Unioni civili, la bagarre
Quello che avrebbe dovuto essere un dibattito ampio, sereno, rispettoso delle reciproche opinioni (tutte degne e legittime) sulle unioni civili, si è subito trasformato in Senato nella solita indegna “bagarre”, tipica della nostra sottopolitica, piena di intolleranza, di estremismo e di insulti. Eppure, in una materia così delicata e complessa, mantenere la testa a posto è la prima necessità.
Vediamo un poco: a parole, tutti si sono detti d’accordo sul fatto che la questione delle coppie dello stesso sesso andasse in qualche modo regolata, visto che si tratta di una realtà sociale che nessuno, neppure la stessa Chiesa, può più ignorare, e che merita dunque di essere tutelata con i diritti appropriati. In secondo luogo, tranne qualche esaltato con l’orecchino, sembrava esserci accordo sul fatto che le unioni non possano essere considerate “matrimoni” né ad essi equiparate in tutto e per tutto. Fin qui, dunque, tutto bene. Ma la bagarre ha infuriato sull’art.5 del DDL Cirinnà, quello che prevede l’adozione del figlio del partner defunto (un accorato e del tutto inutile appello: ma perché dobbiamo continuare a chiamarla “step-child adoption”, come seguitiamo a parlare di “jobs-act”, quando nella nostra lingua esistono espressioni perfettamente chiare per le due cose? Non mi si accusi di provincialismo: provinciali son quelli che, spesso non sapendo una parola di inglese, si ostinano a usare espressioni in quella lingua per mostrarsi moderni e aggiornati).
Ho già scritto che, a mio modestissimo avviso, non mi sembra un articolo rivoluzionario, una volta accettato il principio delle unioni omosessuali. Mi sembra anche che al fondo di esso vi sia un principio di umanità: che succede se, alla morte del genitore, il minore si trova abbandonato? È davvero scandaloso che se ne occupi il partner del defunto? Non è meglio questo che l’affidamento ai servizi sociali? Capisco però che non si deve generalizzare. Ci sono casi e casi. E capisco che una parte delle forze politiche abbia fatto dell’art.5 una bandiera di resistenza, una specie di ultima spiaggia, e che su di esso si siano fatte le barricate e aperte fratture anche all’interno della maggioranza e dello stesso PD (per non parlare dei 5 Stelle). Lo capisco, perché non mi può sfuggire che l’aspetto delicato sta nel fatto che l’adozione richiama un istituto previsto nel caso di normale matrimonio e quindi il timore dei cattolici è che attraverso di essa passi surrettiziamente l’equiparazione temuta. Eppure, anche a questo proposito un po’ di buon senso sarebbe bastato: l’adozione deve essere considerata solo nell’interesse del figlio da adottare. Siamo d’accordo su questo punto? Se sì, le conseguenze sono chiare. Forse cambiando il “nomen iuris” e parlando di “affidamento” in luogo di “adozione” il problema sia meno acuto. E comunque, l’interesse del minore deve essere constatato caso per caso da chi ha il dovere e diritto di farlo, cioè dal giudice tutelare, togliendo ogni automatismo al meccanismo di adozione o affidamento.
Matteo Salvini (assieme al suo socio Berlusconi strano campione dei valori morali e della famiglia) ha definito la Magistratura italiana, con la consueta eleganza, “una schifezza” perché ha osato perseguire (cioè applicare la Legge) il suo vice Rizzi per malversazione di fondi della Regione Lombardia. A me, personalmente, fa piuttosto schifo chi dice cose del genere. (Vedo che adesso, di fronte alla pesantezza delle accuse che hanno portato all’arresto di Rizzi, Maroni – di cui l’ex Senatore era il braccio destro per la Sanità – è furioso, e si comprende perché la Sanità era il fiore all’occhiello della Lega in Lombardia, e ha promesso una profonda revisione del sistema, e Salvini ha fatto mezza marcia indietro, ammettendo che “chi sbaglia deve pagare”; meglio tardi che mai!). Il fatto è che nella nostra Magistratura ci sono centinaia di giudici onesti, sensati, in grado di identificare e far rispettare gli interessi dei minori. È troppo chiedere che su questo, lungo il percorso della legge in Parlamento e poi eventualmente nel referendum, si trovi il punto di convergenza tra le opposte vedute? Che sia il “giudici naturale” ad accettare o respingere secondo i casi l’adozione o l’affidamento del minore?
Alcune conclusioni finali più “politiche”. La prima: non mi è parso scandaloso che la CEI osservasse come su questi temi sarebbe opportuno un voto segreto. A me sembra evidente che sui temi di coscienza non debbono valere la disciplina di partito o altre considerazioni: solo, appunto, la coscienza, e questa è per definizione una fatto segreto. Del resto non credo che il Cardinale Bagnasco abbia voluto dettare legge al Parlamento e quindi le virtuose indignazioni (dal Premier in giù) mi sono sembrate esagerate. La seconda: il Governo ha saggiamento preso le distanze dall’art.5, rimettendola al Parlamento. È dunque sperabile che, comunque vada a finire la questione, non ci siano ripercussioni sulla maggioranza di governo. Chi spinge NCD a uscirne nel caso che passi l’art.5, prende lucciole per lanterne, confonde problemi di coscienza con programmi di governo condiviso e, nell’insieme, sostiene una pericolosa sciocchezza. Tutti sappiamo che, se salta questa maggioranza, è probabile si debba tornare a elezioni, con tutte le incognite relative e con il disturbo di un’altra campagna elettorale in cui tutto si ferma. Francamente, amici miei, l’Italia ha questioni ben più difficili da affrontare, internamente e internazionalmente, per far saltare tutto in nome di una controversia, certo importante, ma che alla fine riguarda un numero limitatissimo di casi e mi pare lontana dalle vere preoccupazioni della gente. Può darsi che il Governo Renzi meriti di cadere, alcuni lo pensano, altri no, ma se così dovesse essere, lo sia almeno per una questione davvero centrale nella vita collettiva.