Slovacchia, vittoria di Pirro per Robert Fico

Uscito vincitore dal voto di sabato 5 Marzo, il Primo Ministro social-democratico Robert Fico rischia comunque di avere serie difficoltà nel formare una coalizione che funzioni. Queste elezioni hanno fatto sì che il Parlamento di domani sarà molto frammentato, proprio quando Bratislava in Luglio prenderà la presidenza dell’UE per la prima volta dalla sua adesione nel 2004. Paradossalmente le elezioni di dieci giorni fa hanno chiaramente aperto alla destra euroscettica. Un risultato dovuto in parte anche alle politiche europee, e non solo quelle sul dossier migranti.

Un nuovo schiaffo per la già traballante Europa. In Slovacchia, così come in Irlanda a fine febbraio, il sistema politico tradizionale è scoppiato. Ma mentre in Irlanda si è vista una virata a sinistra, la Slovacchia ha bruscamente svoltato a destra, area di grande euroscetticismo. Il Partito del primo Ministro uscente Robert Fico, considerato un socialdemocratico “nazionalista”, è passato dal 44% delle preferenze (2012) a 28%. Il grande vincitore di queste elezioni è il Partito Libertà e Solidarietà (SaS) che arriva secondo con il doppio dei voti rispetto alle ultime elezioni (12,3%). SaS è un Partito caratterizzato dal libertarismo americano, che, nel 2012 aveva fatto cadere il Governo votando contro qualsiasi “aiuto” alla Grecia. Subito dopo di lui troviamo l’Ol’ano (“gente comune”), un Partito che gli somiglia molto, ma con accenti più conservatori. Arrivano poi i Partiti xenofobi. Il Partito Nazionale Slovacco (SNS), con 8,5% delle preferenze (+4,1 punti percentuali), alleato dello Smer nella coalizione uscente e dell’UKIP inglese al Parlamento Europeo, di chiara impronta nazionalista. Segue Kotleba-L’SNS, un Partito dal sapore fascistoide, alleato ai neo-nazisit tedeschi dell’NPD e ai greci di Alba Dorata, che ottiene, a grande sorpresa, l’8% dei voti, sei punti in più del 2012. Infine, il Partito Sme Rodina, dell’uomo d’affari Boris Kollar, che entra in Parlamento con il 6,6% (lo sbarramento per entrare in Parlamento è al 5%) delle preferenze e che, anche lui, dalla retorica chiaramente nazionalista.

Cinque degli otto Partiti in Parlamento – che si dividono 80 dei 150 seggi – sono Partiti euroscettici, anche se con sfumature diverse e per motivi diversi. Ma la destra pro-europea facente parte del Partito Popolare Europeo di Jean Cluaude Juncker o dell’Alleanza dei Liberali (Alde) subiscono una sconfitta che fa male. Se il Partito della minoranza ungherese, Most-HID, membra del PPE, mantiene le sue posizioni come rappresentante dei Magiari di Slovacchia, con il 6,4% dei voti, i Cristiano-democratici, membri del PPE e secondo Partito del Paese nel 2012, hanno ottenuto meno del 5% delle preferenze, rimanendo fuori dal Parlamento. Colui che avrebbe potuto prendere il testimone nell’opposizione di centrodestra, il Partito Siet’, anch’esso membro dell’Alde, non ha ottenuto che il 6% dei voti, meno della metà di quelli previsti dai sondaggi. Come interpretare questi risultati? In parte sono sicuramente frutto della campagna elettorale di Robert Fico, tutta concentrata sulla questione dei rifugiati e sul suo rifiuto a partecipare alla ripartizione per quote dei migranti in Slovacchia. Focalizzando la sua campagna su questo terreno, lo Smer ha alimentato il nazionalismo. Fico aveva sottovalutato però la possibile fuga a destra degli elettori, aprendo la strada all’estrema destra che ha potuto così denunciare la partecipazione del Governo alla gestione della crisi dei rifugiati in Europa. Ma la colpa di Roberto Fico non è attribuibile a lui solo, l’Europa ha una parte di responsabilità in questa storia.

L’Europa ha lasciato che Robert Fico portasse avanti il suo progetto anti-migranti senza battere ciglio. Il Primo Ministro slovacco ha potuto argomentare il suo discorso appoggiandosi a prove concrete: il rifiuto di altri Paesi dell’Europa centrale di accettare le quote a loro imposte (Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria), ma anche la recente decisione dell’Austria di limitare gli ingressi, cosa che ha stranamente avvicinato Vienna a Bratislava, non sempre sulla stessa lunghezza d’onda. Fico ha così puntato il dito su di un’Angela Merkel  isolata e su di un fronte del rifiuto delle quote sempre più forte in Europa. L’esempio poi di molti Paesi occidentali, tra i quali la Francia, che stanno mostrando molta poca fretta nell’accoglienza dei rifugiati, ha portato molta acqua al suo mulino. Ma questa strategia ha mostrato anche i suoi punti deboli. Inoltre, i socialdemocratici europei malgrado i ripetuti richiami, malgrado l’alleanza dello Smer con il SNS, malgrado una serie di discorsi sempre più nazionalisti, non hanno mai sanzionato seriamente il Partito di Robert Fico. Questa mancanza del PSE ha fatto si che Fico corresse a ruota libera. Questa sconfitta dello Smer è anche un po’ una sconfitta del PSE che già la settimana scorsa aveva visto crollare il Labour irlandese.

Il risultato elettorale slovacco mostra le generali mancanze nella gestione della crisi migratoria. Quando Angela Markel ha accettato di aprire le frontiere contando sulla solidarietà europea, ha fatto i conti senza l’oste, sopravvalutando l’impegno europeo dei Paesi d’Europa centrale e sottovalutando il loro latente nazionalismo. L’apertura delle frontiere tedesche ha portato all’indisponibilità di quei Paesi i cui abitanti si sono chiusi in loro stessi. Anche se sono Paesi con un tasso di crescita demografica bassa, anche se avrebbero solo da guadagnare dall’immigrazione, anche se sono tra quelli con meno immigrati presenti nei loro territori, non sono pronti ad accettare i profughi che arrivano dal Medio Oriente. Questi popoli non considerano l’accoglienza dei migranti parte dei valori  europei, sollevando una delicata questione, quella appunto dei “valori comuni” dell’Europa. Se Angela Merkel era convinta che l’accoglienza facesse parte di questi valori, la Slovacchia le ha prontamente dimostrato il contrario.

Al di là dei risultati molto positivi sulla crescita, le elezioni slovacche, come quelle polacche dello scorso autunno, dimostrano che il bilancio sull’allargamento del 2004 non è brillante come si sperava. La delocalizzazione industriale e finanziaria verso questi Paesi non ha spento il fuoco nazionalista. La crisi economica sommata a quella migratoria lo hanno immediatamente risvegliato creando un vero paradosso: la regione ha si approfittato dell’integrazione europea, ma si smarca da qualsiasi atto di solidarietà europea. Ma va anche dato loro atto che l’Europa ha peccato d’orgoglio pensando che la crescita avrebbe compensato tutto assicurando il successo dello spirito europeo. Ma non possiamo non  ricordare che questa eccezionale crescita del 4% tra il 2001 e il 2011 ha un rovescio della medaglia: si è avuta a discapito delle “riforme” che hanno distrutto un po’ ovunque lo Stato sociale. In effetti, tra i motivi di rifiuto di votare lo Smer questo 5 Marzo, gli elettori non hanno citato solo i migranti, ma il cattivo stato del sistema scolastico, del servizio sanitario e delle infrastrutture. Inoltre la crescita slovacca ha grandi discrepanze tra la regione di Bratislava e le altre tre che formano il Paese. Il modello di crescita promosso dall’Europa è sempre più insopportabile per gli slovacchi che, rifiutando logicamente il comunismo si voltano verso l’estrema destra in cerca di soluzioni. E come non capire l’”egoismo” di chi lo scorso anno era stato  preso in esempio dalle istituzioni europee contro la cattiva volontà greca? Gioco pericoloso: si è incoraggiato il nazionalismo e il conseguente rifiuto d solidarietà.

Colpe interne ed esterne a parte, il bilancio di queste elezioni è pesante: il Paese è ingovernabile  e diventa un partner scomodo per gli europei. Un punto di partenza per far riflettere tutti. Una certezza: qualcosa va cambiato in questa Europa dove ormai politica interna e comunitaria si influenzano sempre più.

©Futuro Europa®

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