La NATO nell’Egeo

Il Segretario Generale della NATO, Stoltenberg, ha annunciato giovedì scorso a Bruxelles che l’Alleanza invierà cinque navi, sotto comando tedesco, nell’Egeo e alcuni aerei-radar AWACS, con compiti di sorveglianza e “intelligence” delle acque greche e turche, per combattere il traffico di migranti.  Si era parlato della possibile partecipazione della Fregata italiana anti-missili “Libeccio”, che è già assegnata al comando NATO del Mediterraneo del Sud, ma il Ministero della Difesa l’ha per ora smentita.

Stoltenberg ha chiarito che le navi non avranno il compito di fermare o respingere i barconi, ma di collaborare con Turchia, Grecia e UE (presente con la missione FRONTEX) nel fornire i dati necessari per intervenire. Questo all’inizio: vedremo poi come evolveranno le cose. L’esperienza insegna che, una volta coinvolta in una determinata situazione, la NATO tende per forza di cose ad accrescere in quantità e qualità il proprio intervento.

Non è stato chiarito se le navi della NATO effettueranno salvataggi in mare in caso di naufragio, ma credo che ciò sia implicito, anche perché prescritto da tutte le norme marittime internazionali. Gli aerei AWACS svolgeranno una funzione cruciale. Ho volato anni fa su uno di essi e ne ho constatato le capacità di sorveglianza in un raggio di oltre 300 chilometri e con un’altissima definizione. Di solito vengono usati per sorvegliare lo spazio aereo (furono utilizzati con successo sui cieli della Bosnia) ma possono reperire qualsiasi oggetto anche a terra o in mare. È previsto che siano utilizzati anche per identificare eventuali infiltrazioni dell’ISIS nella frontiera turco-siriana. Già del resto l’Alleanza aveva dispiegato aerei e radar di terra a protezione della Turchia.

La decisione NATO segue a una richiesta della Turchia, della Grecia e della Germania ed è, sotto ogni aspetto, benvenuta. La più grande organizzazione politico-militare del mondo, presente in forza nel Mediterraneo, non poteva restare più a lungo estranea a un problema che colpisce duramente una quantità di Paesi membri, specie del Fianco Sud, e offende la coscienza internazionale. Intervenendo, apporta un doppio valore aggiunto: tecnico-militare, stante la qualità dei suoi “assets” nella zona (navi e aerei AWACS, ma non solo) e politica: alla NATO partecipano sia la Grecia sia la Turchia, non membro dell’UE. So per lunga esperienza che i due Paesi, divisi da una storica ostilità e da una profonda diffidenza reciproca, riescono a cooperare solo in seno ai comandi alleati. Dico di più, senza timore di sbagliare: è alla NATO che si deve se essi non sono venuti alle mani nel passato. Varie volte ci sono stati vicini, ed è stata sempre l’Alleanza a disinnescare la bomba.

Chi ha la pazienza di seguire  queste colonne, sa che sono un credente convinto nella necessità di preservare l’Alleanza (e tutto quello che accade sotto i nostri occhi lo conferma in modo indiscutibile, per cui non capisco come ci sia chi continua a sostenerne l’obsolescenza); ma sa anche che non sono favorevole a suoi interventi in tutte le circostanze. Ritengo ad esempio che debba restare fuori della Siria, perché si tratta di una situazione di alta complessità, di natura politica prima ancora che militare, nella quale si rischia di entrare in rotta di collusione con la Russia, e penso anche che prima o poi si debba sganciare dall’Afghanistan. Ma nel Mediterraneo (Libia compresa) deve esserci, eccome, utilizzando tutte le sue insostituibili risorse. Risorse, vorrei ricordare, di cui nessun singolo Paese (Stati Uniti a parte) e meno che mano l’UE, lontanamente dispone.

©Futuro Europa®

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