Cronache dai Palazzi

La politica nazionale è concentrata sui ballottaggi di domenica 19 giugno anche se il governo cerca di non attribuire all’esperienza locale un significato eccessivo, dedicandosi così alla celebrazione dell’abolizione di Imu e Tasi. Famiglie e imprese che risparmieranno “10 miliardi di mancato prelievo fiscale: i conti pubblici già tengono conto di questo taglio di tasse”, ha dichiarato il ministro Pier Carlo Padoan ai microfoni del Tg1. Il ministro dell’Economia passa in rassegna tutte le sforbiciate del governo Renzi, che in pratica rappresentano delle rinunce per le casse dello Stato: “3 miliardi e mezzo della Tasi, 5 miliardi e mezzo dell’Irap sul lavoro e quasi un miliardo dell’Imu”. Per quanto riguardo il taglio dell’Irpef dal 2017, inoltre, Padoan rimanda alla “prossima manovra”, sottolineando comunque che “alcuni tagli come l’Ires già sono inseriti nell’ultima legge di Stabilità”.

A Montecitorio Padoan ha inoltre risposto ad un’interrogazione delle deputate grilline Laura Castelli e Carla Ruocco che hanno chiesto la rimozione del presidente della Consob, Giuseppe Vegas, per aver “ottemperato ai desiderata dei suoi amici banchieri, a scapito della trasparenza”. Padoan ha risposto che “la Consob è un’autorità indipendente per legge” e in Italia “l’insieme delle misure di trasparenza e di tutela per gli investitori è ampio e articolato”. Per di più “l’obbligo per gli intermediari di fornire informazioni adeguate sui prodotti finanziari è una misura fondamentale per tutelare il risparmiatore. Queste misure possono essere sempre migliorate. Gli sforzi in questa direzione sono al centro dell’attività normativa della Ue nel pieno supporto e anche su impulso del governo italiano”, ha puntualizzato Padoan. A proposito di Brexit, invece, il ministro dell’Economia richiama alla prudenza e sottolinea che l’eventuale uscita della Gran Bretagna dalla Ue ha già provocato “ripercussioni sui mercati”. Padoan suggerisce di aspettare il risultato del referendum (il prossimo 23 giugno) e ha aggiunto che “sarà molto importante l’impatto sugli investimenti a lungo termine”.

La maggioranza renziana fa l’elenco delle tasse abolite anche all’interno del Partito democratico. In prima fila tutti i dirigenti del partito, a cominciare dalla ministra Boschi che twitta: “19,5 famiglie non pagheranno più la Tasi sulla prima casa”. La minoranza interna non ha approvato l’abolizione totale della tassa sulla prima casa ma in un contesto elettorale come quello presente non è il caso di concedere spazio alle polemiche, bensì è necessario concentrare tutte le forze per cercare di ottenere il meglio dalle Amministrative. Dalla sua associazione Gianni Cuperlo lancia per l’appunto un appello all’unità: “Con Fassino, Sala, Cosolini, Merola e Giachetti e con tutte le nostre candidate e candidati. Chi cerca la polemica o chi la cavalca, fuori e dentro il Pd, piglia lucciole per lanterne”. A destra, invece, Gianni Letta, colui al quale sono state affidate da sempre le relazioni istituzionale della casa azzurra, consiglia ai big forzisti di attendere e di non concedere dichiarazioni avventate: “State zitti qualche giorno, aspettiamo che Berlusconi si ristabilisca. Anche perché la ripresa pare sia più rapida del previsto. Allora potremo parlare con lui e capiremo cosa lui vorrà fare”. In definitiva l’invito ad aspettare conduce ad una sola conclusione: sarà comunque “lui” a decidere.

Renzi rimanda invece il “chiarimento” con la sinistra dem all’assemblea di luglio, mentre “per il lavoro della ‘Commissione per le regole congressuali’ ci vorranno almeno sei mesi – ha affermato Renzi confidandosi con i suoi – poi si devono tenere i congressi locali, quindi, a occhio, si arriva all’autunno del 2017”. Il segretario-premier avverte le forze opposte che si manifestano all’interno del proprio partito ed è anche consapevole del fatto che qualora il voto “locale” non dovesse andare bene nel Pd, come nelle forze dell’opposizione, si aprirà un infuocato dibattito sull’esecutivo. Tantoché il presidente del Consiglio ha manifestato apertamente un suo ragionamento: “C’è chi nutre la speranza di poter mettere in atto un gioco di palazzo per non farmi arrivare nemmeno al referendum e farmi cadere prima. Ma non ci riusciranno”. Per Renzi, in sostanza, il fronte della Sinistra non avendo un “progetto politico alternativo” e nemmeno un “leader” non potrà averla vinta e, in definitiva, è convinto che coloro “che vogliono giocare allo sfascio” sono in verità molto pochi. Secondo il premier si contano con le dita di una mano anche i cosiddetti bersaniani che potrebbero addirittura abbandonare il Nazareno nel caso in cui nel referendum costituzionale di ottobre vincesse il “sì”.

Sul tavolo del Consiglio dei ministri approda infine il pacchetto Madia in cui rientrano vari provvedimenti predisposti per punire i furbetti del cartellino, tra cui il licenziamento in tronco. La formula scelta è “15+15” giorni, per concludere il tutto nell’arco di un mese: sospensione e successiva contestazione e difesa dopo i primi 15 giorni. Il decreto ribattezzato “Scia 2” mette invece ordine in un campo dove si erano accavallate troppe norme, mettendo a punto un Codice che mappa tutti i procedimenti autorizzativi per chi fa impresa. E per finire la Conferenza dei servizi 2.0.

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