Spagna di nuovo al voto, altro buco nell’acqua?
Il Re Felipe VI ha indetto nuove elezioni per il prossimo 26 Giugno, ma la situazione del Paese rimane molto più che incerta.
Lo scorso 3 Maggio, il Re di Spagna ha firmato il decreto che ufficializzava la data delle prossime elezioni politiche, con la speranza di uscire dall’impasse politica nella quale si trova il Paese dal 20 Dicembre dello scorso anno. Sono passati sei mesi da quando il Congresso (Camera bassa del Parlamento) ha dimostrato la sua incapacità, o debolezza, o semplicemente cattiva volontà, nel costituire una maggioranza utile alla formazione di un Governo che funzionasse. Ricordiamo che le elezioni del 2015 sono state definite “storiche” per via dello stravolgimento politico. Le due formazioni tradizionali, il Partito Popolare (PP, destra) dell’attuale Primo Ministro Mariano Rajoy e il Partido Socialista Obrero Espanol (PSOE, sinistra) hanno visto due nuove formazioni politiche, nate da movimenti civici, Ciudadanos (centrodestra) e Podemos (sinistra radicale) ottenere risultati di non poco peso. Con 123 seggi (28,7% delle preferenze), il PP era arrivato primo, seguito dal PSOE (90 seggi, 22% delle preferenze), Podemos (69 seggi, 20,6% e Ciudadanos con 40 seggi (13,9%). Questi risultati hanno fatto si che per governare fosse necessaria una coalizione tra il PP e il PSOE, o tra tre partiti. Avendo il PSOE rifiutato di appoggiare il PP e Podemos, non auspicando di collaborare con Ciudadanos, dopo mesi di negoziati non è stato possibile formare nessun Governo . Motivo per il quale il Re Felipe VI ha deciso di convocare nuove elezioni.
L’incognita più grande ora è che il risultato della nuova tornata elettorale non porti grandi cambiamenti nella distribuzione dei voti e che il Congresso rimanga nell’impossibilità di creare una maggioranza che funzioni e legittimi un Governo entro la fine dell’estate. Un sondaggio realizzato da Metroscopia, importante istituto demoscopico spagnolo, prevede pochi movimenti nelle percentuali, come per esempio un 29% delle preferenze del PP, sempre avanti al PSOE di Pedro Sanchez al quale andrebbero il 20,3% dei voti, seguito a sua volta da Podemos (18,1%), Ciudadanos (16,9%) e Izquierda Unida (6,9%). Tutto questo se al voto si recheranno almeno il 70% degli aventi diritto. Con questi dati i Partiti otterrebbero una distribuzione dei seggi simile a quella di Dicembre e nuovamente si presenterebbe la necessità di formare una coalizione tra PP e PSOE, o tra tre Partiti. Ma i leader delle grandi formazioni politiche non sembrano essere pronti a scendere a compromessi, le loro posizioni rimangono quelle di ieri. Albert Rivera, leader di Ciudadanos, disposto ad appoggiare un Governo guidato da Rajoy qualche mese fa, ha addirittura dichiarato pochi giorni fa che avrebbe voluto “un Governo nuovo per la Spagna (…) Quando parlo di un Governo nuovo, è evidente a cosa mi riferisco”, una stilettata nei confronti dell’attuale Primo Ministro incarica dal 2011. La formazione di un Governo nei prossimi mesi sembra essere già compromessa. Pablo Iglesias (Podemos), da parte sua non appoggerà Sanchez se non ottiene la vice-presidenza e la metà dei ministeri di un eventuale Governo di coalizione.
Guardando ai risultati passati e probabilmente futuri, ci si chiede quanto pertinente sia oggi il sistema proporzionale. Il sistema maggioritario attribuisce il numero di seggi ai candidati arrivati in testa nelle diverse circoscrizioni. Il sistema proporzionale, rappresenta abbastanza fedelmente il voto di ogni cittadino e distribuisce i seggi in funzione delle percentuali delle preferenze, attraverso un sistema di liste. Come avviene in Spagna. Se il sistema proporzionale ha il vantaggio di essere più democratico, l’altro, favorendo il grandi Partiti politici, presenta meno rischi in termini di governabilità. Fino alle ultime elezioni, il PSOE e il PP si dividevano il potere e la grande maggioranza dei seggi al Congresso. Il sistema proporzionale non presentava particolari inconvenienti e i grandi Partiti erano certi di ottenere la maggioranza assoluta se arrivavano in testa alle elezioni politiche. Ma la crisi economica e sociale, la sfiducia crescente nei confronti dei politici, lo sviluppo dei social network e dei movimenti civici hanno completamente cambiato il gioco. Molti elettori si sono fatti conquistare da personaggi che non avevano avuto mai niente a che fare con la politica, con grande carisma e capacità comunicativa, che denunciavano la corruzione dei politici e il malfunzionamento delle istituzioni.
Non sorprende quindi che il sistema proporzionale crei un Congresso senza maggioranza, incapace di trovare un Governo. Se il sistema proporzionale viene utilizzato altrove, per esempio per le elezioni europee, il dogmatismo è meno marcato all’interno del Parlamento europeo e i Partiti votano regolarmente insieme, dopo aver negoziato. Nel caso della Spagna, all’interno del Congresso le opposizioni ideologiche o culturali sono tali tra i quattro Partiti in gioco, che una coalizione tra tre di loro sembra improbabile. Almeno fino ad oggi. In questo contesto si ripropone la domanda di quanto sia funzionale il voto proporzionale, sicuramente democratico ma spesso inefficace. Ma per la Spagna, formare un Governo capace di adottare misure economiche concrete diventa sempre più pressante, soprattutto alla luce delle previsioni economiche pubblicate lo scorso 3 Maggio dalla Commissione Europea. Per quanto riguarda il Regno, le stime sono di un deficit pubblico del 3,9% e un tasso di disoccupazione del 20%. Si ritiene anche che ci sia il rischio di un “calo delle previsioni della crescita soprattutto per l’incertezza dovuta alla formazione di un nuovo Governo”. Essendo la situazione economica ancora instabile, formare un Governo diventa imperativo.
Il primo esperimento di multipartitismo sembra essere fallito in Spagna. La campagna per le elezioni di Giugno si terrà in un clima teso e di disillusione dopo questo vero buco nell’acqua. I Partiti di rimpalleranno accuse sulle responsabilità degli uni e degli altri sull’andamento dei negoziati. Ma se non vuole affondare,di tempo la Spagna non ne ha molto.
Un Commento
Cara Jacqueline, nel tuo articolo, lucido come sempre, hai molto giustamente richiamato l’attenzione sull’inconsistenza del sistema proporzionale in un paese multipartititico. La cosa ci riguarda da vicino, vito che Renzi (coll’avallo berlusconiano a suo tempo) ha preso come modello proprio il sistema spagnolo e non quello francese dell’uninominale a doppio turno, che da sessant’anni circa assicura stabilitá e governbilitá in Francia. Spero che lui e noi non ce ne dobbiamo pentire.
Quanto alla Spagna, le previsioni non sono incoraggianti. Peró penso che pochi politici responsabili accetteranno la prospettiva di ancora nuove elezioni e quindi qualche forma di coalizione verrá fuori. Il mio “guess”? Un accrdo PP-PSOE o PP-Ciudadanos senza Rajoy.