sottolinea che “la crescita ottenuta dal confronto tra i dati trimestrali corretti per i giorni lavorativi del 2015 che includono la previsione per il quarto trimestre, con quelli del 2014 è pari allo 0,7 per cento”, si legge. Il premier Renzi, comunque, resta ottimista: “A ottobre 2014 la disoccupazione era al 13 per cento, oggi è scesa all’11,5 per cento. Ci sono più di trecentomila italiani al lavoro da quanto il governo ha imboccato la strada del Jobs Act”.

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