Presidenziali USA, dopo l’Iowa nulla è scontato
Né i democratici, con Hillary Clinton appena poco avanti a Bernie Sanders, né i repubblicani hanno coronato il loro favorito. La situazione si fa sempre più confusa.
Sicuramente quella di quest’anno è una campagna fuori dal comune. Tutto, dall’inizio di questa corsa alle primarie, è andato contro ogni previsione. Solo un anno fa, Jeb Bush sembrava avere l’investitura in mano. Aveva confezionato un programma dettagliato, raccolto milioni di dollari di contributi e aveva con lui tutto il Partito. Ma, molto velocemente, una serie di candidati molto a destra come il senatore del Texas Ted Cruz, giovani e senza esperienza come Marco Rubio, vedi assurdamente strampalati come Ben Carson, il neurochirurgo che sembra sempre in catalessi durante i dibattiti, o furbescamente populisti come Donald Trump gli sono passati avanti. Se è vero che ci sono sempre personaggi bizzarri nelle primarie, solitamente spariscono in fretta e i repubblicani si schierano docilmente dietro al candidato prescelto dalla direzione del Partito. Non quest’anno, sicuramente per l’umore sovversivo dell’elettorato. Conferma di queste anomalie arriva dall’Iowa, piccolo Stato rurale dall’importanza smisurata nel calendario elettorale americano che per i candidati alla casa Bianca può risultare essere terra di crudeli delusioni o di momenti di gloria carica di speranza: Sanders è ai calcagni della favorita Hillary Clinton e Ted Cruz ha vinto contro Trump. Ma la battaglia non è che agli inizi.
La conclusione del primo caucus delle primarie? Non ci si vede ancora molto chiaro, non ci sono favoriti nonostante il tasso di partecipazione record e i buoni risultati ottenuti dai candidati anti sistema. Dal lato Democratici, Hillary Clinton è gomito a gomito con Benrnie Sanders, il senatore del Vermont. Dal lato Repubblicano, Ted Cruz si è imposto con il 28% delle preferenze seguito a ruota da Donald Trump al 24,3%. Ma la vera sorpresa è il risultato ottenuto da Marc Rubio, il giovane senatore della Florida, che ha raccolto il 23% dei voti quando i sondaggi non lo davano che al 15%. Tre candidati ad una manciata di voti gli uni dagli altri. Ma come spesso accade in Iowa, conta meno il risultato della percezione che il resto degli Stati Uniti ha del primo test elettorale. E per Hillary Clinton che ha dominato a lungo la corsa ed era considerata come la favorita, è un importante sconfitta, quale che sia il risultato finale di questa prima giornata. Le tornano alla memoria dolorosi ricordi. Nel 2008, era arrivata terza, dietro a Barack Obama e John Edwards, primo segnale della debolezza della sua candidatura. Per quanto riguarda Obama la sua vittoria lo aveva spinto avanti nei sondaggi nazionali e dato un forte slancio alla sua campagna. Per Hillary, la cosa ancor più fastidiosa è che Sanders viene dato come vincitore del prossimo scrutinio in New Hampshire. Viceversa, per il senatore del Vermont, che si presenta a sinistra della sinistra e continua a creare una grande mobilitazione soprattutto tra i giovani, il fatto di essere “quasi in parità” con Hillary Clinton gli conferisce credibilità nazionale e dovrebbe dopare la sua campagna.
In casa dei repubblicani, Ted Cruz, senatore dell’Iowa, deve un cero agli evangelici, che rappresentano una grande parte dell’elettorato. A lungo in testa ai sondaggi, era tallonato da Donald Trump da più di un mese. Ma alla fine, è la sua campagna ad aver fatto la differenza. A puntato tutto su di una grandissima organizzazione territoriale con migliaia di volontari ed ha percorso in lungo e largo lo Stato, visitando tutti i 99 comitati. Donald Trump invece, ha portato avanti una campagna iconoclasta che ha puntato più sulle grandi riunioni e sui social network che sull’azione sul terreno. Ma anche se è arrivato secondo, non è veramente una sconfitta per il magnate newyorkese, che sapeva dall’inizio quanto difficile sarebbe stato convincere l’elettorato religioso. I buoni risultati di Cruz e di Trump che si presentano entrambi come outsider ribelli, confermano l’atmosfera carica di malcontento dell’elettorato repubblicano. Questa è una pessima notizia per l’establishment del Partito che li detesta entrambe e teme sempre più che uno dei due guadagni l’investitura. Può consolarsi con la buona partita giocata da Marco Rubio che mostra che una parte degli elettori sperano in un candidato meno estremista. Il senatore della Florida era radioso durante il suo discorso di ringraziamento. Nei prossimi giorni, la pressione sugli altri candidati dell’establishment – Jeb Bush (3%), John Kasich governatore dell’Ohio e Chris Christie del New Jersey – si intensificherà sicuramente. Diventa sempre più urgente che si ritirino dalla corsa affinché il Partito possa coalizzarsi dietro a Marco Rubio e mobiliti i suoi sforzi per fermare Trump.
Prossima tappa New Hampshire. Qui Trump si sente a suo agio, ma Rubio potrebbe fare buoni risultati. In questa campagna fuori dal comune la corsa si fa sempre più stretta e complessa, sia in campo Democratico che in quello Repubblicano.