Multinazionali e tasse in Europa
Avevamo già riferito del problema che deve affrontare la UE in merito alla tassazione delle multinazionali parlando del tax ruling, pratica che trova applicazione per la disomogeneità delle varie politiche fiscali degli Stati membri. Uno studio effettuato nel 2013 dall’OCSE su incarico del G20, Addressing Base Erosion and Profit Shifting (Beps) , ha evidenziato che varie imprese multinazionali utilizzano strategie che permettono loro di pagare per tasse societarie una cifra intorno al 5 per cento, mentre le piccole imprese pagano oltre il 30. Aggiungendo che alcune piccole giurisdizioni fanno da collettori per queste operazioni ricevendo investimenti stranieri in maniera sproporzionata e reinvestendo somme molto alte nelle economie più sviluppate e in fase di sviluppo.
Il Beps pone l’accento anche sul fatto che le multinazionali si muovono in un ambiente di diritto creato dagli stessi Stati che poi si lamentano di come le imprese in questione cerchino ‘legalmente’ di pagare meno tasse, in pratica si tratta di pressapochismo se non di vera e propria ipocrisia da parte delle legislazioni nazionali. E’ vero che i movimenti dei dicasteri finanziari degli stati sono stati in direzione di evitare la doppia imposizione fiscale, evitare che aziende che per la propria natura sono presenti in più nazioni, paghino le tasse due volte. Il focus su questo fattore ha fatto nascere vari buchi legislativi che hanno portato al risultato che le aziende si spostano da un paese all’altro, spesso solo di facciata, per cercare le imposizioni fiscali più favorevoli.
Il Segretario Generale dell’OCSE, dal 1° giugno 2006, il messicano Angel Gurria recentemente confermato per un secondo mandato quinquennale , coadiuvato tra l’altro dal nostro Pier Carlo Padoan nel ruolo di Vice-Segretario oltre che Chief Economist, ebbe a dichiarare: “Queste strategie, per quanto formalmente legali, erodono la base impositiva di molti Paesi e minacciano la stabilità del sistema fiscale internazionale”. Sempre l’Ocse ha calcolato che quella che viene definita “Base erosion and profit shifting”, erosione della base imponibile, sottrae alle casse degli stati una cifra tra 100 e 240 miliardi di dollari l’anno. Come rimediare? Possiamo richiamarci al vecchio detto “follow the money”, segui il denaro, se sai dove risiede il denaro lo puoi tassare. Questo è anche il desiderio espresso da Pierre Moscovici, Commissario agli affari fiscali della Ue, annunciando una nuova serie di norme per evitare questo tipo di elusione, ma l’Ecofin, il consesso dei Ministri delle Finanze che dovrebbe materialmente varare le norme, non ha finora dato seguito ai desiderata del Commissario UE.
E’ doveroso aggiungere che in questi casi poi il rischio vale la candela, l’esaltazione mediatica verso Equitalia per avere costretto Apple a pagare una multa di 318 milioni di euro per evasione dei redditi 2008-2013 svanisce di fronte un accertato da 880 milioni di euro. La madre degli iPhone in pratica, anche se pescata con le dita nella classica marmellata, si tenuta in cassa mezzo miliardo di tasse senza colpo ferire, ben diversamente vanno le cose ai normali cittadini allargando il malcontento nel popolo dei regolarmente tassati o vessati che dir si voglia. Altrettanto singolare appare la nostrana FIAT che sposta la sede legale in Olanda e quella fiscale nel Regno Unito, ed invece di essere messa sotto la lente del fisco, diffonde le foto dell’AD Marchionne calorosamente abbracciato al premier Renzi. Di fronte all’insipienza del fisco italiano che appare sempre più forte con i deboli e debole con i forti, stride quanto accaduto nella vicenda Google UK- Regno Unito-Commissione UE. A seguito della chiusura di una decennale disputa tra BigG ed il dicastero delle Finanze inglese, la casa di Mountain View si è adeguata ad un versamento irrisorio di 130 milioni di sterline. L’esiguità di tale cifra ha scatenato la reazione di Margrethe Vestager, Commissario per la concorrenza. Questi ha alzato subito gli scudi classificando l’accordo come aiuti indebiti di stato, apparendo la cifra come la concessione nascosta di vantaggi fiscali a beneficio di Google, e quindi in contrasto con la legislazione comunitaria. Stewart Hosie, leader dello Scottish National Party, ha inviato alla Commissione la documentazione riguardante la metodologia utilizzata dall’HM Revenue & Customs per liquidare la somma di 130 milioni di sterline.
Il problema affonda come sempre nella mancanza di una politica fiscale unica e di un bilancio unico nella UE, la Tobin Tax non ha portato i benefici aspettati risultando efficace solo in parte. Finché ci saranno tanti bilanci e legislazioni fiscali diverse tante quanti sono gli stati membri, sarà inevitabile che chi dispone delle capacità necessarie cerchi di sfruttare le falle presenti, e se le sanzioni continueranno ad essere solo una piccola parte del dovuto il rischio sarà sempre e comunque accettabile da parte delle imprese multinazionali.