Spagna, Podemos si scontra con la realtà

Ancora una volta i sondaggi hanno fallito: il PP di Mariano Rajoy ha fatto netti progressi rispetto alle elezioni dello scorso 20 Dicembre, guadagnando ben 13 seggi. Unidos Podemos non supera i Socialisti, sempre secondi. Ma la crisi politica è lontano dall’essere risolta.

I sondaggi svolti all’uscita delle urne elettorali  – e quelli pubblicati fino al giorno delle elezioni in Spagna – si sono clamorosamente sbagliati. Alla fine, Unidos Podemos (UP), l’alleanza tra Podemos e Izquierda Unida, formata da Comunisti ed Ecologisti, non è riuscita a superare il Partito Socialista, che rimane la seconda forza politica del Paese dietro al Partito Popolare (PP) conservatore di Mariano Rajoy. I veri perdenti di questa tornata elettorale sono gli istituti demoscopici e di sondaggio socio-politico che non si sono mostrati molto più efficienti dei loro colleghi britannici che lo scorso 23 Giugno non sono riusciti a “vedere” la vittoria del Brexit.

Il grande vincitore è il PP che ha ottenuto il 33% delle preferenze e 137 seggi in Parlamento contro il 28,7%, e 123 seggi, dello  scorso  20 Dicembre. Il Presidente del Governo uscente, Mariano Rajoy non può che ritenersi soddisfatto di questo risultato. Sembra che abbia beneficiato, come il PSOE, ma con maggiore respiro, della volontà di tornare ai Partiti tradizionali. Volontà sicuramente limitata, visto che nel 2011 il PP aveva ottenuto il 45% delle preferenze e la maggioranza assoluta, ma il recupero di 4 punti è netto e da chiaramente alla squadra uscente la legittimità di tentare di formare un nuovo Governo. Il Presidente del Governo potrà giocare sul fatto che ha vinto queste elezioni del 26 Giugno e cancellare in parte le pesanti perdite subite tra il 2011 e 2015. Sicuramente  in questa vittoria va visto il timore per gli strascichi che una troppo lunga crisi politica può avere su un Paese in preda ad una ancora pesante crisi economica e, di conseguenza, la volontà ri rafforzare il Governo uscente.

Ma la vera sorpresa di queste elezioni è il recupero dei Socialisti del PSOE che venivano dati per moribondi. Il Partito Socialista ha ottenuto 85 seggi, contro i 90 dello scorso Dicembre, ma il Segretario generale del PSOE Pedro Sanchez ha fatto saltare tutti i prognostici perché è riuscito a mantenere senza grandi problemi la seconda posizione in quanto forza politica nazionale. Paradossalmente sembra anche essersi  rinforzato. Ora può sperare di imporre la sua candidatura come alternativa a quella di Rajoy per la Presidenza del Congresso (Camera bassa del Parlamento spagnolo). Questa mossa era fallita lo scorso 2 Marzo, ma adesso può giocare a suo favore l’indebolimento di Unidos Podemos.

La sensazione più forte che si percepisce da queste elezioni è che l’alleanza voluta da Pablo Iglesias non ha convinto l’elettorato spagnolo di sinistra. Il risultato è stato un vero pugno nello stomaco: dato per secondo dai sondaggi fatti all’uscita dei seggi qualche ora prima, la coalizione ha ottenuto alla fine “solo” 71 deputati, ossia lo stesso risultato di Dicembre. Diversi elementi sembrano spiegare questa sconfitta: l’effetto “Brexit”, che ha forse spaventato parte dell’elettorato che ha preferito rivolgersi ai Partiti “conosciuti”; l’alleanza con i “Comunisti” dell’IU, che ha anch’essa potuto preoccupare parte dell’elettorato di Podemos e i progetti di referendum in Catalogna,  che hanno forse portato ad un riavvicinamento con i Partiti “unionisti”. L’astensionismo, in rialzo di 3,5 punti (30,3%), ha senz’altro avuto per Unidos Podemos un effetto negativo. In ogni caso, tutta la strategia di Pablo Iglesias, fondata sul “sorpasso” e quindi su di un’alleanza “offerta” al PSOE, crolla. Podemos dovrà riflettere bene sui prossimi passi  da fare in vista della formazione della prossima coalizione di Governo.

Rimane il fatto che non è l’unico perdente in questa partita. Il Partito liberale Ciudadanos  non ha ottenuto che 32 seggi, contro i 40 della scorsa tornata elettorale. La sconfitta del suo Presidente, Albert Rivera, è chiara. Quest’ultimo si presentava come un politico pragmatico, l’unico in grado – secondo le sue affermazioni –  se rafforzato, di costruire intorno a lui un vero Governo. Gli elettori non gli hanno creduto, arrivando a punirlo. Ad onor del vero era difficile capire con chi Ciudadanos, che aveva stretto un patto con il PSOE a Febbraio, ma che si era lascito la porta aperta anche con il PP, avrebbe voluto governare. In ogni caso, questa sconfitta riduce la prospettiva di un grande Partito di Centro dopo la scomparsa negli anni ’80 del CDS di Alfonso Suarez, il “partito della transizione”.

Cosa succederà adesso? Lo scrutinio non ha dato una maggioranza chiara, ma cambia alcuni dati. Mariano Rajoy ne esce rafforzato e sarà più difficile di chiedere le sue dimissioni per governare con il PP. Ma ne ha i mezzi? La sua vittoria non basta a costruire una maggioranza di governo e, Ciudadanos a parte, non ha a disposizione partner possibili, se non il PSOE. Mariano Rajoy rimarrà sicuramente fermo sulla sua volontà di mettere in piedi una “grande coalizione” con il PSOE, ma anche Pedro Sanchez esce più forte da questa tornata elettorale perché è riuscito ad impedire il “sorpasso” di Unidos Podemos e mantenere la sua posizione. Potrà mettere a tacere i suoi oppositori interni e imporre maggiori condizioni ad eventuali partner di coalizione. In poche parole, anche lui cercherà di diventare Presidente del Governo.

Lo scrutinio appare come uno statu quo rispetto al 20 Dicembre, , nonostante la crescita del PP. La somma dei Partiti di centrodestra è nettamente superiore a quella della sinistra e diventa più percepibile (169 contro 157 contro il precedente 163 a 160). Ma i due Partiti di destra non dispongono non hanno  voti che avanzano al Congresso e senza maggioranza assoluta (176 seggi), avranno delle difficoltà ad ottenere il via libera parlamentare. Rimangono allora tre soluzioni, come prima: una “grande coalizione”, un patto a tre tra Ciudadanos, PSOE e Podemos come aveva proposto in Marzo Sanchez e un’alleanza della sinistra con il sostegno dei nazionalisti catalani o baschi. Le tre opzioni rimangono altrettanto poco probabili che prima della scrutinio.

Il cambiamento potrebbe arrivare dalla delusione di Unidos Podemos. Se Pablo Iglesias e i suoi considerassero di  aver pagato per la loro posizione troppo ferma nei confronti del PSOE e per il loro impegno troppo forte per il referendum catalano, potrebbero decidere di mostrarsi più aperti nei confronti di Pedro Sanchez. Ma la difficoltà sarà quella di far accettare ai loro alleati catalani, baschi, galiziani l’idea di abbandonare la voglia di referendum. Questo significherebbe  anche vedersi rafforzare gli indipendentisti  in Catalogna.

In caso di blocco persistente, il PSOE  potrebbe alla fine accettare la vittoria del PP e tollerare un Governo PP/Ciudadanos che potrebbe rovesciare in qualsiasi momento. Ma un  Governo così formato non è affatto scontato (Ciudadanos accetterà un patto con il PP dopo una sconfitta così grande dovuta ai voti a loro diretti in prima battuta girati verso il Partito più tradizionale?) e sarà in ogni caso molto fragile.  Le elezioni del 26 Giugno non hanno risolto la crisi politica spagnola, Tutto avviene come se si trattasse del gioco dell’oca e il ritorno alla casella “partenza”. Tutti i Partiti hanno promesso di fare il possibile per evitare un “terzo turno”.Saranno presto chiamati a svolgere i propri obblighi dal contesto Brexit che in Spagna ha provocato venerdì scorso una caduta senza precedenti della Borsa. Il nuovo Parlamento di insedierà il 19 Luglio. Starà poi al Re Felipe VI decidere, dopo aver ascoltato tutti i capi di Partito, se potrà designare Mariano Rajoy come candidato all’investitura del Congresso come Capo del Governo.

Rimane da capire perché la Spagna si sia rivolta ai conservatori quando tutti i sondaggi prevedevano una forte spinta verso la coalizione della sinistra radicale Unidos Podemos, che ha, alla fine dei giochi, perso un milione di voti. Il risultato è stato portato a casa dalla destra, che  ha portato avanti una campagna fatta di messaggi semplificati al massimo: per il proseguimento della crescita economica ritrovata dopo anni di crisi (+3,2% del PIL nel 2015), e contro gli “estremisti” e “comunisti”, di Unidos Podemos. E dopo questa campagna, la Brexit avrà certamente aggiunto incertezza al timore per i “populisti” agitata dalla destra.

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