Sahara Occidentale, veleni tra Rabat e ONU

Tra la fine del 1975 e il 1976, decine di migliaia di Sahraui lasciano il Sahara Occidentale per sfuggire alla guerra tra le forze marocchine e il Fronte Polisario scoppiata all’indomani della “Marcia Verde”. Più di sessantamila tra loro vivono ancora nei campi gestiti dalla Repubblica Democratica araba Sahraui a Tindouf, nel sudovest dell’Algeria.

Da oltre quaranta anni, più di sessantamila rifugiati Sahraui vivono nei campi. Cacciati dalle loro terre, hanno trovato rifugio in un tratto di deserto algerino. In questo ambiente poco ospitale, i Sahraui lottano ogni giorno per rifornirsi di acqua e cibo, per costruire le loro case, per l’istruzione dei figli. Lottano anche per tenere in piedi la Repubblica e i suoi ministeri, responsabili della distribuzione degli aiuti umanitari, della scolarizzazione dei bambini, dei trasporti, delle cure mediche. Una società organizzata e funzionante. Tra il 1980 e il 1987 il Marocco ha eretto una frontiera di sabbia, un vero e proprio muro, lungo duemilasettecento chilometri, protetto da una cintura di mine antiuomo.

Nelle  riunioni degli ultimi giorni a New York, il Consiglio i Sicurezza non ha potuto che constatare le sue divisioni nella disputa tra l’Organizzazione delle Nazioni Unite e Rabat sul conflitto per il Sahara Occidentale. Il Marocco minaccia di paralizzare la missione delle NU nella regione, mentre il Fronte del Polisario  (organizzazione militare e movimento politico attivo nel Sahara Occidentale al fine di ottenere la realizzazione dell’autodeterminazione) che reclama un referendum di autodeterminazione di questo territorio minaccia una ripresa della guerra. E’ stata la visita del Segretario Generale delle Nazioni Unite avvenuta all’inizio di Marzo in un campo di rifugiati Sahraui vicino a Tindouf in Algeria che ha acceso la miccia. Ban Ki-Moon aveva usato il termine “occupazione” per definire la presenza marocchina nel Sahara Occidentale, territorio sotto controllo del Regno dal 1975. Migliaia di marocchini si sono immediatamente riuniti a Rabat per denunciare “la mancanza di neutralità” del Segretario Generale delle NU, preso personalmente di mira. Ban Ki-Moon si è a sua volta lamentato per la “mancanza di rispetto” del Marocco nei confronti della sua persona e delle Nazioni Unite e ha deciso di annullare la visita che avrebbe dovuto effettuare quest’anno in Marocco. “Che abbia fatto apposta o no, ha provocato la collera di un intero popolo. Il minimo che possa fare è riconoscere il diritto dei popoli di esprimere il proprio parere”, ha detto il Primo Ministro marocchino, Abdelilah Benkirane.

Finora, mai la questione del Sahara Occidentale aveva suscitato reazioni così violente tra il Marocco e le l’ONU. Come gesto d protesta Rabat ha espulso decine di rappresentanti delle Nazioni Unite presenti nel Sahara Occidentale, accusati dal Regno di essersi fatti sfuggire di mano la situazione. L’evacuazione di 84 membri della MINURSO (Missione dell’ONU nel Sahara Occidentale) è già iniziata. La paralisi della missione è sicura. Non solo ha deciso di ridurre gli effettivi della missione, ma non verserà più il suo contributo di tre milioni di dollari. Una misura di ritorsione senza precedenti. “Il Marocco ha preso delle decisioni, e sono irrevocabili (…) Altre risoluzioni sono al vaglio”, ha puntualizzato il Ministro degli Affari Esteri marocchino, Salaheddine Mezouar davanti i giornalisti a New York. I collaboratori del Segretario Generale dell’ONU fanno sapere che “se alla missione dell’ONU viene impedito di funzionare, il mantenimento della pace e della sicurezza regionale potranno essere minacciate”. Da parte sua il Fronte Polisario preannuncia la possibile ripresa delle ostilità e i diplomatici che hanno seguito il dibattito in seno al Consiglio di Sicurezza, molti Paesi come Stati Uniti, Francia, Spagna, Egitto, Giappone e Senegal,  hanno già deciso apertamente di stare con Rabat. In questa querelle, nessun ha pubblicamente sostenuto il Segretario Generale Ban Ki-Moon. Il Consiglio non ha neanche chiesto al Marocco di tornare sui suoi passi. Da qui la collera del rappresentante del Fronte Polisario alle Nazioni Unite. Ahmed Boukhari non ha usato mezzi termini nel minacciare una ripresa delle ostilità. “Il Marocco si sforza di mettere fine alla MINURSO, la via più breve verso la ripresa della guerra”, ha dichiarato alla stampa. Per il Fronte Polisario, appoggiato dall’Algeria, non ci sarà né pace, né stabilità nella Regione, fintanto che al popolo Sahraui rimarrà privato del suo diritto all’autodeterminazione. “Il Marocco sa benissimo che in caso di referendum, il popolo Sahraui sceglierà per l’indipendenza. Non siamo marocchini e ci rifiutiamo di diventarlo”, ha precisato Mohamed Saleh, dirigente del Fronte Polisario ad Algeri.

Il referendum per l’autodeterminazione previsto nel 1992 nella vecchia colonia spagnola, sotto l’egida delle Nazioni Unite, viene continuamente rimandato. Rabat propone una vasta autonomia sotto la sua sovranità per questo grande territorio, ricco di fosfati, rivendicato invece dagli indipendentisti  Sahraui. Ban Ki-Moon voleva rilanciare il processo prima di lasciare il suo incarico alla fine dell’anno. La sua iniziativa avrà il merito di dimostrare che l’impasse rimane totale in questo conflitto, ma a quanto pare sembra essere solo contro tutti. Lo scorso 17 Marzo, il Consiglio di Sicurezza non è riuscito a trovare una posizione comune, lasciando ad ogni suo membro libero di avere colloqui bilaterali con il Marocco. Deluso per l’assenza di una “posizione comune” da parte del Consiglio, il Segretario Generale continuerà a tentare di chiarire la sua posizione, sperando di ottenere maggior sostegno, ma il Regno non è rimasto fermo e ha già attivato la sua rete internazionale attraverso diversi canali per ottenere l’appoggio delle grandi potenze. Il 19 marzo, gli Stati Uniti hanno reiterato il loro sostegno al piano di autonomia proposto dal Marocco, definendolo “serio, credibile, realista”. “E’ un approccio che potrebbe potenzialmente soddisfare le aspirazioni del Sahara Occidentale”, ha affermato il portavoce della missione americana presso le NU, Kurtis Cooper, appoggiando il processo portato avanti dall’’ONU. Qualche osservatore ha definito poco trasparente la politica statunitense. Durante la sua visita in Russia, avvenuta pochi giorni fa, il Re del Marocco e Vladimir Putin si sono trovati d’accordo nel “non appoggiare nessuna tentazione di accelerazione o di comportamento precipitoso nella condotta del processo politico, né alcuna uscita dai parametri già definiti nelle risoluzioni esistenti del Consiglio di Sicurezza”.

La crisi tra il Marocco e Ban Ki-Moon è scoppiata alla vigilia della presentazione del rapporto annuale del Segretario Generale delle nazioni Unite sullo stato di avanzamento nella soluzione del conflitto che verrà sottoposto al voto alla fine di Aprile e che rischia di essere, oggi più che mai, incerto.

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