Muri, anche questione di business

Antifaschistischer Schutzwall o Barriera di Protezione Antifascista era il nome ufficiale del Muro di Berlino, divise in due la città di Berlino per 28 anni, dal 13 agosto del 1961 fino al 9 novembre 1989. Divenne, oltre che oggetto di una infinita serie di films e romanzi spy-story, il simbolo della Cortina di Ferro e della divisione fra i popoli. Quando cadde un tumulto di gioia invase tutto il mondo, il suo abbattimento divenne l’icona della riconquista della libertà e della pacificazione, l’unione fra diversi popoli, in questo caso addirittura fra lo stesso, issato a vessillo dell’unione e della partecipazione.

Quel giorno sicuramente nessuno avrebbe potuto immaginare che da allora sarebbero stati costruiti oltre 8.000 km. di muri nuovi, da quello di Bern nel Sahara occidentale eretto dal Marocco a difesa dei territori strappati al popolo Saharawi, a quelli che stanno nascendo come funghi in Europa. Le nuove rotte dei migranti passano per i Balcani, considerata una rotta più sicura dei barconi alla deriva nel Mediterraneo. Alfiere della “Fortezza Europa” è il il governo ultra-nazionalista guidato dal premier Orbàn al potere in Ungheria, questi sta innalzando una fortificazione per evitare che i fuggitivi dalle zone di guerra mediorientali, dalla Siria all’Afghanistan, entrino in Europa attraverso il confine meridionale fra la Serbia e l’Ungheria. Il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, ha comunicato che il muro sarà alto 4 metri e correrà lungo i 175 km di confine tra Ungheria e Serbia. Una scelta dettata dall’urgenza della questione migratoria che ha fatto schizzare le richieste d’asilo dall’inizio del 2015 a più di 50 mila, “contro le 43 mila di tutto il 2014”

Sembrano lontane le note dell’Ode an die Freude di Ludwig van Beethoven che suonava nell’anniversario della caduta del muro di Berlino, una barriera che era stata innalzata per impedire le “uscite”, mentre adesso i muri vengono eretti per impedire le “entrate”. Un trend che ha fatto dire al Washington Post che l’Unione Europea si sta trasformando nella “Fortezza Europa”, dimostrando l’incapacità di mettere in atto politiche efficienti e funzionali per gestire l’emergenza migranti. Il regolamento di Dublino, nella sua triplice estensione, nacque per gestire una quantità di migranti marginale rispetto al fabbisogno odierno, un timing di 10 mesi per la procedura di richiesta di asilo politico è chiaramente incompatibile con le migliaia di profughi in arrivo.

“La paura fa 90” recita la smorfia napoletana, ma in questo caso il numero è molto più alto fermando l’asticella a 14 miliardi di dollari, che è il fatturato globale del settore della perimeter protection l’anno scorso, con previsioni di arrivare a 21 miliardi dollari entro il 2020 pari ad un incremento del 7 per cento annuo. Non si parla più di semplice muri e filo spinato, alla Quickfence di Norimberga si sono visti sensori a fibre ottiche collegati a telecamere a circuito chiuso, cannoni caricati a polvere di paprika, robot da guardia. La barriera di metallo ed inferriate di oltre mille chilometri lungo la frontiera fra Turkmenistan, Afghanistan e Iran è costata 5 milioni e mezzo di euro.

Una eventuale elezione di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti porterebbe alla costruzioni di barriere difensive in stile Hunger Games al confine con il Messico secondo le dichiarazioni del miliardario ultra-conservatore, nuovi affari in vista per manufatti che mai avremmo voluto vedere.

©Futuro Europa®

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