Trivelle elettorali

L’idea di sforacchiare il Bel Paese in cerca di petrolio non piace agli Italiani: a dimostrarlo è il blocco ad Ombrina e altre 26 ‘trivelle’, deciso dal governo nel pieno della campagna elettorale per le amministrative che preoccupano Renzi. Il ‘blocco’ all’ormai famoso impianto Ombrina e ad altri 26 già autorizzati entro le 12 miglia è formalmente un ‘rigetto’ dei 27 progetti da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, ed è un gesto incompleto perché non riguarda tutte le trivelle in arrivo, e non definitivo perché non esclude altre trovate pro-trivelle a elezioni concluse. E tuttavia è un atto importante, perché riconosce all’avversione ai pozzi di petrolio una vittoria politica reale. Il ‘beau geste’ renziano riguarda solo alcuni dei tanti impianti in questione, quelli più simbolici: ma se Renzi nasconde sotto il tappeto le trivelle più ‘mediaticamente’ ingombranti, vuol dire che teme il giudizio degli Italiani sulla spinosa questione. Insomma, che è ben consapevole di aver agito, da non eletto, indifferente alla volontà popolare; e che ora che la deve affrontare rischia di esserne condannato.

Canta vittoria politica il fronte ‘No-Triv’. Che non è più solo quello popolare, quello dei cittadini imbestialiti delle regioni adriatiche, dei comitati organizzatori delle manifestazioni di piazza e degli imprenditori del turismo e della green economy minacciati dal petrolio: ma che è anche quello delle associazioni ambientaliste, Wwf,  Legambiente e Greenpeace in testa. Le associazioni, come la ‘base popolare’, non si sono accontentate del gesto formale del Governo e hanno chiesto una moratoria per fermare qualsiasi tipo di estrazione di idrocarburi. Donatella Bianchi, presidente del WWF Italia, ha ricordato infatti che “il problema è ancora aperto”, basti pensare alle trivelle nel canale di Sicilia e di fronte alle isole Tremiti, ed ha chiesto al governo di “abbandonare la via del petrolio”. “Il governo dimostri impegno e trasparenza anche per la tutela del mare oltre le dodici miglia con una moratoria che blocchi qualsiasi autorizzazione a mare e a terra”, ha rincarato la dose la presidente di Legambiente, Rossella Muroni. Ed  il responsabile della Campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia Andrea Boraschi ha affermato che quella del referendum sulle trivelle non è stata spenta dalla mossa del governo ma “rimane una partita aperta”.

Accanto alle associazioni è nato un fronte interpartitico, trasversale: un fronte chiaramente alternativo, almeno nelle singole partecipazioni, alla compagine di governo. In una conferenza stampa alla Camera, il ‘Partito No-Triv’ ha spiegato l’importanza del fatto che il referendum sulle Trivelle venga celebrato insieme alle Amministrative in un unico election day. Per risparmiare 350 milioni, ha spiegato il presidente di Univerde Alfonso Pecoraro Scanio, per il quale “andare alle urne serve per chiudere del tutto la questione”; ma non solo. C’è rischio che il Governo miri a trattare col bromuro l’avversione popolare alle trivelle: per Serena Pellegrino, di SI-Sel e prima firmataria di una mozione pro-election day firmata da altri 50 parlamentari, “è evidente che questo Governo teme il referendum e al contrario vuole trovare una norma per disinnescare la competizione referendaria”. Per Pecoraro Scanio “il governo italiano dovrebbe prendere esempio da quello croato che ha chiesto una moratoria su esplorazione ed estrazione degli idrocarburi, gas e petrolio nell’Adriatico, dichiarando lo stop definitivo alle trivellazioni petrolifere, senza trucchi”. Ora, il coordinamento ‘No-Triv’ invoca il referendum “per bloccare anche le concessioni in corso”. Per il presidente di Univerde “per chiudere del tutto la questione serve andare alle urne, e serve farlo con “un election day a giugno insieme alle comunali”.

Il referendum sulle Trivelle insieme alle Amministrative? Tanto di parlamentari che lo chiedono? Bisogna essere renziani per vederci dentro la ‘vecchia politica’ o definirla ‘strumentalizzazione’; perché il fatto che degli eletti sostengano una battaglia degli elettori, e per giunta nei confronti di un governo non eletto che sul tema ha preso una iniziativa impopolare, può far arricciare il naso solo alla luce della innovativa interpretazione renziana della democrazia. Di sicuro, il ‘peso’ degli eletti no-triv è un grosso aiuto nel contrastare il meccanismo pro-triv ereditato e potenziato dall’ultimo governo e mirato a trivellare il Bel Paese. E di certo il ‘Partito no-triv’ non è da sottovalutare: c’è semmai da sorprendersi che non sia partecipato da eletti di tutti i gruppi politici: evidentemente attenti più al colore degli schieramenti che alla validità dei contenuti, e magari in qualche caso attratti dal nero del petrolio.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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