Italia delle Regioni

Dieci Regioni che avevano depositato i quesiti referendari anti-trivelle  nel mare Adriatico per la ricerca di idrocarburi: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise.   Queste regioni oggi sono in attesa della decisione della Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulle modifiche apportate dal governo.   Intanto Angelo Bonelli, della Federazione dei Verdi denuncia: “Il Ministero dello Sviluppo Economico ha autorizzato le ricerche di petrolio di fronte ad uno dei gioielli ambientali più importanti d’Europa: le isole Tremiti”.

Regioni e No Triv non si sono arrese:  sei delle dieci Regioni promotrici del referendum anti-trivelle  per la ricerca di idrocarburi nel mare Adriatico intendono sollevare il conflitto di attribuzione con il Parlamento: si tratta di Basilicata, Sardegna, Veneto, Liguria, Puglia e Campania. La parola sull’ammissibilità del referendum è passata alla Corte Costituzionale che deve  pronunciarsi in questi giorni. Gli attivisti puntano anche alla bocciatura da parte della Consulta delle modifiche apportate a fine anno al decreto Sblocca Italia in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi in mare.

Il referendum anti-trivelle va avanti. La Cassazione trasferisce sulla nuova normativa entrata in vigore con la Legge di Stabilità il sesto quesito promosso da dieci Regioni, quello sulle estrazioni in mare e sulla durata del giacimento. Altri due erano stati in parte recepiti dalle modifiche approvate in Parlamento ed entrate in vigore con la Legge di Stabilità. Nulla di fatto però per il secondo e il terzo quesito (sulle proroghe dei titoli già concessi e sul piano estrazioni).

Dopo le modifiche volute dal governo, approvate dal Parlamento e introdotte dunque con la Legge di Stabilità 2016, l’Ufficio centrale per i referendum presso la Corte di Cassazione – che il 26 novembre scorso aveva dichiarato conformi alla legge i sei quesiti referendari contro le trivellazioni come riportato dal Comitato per i Referendum No Triv – ha stabilito che solo uno di essi mantiene i requisiti.  Vengono dichiarati inammissibili i referendum che investono norme dello Sblocca Italia (tre dei quali già accolti nella Legge di Stabilità), mentre è ammesso quello che riguarda misure del decreto Sviluppo sul divieto di trivellazioni per l’estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia marine.

L’ordinanza della Corte di Cassazione è stata recentemente depositata, come riferito  dal Comitato promotore e richiamato da Il Fatto Quotidiano.   Il Parlamento aveva approvato la modifica della norma del codice dell’ambiente che consentiva la conclusione dei procedimenti in corso, prevedendo però che i permessi e le concessioni già rilasciati non avessero più scadenza. Né si chiariva che i procedimenti in corso dovessero ritenersi definitivamente chiusi e non solo sospesi. La Cassazione ha ora ammesso che la modifica del Parlamento non soddisfa la richiesta referendaria. “Aver riammesso il quesito – spiega il costituzionalista Enzo Di Salvatore, coordinatore del movimento No Triv – comporta che, in caso di esito positivo del referendum, occorrerà rispettare la volontà dei cittadini”.

Dall’abrogazione referendaria deriverà un vincolo per il legislatore che non potrà rimuovere il divieto di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia. “Ma ne deriverà  – spiega il costituzionalista – anche l’obbligo per la pubblica amministrazione (il ministero dello Sviluppo economico) di chiudere definitivamente i procedimenti in corso, finalizzati al rilascio dei permessi e delle concessioni”.

Relativamente ai quesiti dichiarati inammissibili, per il presidente del consiglio regionale della Basilicata Piero Lacorazza “rimane aperto il nodo del piano delle aree e della proroga dei permessi di ricerca e coltivazione non accolti dalla Corte di Cassazione”.    I Comitati No-Triv si aspettano la bocciatura delle modifiche apportate al decreto Sblocca Italia. Per arrivare a questo sei Regioni hanno sollevato davanti alla Consulta un conflitto di attribuzione rispetto al Parlamento. Se la Corte desse ragione ai promotori, potrebbero essere annullate le due modifiche legislative apportate dal governo e ripristinata la vecchia normativa sulle proroghe e sul piano. “Se la Corte ammetterà il conflitto e deciderà che vi è stata effettivamente elusione dei quesiti sulla durata dei titoli e sul piano – conclude il costituzionalista  Di Salvatore – la sua decisione sarà in condizione di annullare le modifiche del Parlamento su questi due punti”.  Se così fosse il referendum si potrà celebrare su tre quesiti (anche sul secondo e sul terzo): il mare, la durata dei permessi e delle concessioni e il piano delle aree.

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