Pelé (Film, 2016)

Pelé è un film realistico e visionario, biografico e retorico, infarcito di luoghi comuni e di tante cose già viste (meglio) sul Brasile in molti film provenienti dal paese della samba. Jeff e Michael Zimbalist sono due registi, montatori e sceneggiatoti inglesi, specializzati in calciatori, ché già avevano raccontato la triste storia di Andrés Escobar, ucciso per un autogol, in The two Escobar (2010), ma anche il Brasile più povero e dimenticato nel documentario Favela rising (2005).

Pelè racconta la storia vera di un ragazzino che partendo dal Brasile più marginale entra nella leggenda, appena diciassettenne, debuttando in Nazionale, dopo aver indossato la maglia del Santos, trascinando i Cariocas alla vittoria del mondiale di Svezia del 1958. La storia parte dall’infanzia, racconta la crescita, narra il rapporto con i genitori, affronta uno stile di gioco tipico del Brasile come la ginga, abbandonato dai tecnici dopo le sconfitte del 1950 e del 1954, riportato in auge con vigore grazie a un grande talento. Il calcio bailado a tempo di samba è la vera cifra stilistica dei brasiliani, persino il tecnico chiamato a vincere i mondiali del 1958 lo riconosce, Pelé entra nella storia e fa trionfare una squadra che diventa sempre più grande. Sottofondo musicale del successo la samba e i ritmi africani del candomblé, scenografia tra favelas e l’immensa Rio de Janeiro, la stazione ferroviaria e il campo di calcio del Santos, ma anche la Svezia del primo mondiale. Completano il quadro un padre calciatore – non eccezionale – e una madre che avrebbe preferito vedere il figlio studiare, ma anche un gruppo di amici che si perdono (uno muore bambino) e continuano a tifare per il campione. Il messaggio del film – neppure troppo nascosto – è che bisogna essere sempre noi stessi, non snaturare uno stile di vita fondato su tradizioni, e che i primi a credere nelle nostre possibilità dobbiamo essere proprio noi.

Molto calcio – persino troppo – e realizzare finte partite non è per niente facile. I registi ricorrono allo stratagemma delle inquadrature strette e dei primi piani, ma esagerano con il ralenti e con le parti oniriche. Molta retorica. Va bene che il calcio per il Brasile è sempre stato importante, ma in questo film pare che dalle sorti della squadra di calcio dipenda l’orgoglio nazionale e la grandezza del paese. Un cameo del vero Pelé, cliente dell’albergo in Svezia dove i calciatori brasiliani – che si allenano persino nei corridoi – fanno cadere la sua zuccheriera. Molto accentuata la storia dello stile ginga, eccentrico e tipicamente brasiliano, che alla fine trionfa e porta al riscatto nazionale. Le cose migliori del film sono il colore locale, le ricostruzioni storiche, i costumi, le scenografie e tutta la parte biografiche. Dei difetti abbiamo già parlato. Un kolossal ben realizzato ma con poco cuore.

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Regia: Jeff e Michael Zimbalist. Soggetto e Sceneggiatura: Jeff e Michael Zimbalist. Fotografia: Matthew Libatique. Montaggio: Naomi Geraghty, Glen Scantlebury. Produzione: Imagine Entertainment, Seine Pictures, Zohar International. Distribuzione: M2 Pictures. Paese di Origine: USA. Durata: 107’. Genere: Biografico. Interpreti: Kevin de Paula, Leonardo Lima Carvalho, Diego Boneta, Vincent D’Onofrio, Rodrigo Santoro. Titolo originale: Pelé: Birth of a Legend.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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