Cronache dai Palazzi

Il ddl sulle unioni civili continua ad infiammare il dibattito politico, mentre il disegno di legge Boschi di riforma costituzionale ha superato la quarta lettura dell’Aula di Montecitorio con 367 sì, 194 no e cinque astenuti. La riforma costituzionale prevede, tra le altre cose, nuove funzioni e diversi componenti per il Senato, l’eliminazione del Cnel e l’abolizione definitiva delle Province, una nuova formula per l’elezione del presidente della Repubblica e dei giudici della Corte Costituzionale. Approvato nella medesima forma sia dalla Camera sia dal Senato al ddl Boschi occorre ancora un’altra votazione per ciascun ramo del Parlamento, un “sì” o un “no”, senza poter presentare altri emendamenti e attuare ulteriori modifiche. Il testo approderà a Palazzo Madama intorno al 20 gennaio mentre è atteso a Montecitorio, per l’ultimo voto, non prima della metà di aprile. L’ultimo step è previsto infine per ottobre 2016, quando il ddl Boschi – e quindi la riforma costituzionale – sarà sottoposto a referendum confermativo.

Per quanto riguarda il ddl Cirinnà, invece, la strada sembra tutt’altro che spianata. Continua il fronteggiamento tra conservatori e progressisti, anche all’interno del Partito democratico dove i cattolici dem resistono alla stepchild adoption, coagulandosi attorno alla proposta di emendamento – avanzata dai senatori dem Lepri, Fattorini e Di Giorgi – che prevede l’affido rafforzato: “Può essere disposto l’affidamento personale del minore alla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso quando lo stesso è figlio, anche adottivo, dell’altra parte dell’unione civile e il genitore biologico estraneo all’unione civile sia sconosciuto, deceduto o decaduto dalla responsabilità genitoriale”.

Il partito di Berlusconi voterebbe un compatto “no” al ddl Cirinnà ma accanto a coloro che si oppongono in maniera più conservatrice alla adozione per le coppie omosessuali – contestando nel contempo un eccessivo adattamento degli articoli/diritti previsti per il matrimonio alle coppie dello stesso sesso – vi sono coloro che vorrebbero un partito più aperto, schierato su posizioni dichiaratamente laiche in quanto “liberali”.

“Una cosa sono le unioni civili – afferma ad esempio Mariastella Gelmini -, altra questa legge che le omologa al matrimonio e prevede l’adozione per le coppie omosessuali”. Invece per Stefania Prestigiacomo, schierata con i più progressisti, “è vero che questa è una legge imperfetta” ma non si può “apparire chiusi”, lasciandosi “schiacciare su posizioni di retroguardia”. Per la Prestigiacomo è comunque da apprezzare la volontà del leader azzurro di concedere la “libertà di coscienza” su un tema così delicato. In effetti sul ddl Cirinnà c’è un gruppo di parlamentari azzurre predisposte a votare “sì” anche semplicemente per dare “un segnale”, approvando una legge simbolica ed emblematica, seppur “imperfetta”, che segna un’apertura importante sul tema dei diritti. Forte della compattezza dei suoi, Berlusconi avrebbe comunque affermato: “Sia chiaro, noi siamo favorevoli alle unioni civili, ma contrari al ddl Cirinnà”. Votando “sì” si concederebbe in pratica “un enorme aiuto” a Renzi, rischiando inoltre di spaccare il fronte del centrodestra all’interno del quale Lega e Fratelli d’Italia sono chiaramente contro la legge. In ballo quindi ci sono equilibri di coalizione oltrechè equilibri di partito. Anche se un partito che si dichiara “liberale” non può, per forza di cose, chiudersi di fronte ai temi etici.

Il disegno di legge sulle unioni civili approderà in aula il 28 gennaio e non più martedì 26. Uno “slittamento tecnico”, come dicono all’interno del Pd, che avrebbe la funzione di “armonizzare il calendario”. A far saltare il cronoprogramma di Palazzo Chigi sarebbe stata la “Nota sul ddl Cirinnà” con cui  37 deputati dem chiedono che l’articolo 5 (stepchild adoption) “sia stralciato e rinviato ad una riforma più organica degli istituti paragenitoriali”. Contestati inoltre i “rimandi pedissequi” (artt. 2,3 e 4) alle norme del Codice civile sul matrimonio “considerato nella sua accezione costituzionale”, anche se il fulcro della battaglia rimane l’adozione.

Il dibattito sulle unioni civili e i diritti ad esse correlati spacca quindi il Partito democratico a caccia di un compromesso non facile. Non a caso il capogruppo Zanda ha già fissato due riunioni sul testo Cirinnà prima del suo approdo in Aula, una il 19 e l’altra il 26 gennaio, con l’obiettivo di individuare per i dem una linea comune, e con l’auspicio di usare “tutta la prudenza e l’equilibrio” necessario. “La materia è molto complessa e viene affrontata con sensibilità diverse”, ha ammesso comunque il capogruppo dem, sottolineando inoltre l’importanza di “rafforzare il contrasto al ricorso all’utero in affitto”. Così come è ora il ddl Cirinnà riconosce in pratica le unioni civili omosessuali definendole “specifica formazione sociale”, ossia due persone dello stesso sesso potranno dichiarare la loro unione all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni. Tra i diritti previsti l’assistenza ospedaliera e la reversibilità della pensione.

Il primo obiettivo di Renzi sarebbe comunque la riforma costituzionale, mirando ad assicurarsi il ddl Boschi e i 161 voti necessari per incassare la riforma, e solo poi discutere con le varie minoranze – all’interno del proprio partito e con i centristi – di eventuali posizioni all’interno delle commissioni e nel governo, mettendo in pratica una mini “ristrutturazione” dell’esecutivo: definizione utilizzata dal premier per sfuggire all’utilizzo del termine “rimpasto”, anche perché per Palazzo Chigi si tratterebbe di posti vacanti da riempire e non di vere e proprie poltrone da occupare.

Solo dopo tutto ciò Renzi affronterà il dibattito sulle unioni civili. Le opposizioni denunciano così “l’evidente proposta di voto di scambio” finalizzata a “garantirsi i 161 voti e a mettere in sicurezza il ddl Boschi e barattarlo con qualche posto nelle commissioni”. La priorità quindi spetta alla riforma del bicameralismo che andrà in Aula per l’ultima volta a Palazzo Madama il 19 e poi il 20 gennaio. Il calendario prevede inoltre per il 21 l’elezione dei nuovi presidenti nelle commissioni Giustizia e Lavori Pubblici (una poltrona andrà al Pd e l’altra al Ncd), il  26 la mozione di sfiducia sulle banche e, solo alla fine del mese, il 28, il dibattito sulle unioni civili. Il voto definitivo sul ddl Cirinnà potrebbe magari slittare ancora estendendosi al di là del Family day, previsto per il 30 gennaio, anche se il premier sembra escludere questa strada e insiste sul fatto che le unioni civili non sono materia di governo, escludendo quindi anche eventuali contrapposizioni dei centristi.

Nel frattempo Angelino Alfano ha comunque ribadito la completa contrarierà del Nuovo centrodestra alla stepchild adoption e più in generale al ddl Cirinnà: “Il tema delle adozioni deve restare fuori da questa legge, se rimane una fotocopia del matrimonio noi non possiamo votare sì”. Renzi continua invece a sottolineare che si tratta di una legge “da Paese civile” e, inoltre, “è una questione di serietà” andare in Aula con il testo così com’è senza alcuno stralcio all’articolo 5, ossia senza alcuno strappo alla stepchild adoption che rappresenta il fulcro dello scontro bipartisan. In effetti non è facile prevedere come finirà in Aula, con il voto segreto e la “libertà di coscienza”, ma è un rischio che il governo deve correre. In pratica non si sa come voteranno alla fine i cattolici dem, oppure quelli di Forza Italia o anche i grillini che pubblicamente dicono di essere d’accordo. “Però una legge va fatta senza meno, non possiamo continuare così”, insiste il presidente del Consiglio. L’Italia si trova in una “situazione vergognosa che ci vede isolati rispetto alle altre democrazie occidentali”, ha sottolineato Renzi considerando la legge sulle unioni civili un passo importante nel processo di modernizzazione del Paese. I pericoli più insidiosi in realtà sono nascosti all’interno dei Partito democratico, che appare ancora una volta estremamente diviso. Le avanzate dei cattolici dem alimentano la tensione e subentra il sospetto che la battaglia non si ferma alle unioni civili, bensì proseguirà anche nelle prossime sfide sui diritti, come ad esempio a proposito di eutanasia: per la prima volta si discuterà un ddl sul fine vita, in calendario a marzo alla Camera.

In definitiva l’accusa delle opposizioni è quella di aver forzato la riforma del Senato in cambio di alcune poltrone all’interno delle presidenze e di lasciare la legge sulle unioni civili nell’angolo. “È un classico caso di do ut des, voto di scambio”, insiste Sel, mentre la Lega osa con la parola “ricatto”. In verità potrebbe trattarsi di semplici mosse preventive, anche per evitare scontri a fuoco all’interno di una maggioranza tutt’altro che coesa. Per la squadra di Renzi l’essenziale è incassare la riforma del bicameralismo. Per il resto, data l’insidiosità del tema e il grado di polemicità offerto da certi argomenti, i tempi si riveleranno probabilmente molto più lunghi del previsto. Non è un caso, infine, che la “ristrutturazione” dell’esecutivo e il voto per le presidenze nelle varie commissioni  –  il cui primo obiettivo è rinsaldare i rapporti con i centristi e minoranza dem – siano stati calendarizzati il giorno seguente al responso di Palazzo Madama sulle riforme.

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