Buromatica

Da un po’ di tempo abbiamo a che fare con un fenomeno sociale ed economico importante: l’incrocio tra burocrazia e telematica, che da oggi potremmo chiamare, con un neologismo, ‘buromatica’. Ad un certo punto, la telematica è stata vista come strumento per concretizzare la parte operativa di quella che, nel neo-burocratese di lignaggio europeo, è definita ‘governance’: ed in poco tempo ha preso piede in ogni settore della Pubblica Amministrazione. Non c’è atto, certificato, cartella o prestazione sanitaria che non sia passato dalla carta ai bit, e da un impiegato allo sportello ad un sito internet. Questo trasferimento dal supporto fisico a quello virtuale, e dai volti delle persone agli schermi dei computer, non è un fatto banale. Ma, soprattutto, non è indolore. Al contrario, dopo gli entusiasmi iniziali e accanto agli aspetti positivi, il processo sta cominciando a manifestare la sua faccia negativa. Ecco perché non va dato per scontato, ma va inquadrato come un importante fenomeno di carattere sociale, economico e persino sanitario, da studiare e comprendere. Gli effetti della ‘buromatica’ sulla vita quotidiana di ciascuno di noi vanno attentamente analizzati. Ed i problemi che ne derivano, possibilmente risolti.

La buromatica è nata, come tante invenzioni recenti, con le migliori intenzioni. Sulla base di una ormai consolidata fede collettiva nella tecnologia e sull’atteggiamento abitudinario ad adeguarsi come persone al progresso e non viceversa, si sono inseriti a partire dai primi anni 2000 i buoni propositi della Rapidità e dell’Efficienza; e quello della Trasparenza, che avrebbe illuminato il Porto delle Nebbie amministrative del Paese. Nella mente delle persone è stato fatto balenare il sogno, un Sogno con la S maiuscola, che Internet avrebbe risolto le inefficienze – a volte reali, però mai seriamente comprese, eppure date per scontate – della Pubblica Amministrazione. Una grande promessa, da parte delle dirigenze politico-amministrative: ed una grande aspettativa da parte dei cittadini.

Un Sogno. In alcuni settori, e per alcuni servizi, la facilità di accesso alle informazioni è risultata notevole: per esempio, per i professionisti che utilizzano quotidianamente i dati della pubblica amministrazione. Ma per la stragrande maggioranza delle persone, fin da subito sono apparse le difficoltà: in primo luogo per molti cittadini-utenti, che non hanno un contatto quotidiano con la pubblica amministrazione né dimestichezza con tastiere e siti, e che, invece che con una persona, si sono trovati a parlare con uno schermo di computer, spesso incomprensibile. Poi, per gli utilizzatori, coloro che lavorano dentro la Pubblica Amministrazione: che si sono trovati anche loro ad avere a che fare con uno schermo, con un programma spesso capriccioso o con un terminale bisognoso di accudimento quasi quanto un neonato della specie umana. Mentre dai livelli alti dell’amministrazione pubblica la grande promessa calava in forma di circolari e regolamenti sulla necessità di riversare adempimenti e procedure dentro i computer, nei livelli intermedi e quelli operativi la promessa si concretizzava in inefficienza. Ignoranza degli impiegati pubblici? No: eccesso di bisogno di accudimento da parte del sistema buromatico. Già, perché, nell’illusione di una maggiore facilità in tutto, il sistema è stato gonfiato a dismisura di adempimenti sempre nuovi: perché la presunta facilità di accesso e utilizzo degli strumenti telematici, frutto di un approccio entusiastico e acritico verso di essi, ha giustificato il moltiplicarsi di adempimenti motivati da una sorta di ossessione di tracciare, informaticamente, praticamente tutto. E’ successo che gli insegnanti, per esempio, si sono trovati a perdere gran parte del loro tempo a riempire pagine di documenti elettronici invece che ad impiegarlo per insegnare, correggere compiti e preparare lezioni. I medici sono stati messi a riempire format elettronici invece di visitare e guardare negli occhi i pazienti.

Tutto l’impiego pubblico si è trovato ad alimentare la narcisistica autoreferenzialità di un sistema che, invece di esprimersi in servizio al cittadino, sembra rapito dalla narrazione di sé stesso. Anche geometri, avvocati, ingegneri, commercialisti e commercianti, e perfino gli agricoltori, si sono faticosamente improvvisati contabili e segretari di se stessi: tutti presi a coccolare o redarguire i computer invece che a fare il proprio lavoro. Così è stato nelle famiglie, così è stato per milioni di operai stanchi del lavoro, milioni di madri di famiglia, e milioni di pensionati. Tutti hanno cominciato a perdere ore e ore del proprio tempo in serie interminabili di clic, spesso rallentate da programmi grossolani e reti lente o inefficienti. E pochi, al di là di qualche imprecazione, hanno osservato che tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare, che non basta lanciare tweet e circolari per rendere efficiente un sistema-Paese, e che dietro i computer ci sono programmatori e operatori ma soprattutto ideatori e progettisti che non possono essere improvvisati o pescati con gli appalti al ribasso. Pochi: perciò, nonostante i suoi contorni utopistici, il Sogno è vivo e vegeto. Anche se, spesso, è vissuto in forma di incubo: perché i singoli vivono le sofferenze, dovute all’impatto con esso, come necessità di adeguarsi; una necessità assoluta ed inderogabile, punto e basta. Pochi hanno puntato il dito contro il sistema imposto, che a fronte di alcuni indubitabili vantaggi, è fonte di numerose inefficienze: la buromatica.

Inefficienze, già. La buromatica produce inefficienze: di tipo sanitario, in primo luogo. Infatti al Sogno, fonte di una grande aspettativa, quella di una maggiore libertà, di maggiori diritti e maggiore efficienza grazie alla telematica, risponde troppo spesso la frustrazione dell’insuccesso di una procedura astrusa, di una ricerca su internet difficoltosa, di una password dimenticata, di una mancanza di connessione, di un sito bloccato, e di tanto, tanto tempo perduto per tutto questo. Nasce allora, nel singolo, un senso di isolamento e impotenza, perché dall’altra parte non c’è una persona, non è possibile un dialogo: dall’altra parte c’è un mostro elettronico con l’aureola della perfezione, di fronte al quale ci si sente inadeguati. Il ripetersi di questa frustrazione, vissuta nella solitudine dell’interfaccia con lo schermo, e quindi interpretata come incapacità personale, crea angoscia e senso di soggezione nei confronti di chi è dall’altra parte di quello schermo: la pubblica amministrazione. Il contrario dell’aspettativa di trasparenza e dialogo iniziale: con ricadute negative non solo sull’immagine della pubblica amministrazione, ma anche sull’efficienza di chi lavora con i sistemi, e sulla qualità della vita del cittadino-utente.

Ma quel che è peggio è che, invece di illuminare il Porto delle Nebbie, l’accumulo pletorico, ridondante e a volte ‘barocco’ delle procedure, unito alle inefficienze dei sistemi e delle reti, sembra aver aggiunto altre nebbie alle nebbie del porto della pubblica amministrazione, con un effetto negativo sulla percezione dello Stato da parte del cittadino. Alle centinaia di migliaia di leggi e norme dell’ordinamento italiano, sconosciute ai più e variamente interpretabili, e alle migliaia di uffici dove era spesso impossibile rintracciare il responsabile di un atto amministrativo, si è aggiunta infatti un’altra fonte di incertezza: le inefficienze e gli errori sempre possibili dei sistemi telematici, che aumentano il potenziale di rischio – rischio umano, o elettronico come si risponde a volte dagli uffici appellati – di azioni e decisioni: basti pensare alle ormai famose ‘cartelle pazze’.

Questo, e cioè l’automazione della pubblica amministrazione vista con distacco e realismo, è ciò che potremmo definire ‘buromatica’: un fenomeno, non solo un avvento tecnologico, con aspetti positivi, ma anche con molti aspetti negativi; da riconoscere, finalmente. Un fenomeno da non imporre o subire, ma gestire: è il caso di ragionarci su.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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Un Commento

  • … Dramma vissuto quotidianamente e per la prima volta consapevolizzato.
    Sarebbe interessante sapere se si tratta di un fenomeno tutto nostro, frutto di antichi vizi che non hanno fatto altro che riproporsi sotto veste telematica, o se invece è così anche in paesi che tradizionalmente hanno una vocazione minore alla burocrazia, come quelli anglosassoni.

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