Destra e dintorni
Confesso di aver sempre avuto una segreta simpatia per Roberto Maroni, che fu un Ministro dell’Interno più che dignitoso ed è senza dubbio una persona perbene. L’intervista che ha dato al programma “Virus” sul caso Rizzi mi ha confermato questa simpatia. Quando si conobbero le accuse all’ex-senatore leghista, il protervo Salvini definì la Magistratura italiana “una schifezza”. Maroni, con molto candore, ha invece ammesso di aver letto gli atti dell’inchiesta e di ritenere che le prove contro Fabio Rizzi siano “schiaccianti”. “Ci sono giudici politicizzati – ha commentato – ma questi mi pare abbiano fatto egregiamente il loro mestiere”. Evviva! Finalmente qualcuno a destra che riconosce che anche la sua parte può avere colpe e i giudici, alla fine, fanno il loro mestiere. Con altrettanto candore, il Presidente della Regione Lombardia (smettiamola, per favore, di chiamarlo “Governatore” che è termina americano) ha detto di sentirsi tradito da persona che appariva al di sopra di ogni sospetto e di cui “si fidava ciecamente”. Ha sorvolato sulla richiesta delle proprie dimissioni, allegando appunto la buona fede tradita e ha annunciato una commissione di controllo sugli appalti per la Sanità, in collaborazione con l’Autorità Nazionale Anti Corruzione. Ben venga questo bagno di umiltà dopo tanta insopportabile protervia leghista!
Nel frattempo, però, nella destra sta accadendo un altro fatto che suscita quantomeno perplessità: la designazione di Guido Bertolaso a Sindaco di Roma. Bertolaso è senza dubbio un manager capace, e il suo Curriculum lo dimostra ampiamente. Ma è anche persona discutibile (e discussa). Ricordiamo che ha avuto almeno tre disavventure giudiziarie: è stato, ed è tuttora, indagato per gli appalti concessi in occasione della riunione dei G8 all’Aquila, indagine ancora aperta e che andrà a processo in Primavera. Il giudice istruttore ha ipotizzato che abbia ricevuto favori di carattere sessuale. Si indaga anche sul pagamento dell’affitto di un appartamento in Via Giulia, a Roma, ad opera del rappresentante di un imprenditore, Anemone, beneficiato con molti appalti. Il 24 gennaio è stato anche iscritto nel registro degli indagati della Procura dell’Aquila per omicidio colposo (accusa che però penso cadrà). E infine, il Tribunale di Roma lo ha condannato a una multa di 6000 euro e alle spese processuali per “causa temeraria” a favore di Antonio Padellaro e Marco Travaglio. La motivazione: ha sporto querela per diffamazione pur sapendo di avere torto. Le cose che i due avevano scritto di lui erano, in sostanza, esatte.
Domanda: è saggio candidare a Roma una persona che ha qualche scheletro nell’armadio e potrebbe essere esposto abbastanza presto a un processo? Davvero nella Capitale non c’è nessun altro manager del tutto pulito che possa gestire decorosamente la Città? Che a Berlusconi questi aspetti non preoccupino troppo, non stupisce. Chi è lui per fare il moralista? Sorprende che siano d’accordo la brava e onesta Giorgia Meloni e il predicatore di moralità Matteo Salvini (che però, a quanto pare, ci starebbe ripensando). In conclusione: merita davvero Roma, dopo la sciagura Alemanno e quella Marino, un altro candidato “chiacchierato”?