Noi e l’Europa

Da un po’ di tempo, Renzi viene dando segni di insofferenza verso l’Europa e i limiti che essa impone in materia economica e finanziaria e verso la Germania che insiste per farli rispettare. Questa insofferenza si è trasformata, nell’ultimo vertice di Bruxelles, in uno scontro  abbastanza pubblicizzato con la Cancelliera Merkel. Niente di nuovo: sono anni che da varie parti si inveisce contro le Autorità di Bruxelles e contro la perfida Cancelliera, origine di tutti i mali, araldi di un rigore che non tiene conto delle reali esigenze della gente. E su questi sentimenti speculano, non solo da noi, tutti quei dissennati che vorrebbero riportare indietro la storia dell’Europa alle sue epoche più oscure, a quelle dei conflitti nazionali che sfociavano in guerre fratricide. Ah, quanto piacerebbe ai vari Salvini, dimenticando il loro anti-nazionalismo fino a ieri vigente e oggi convenientemente messo tra partentesi, guidare una specie di riscossa patriottica contro i cattivi geni di Bruxelles, sull’esempio della signora Le Pen! Non basta loro il razzismo, occorre anche una xenofobia generalizzata e fa comodo sventolare la bandiera patria fino a qualche tempo fa disprezzata e bruciata.

Non è che nelle critiche all’Europa non ci sia qualcosa di vero: Bruxelles interpreta la sua funzione in senso talvolta eccessivamente restrittivo. Ma non vanno dimenticate due cose: tutti i limiti e controlli che ci vengono “imposti” nascono da Trattati che abbiamo liberamente sottoscritti e dei quali ci siamo anzi fatti paladini. Ed essi non sono frutto di casualità o capriccio, ma rientrano in un disegno complessivo: non ci sarebbe moneta comune (con tutta la forza che essa ci dà e le immense economie che ci fa fare in termini ad esempio di tassi d’interesse), non ci sarebbe la BCE con i suoi interventi salvifici, se non ci fosse disciplina di bilancio. Non ci sarebbe libero scambio di merci, capitali e persone, con la gran forza che essa conferisce al nostro Continente, senza le regole che proteggono la libera concorrenza. E, l’ho scritto, lo ripeto, lo ripeterò fino alla sazietà: senza Unione Europea, i paesi europei, compreso il nostro, sarebbero nani tra giganti, esposti a tutti i venti della speculazione e a tutti gli alti e bassi dell’economia.

Le sa queste cose Matteo Renzi? Credo di sì, e se così non fosse la gente sensata, a cominciare da chi si richiama alla grande area popolare, dovrebbe ricordarglielo con forza. Per ora, credo che il Premier dia sfogo a qualche frustrazione, ma sappia bene quali sono i limiti della polemica. Volere un’Europa meno burocratica, più solidale, più flessibile, va bene. Richiamare ogni tanto Angela Merkel alla modestia va bene. Ma mettersi su posizioni petulanti e, peggio ancora, di rottura, può solo fare gravi danni all’Italia. Tra le cose che Renzi ha detto al vertice di Bruxelles c’è una parte di vero, ma litigare con la Germania, motore economico dell’Europa, è una sciocchezza. Mi auguro proprio che Renzi, che non è uno stupido, trovi presto il modo, in un faccia a faccia con la Cancelliera tedesca, di superare le polemiche e trovare un terreno d’intesa su tutto quanto ci interessa. Perché la Germania non può pensare di dirigere da sola la politica europea. Ma senza o contro la Germania, in Europa non si va da nessuna parte.

Alcuni giorni fa, la Repubblica ha pubblicato una lettera firmata dai Ministri degli Esteri d’Italia e di Gran Bretagna, che non ha avuto nel resto dei media alcun rilievo. Il titolo era “Lavoriamo insieme per un’Europa migliore”. La lettera contiene una preziosa ammissione: Londra e Roma hanno, sul divenire europeo, vedute diverse. È buono a sapersi. Spero proprio che il Governo italiano non si  allontani da quasi sessant’anni di politica integrazionista per sposare l’euroscetticismo britannico, che minaccia addirittura di sfociare nel “brexit”. I due Ministri dichiarano peraltro che vi è ampio spazio per un lavoro in comune, per migliorare il sistema europeo, renderlo più flessibile, più vicino alla gente. Cercare la sponda inglese per far fronte, alle volte all’asse franco-tedesco, alle volte alla sola Germania, è una tentazione che rincorre di tanto in tanto la nostra diplomazia. La coltivò a suo tempo Gianni De Michelis. E non è detto che non sia alle volte utile appoggiarsi su Londra per ottenere cose che ci interessano in Europa. Ma ce n’è sempre un rischio: gli inglesi sono abili manipolatori, pronti ad allearsi a chiunque rafforzi le loro posizioni arretrate in materia di integrazione. Ora, in particolare, a Londra interessa assicurarsi qualche alleato nei negoziati avviati per ottenere lo status speciale (cioè i privilegi) che permetterebbe alla Gran Bretagna di rimanere nell’Unione. Ma spero che il nostro Ministro Gentiloni non si faccia illusioni: un avvicinamento a Londra può servire solo come una mossa tattica, limitata nello scopo e nel tempo. Le rispettive strategie sono – o almeno voglio credere che siano – del tutto diverse. I nostri alleati naturali per un corretto divenire europeo sono, o dovrebbero essere, soprattutto la Germania e la Francia.

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