Olio d’oliva, produzione e fatturato record ma le frodi persistono

Nell’anno appena trascorso la raccolta delle olive ha raggiunto un 30% in più rispetto al 2014, con una qualità ottima per l’andamento climatico favorevole. La campagna olivicola  ha messo in moto un settore che può contare su un patrimonio di circa 250 milioni di piante su 1,1 milioni di ettari di terreno, con un fatturato che quest’anno ha raggiunto il valore record di 3 miliardi di euro ed un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative. Questi numeri fanno dell’Italia il secondo produttore mondiale dopo la Spagna, ma anche il primo paese per numero di oli Dop (Denominazione di origine protetta), ben 43 tipi.

L’extravergine fresco del nuovo raccolto esprime al meglio le note proprietà organolettiche, antiossidanti e nutrizionali che tendono a deperire nel tempo. La  produzione 2015 è arrivata a circa 400mila tonnellate, pur rimanendo sotto la media storica (intorno alle 500mila tonnellate), in compenso la qualità delle olive è ottima.

Il problema è che la scarsa produzione del 2014, dovuta al pessimo andamento climatico di quell’estate, ha portato all’importazione di olio dall’estero con l’arrivo di 321mila tonnellate di olio straniero, con un vero e proprio boom dalla Tunisia, dove le importazioni sono addirittura cresciute del 748% nel giro di un anno.

Una situazione che rischia di peggiorare ulteriormente, dopo il via libera annunciato dalla Commissione Europea all’aumento del contingente di importazione agevolato di olio d’oliva dal Paese africano verso l’Unione Europea fino al 2017, aggiungendo ben 35mila tonnellate all’anno alle attuali circa 57mila tonnellate, senza dazio, già previsti dall’accordo di associazione UE-Tunisia.

In questo modo aumenta il rischio che vengano spacciati come Made in Italy prodotti di altri Paesi. Un vera e propria frode, ai danni dello stesso Made in Italy,  è stata comminata dai grandi marchi italiani, ovvero, Carapelli, Santa Sabina, Bertolli, Coricelli, Sasso, Primadonna (nella versione confezionata per la Lidl) e Antica Badia (per Eurospin), alcuni recentemente acquisiti da gruppi stranieri, attualmente accusati di aver messo in vendita come extravergine quello che in realtà era semplice olio di oliva, meno pregiato.

L’Italia, oltre ad essere tra i primi produttori, è  anche il primo importatore mondiale di oli di oliva che vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri. Un comportamento che favorisce le frodi che vanno combattute anche con l’applicazione della disciplina del settore.

Nonostante l’esistenza di un rigoroso quadro normativo definito con la legge 9 del 2013 che ha introdotto importanti misure per la trasparenza nel settore, occorre denunciare una diffusa disapplicazione delle norme previste a partire dal mancato controllo di regimi di importazione che non consente di verificare la qualità merceologica dei prodotti. Inoltre mancano ancora i controlli per la valutazione organolettica del prodotto che consentirebbero di distinguere e classificare gli oli extravergini d’oliva individuandone le caratteristiche.

Insomma un comparto da risistemare, a cui dare nuovo valore perché è, senza dubbio, rilevante per il settore agroalimentare italiano.

©Futuro Europa®

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