Cronache dai Palazzi
Torna sulla cresta dell’onda la nuova legge elettorale. Con la sua intervista al Foglio l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sembra aver risvegliato gli animi e le opinioni sull’Italicum, la legge elettorale a doppio turno votata in questa legislatura. Complice anche la presentazione di un “Mattarellum 2.0” da parte della minoranza dem capeggiata da Roberto Speranza.
Dalle pagine del Foglio il presidente emerito critica il ballottaggio e lancia un “nuovo patto per l’Italia”. Il fronte renziano continua invece a dimostrare la sua ritrosia nei confronti di eventuali modifiche da apportare all’Italicum, pur apprezzando l’appello all’unità nazionale, anche in vista del referendum costituzionale, di Napolitano. “Abbiamo una legge elettorale che funziona – sottolinea il vice segretario del Pd, il renziano Lorenzo Guerini -, consente ai cittadini di scegliere chi governa e di conoscere il vincitore la sera delle elezioni”. Di conseguenza “non c’è urgenza” nel cambiare la legge. “C’è un dibattito aperto ma non è condizionato dal risultato delle amministrative. Se ci saranno ipotesi concrete non ci sottrarremo al confronto”, ricorda comunque Guerini. La minoranza dem ritiene invece necessarie certe modifiche. Ne è convinto Pier Luigi Bersani: “Se si arriva al referendum senza correggere questa roba, io non saprò cosa dire alle persone”. Massimo D’Alema ritiene invece che “la migliore garanzia per cambiare l’Italicum è che vinca il No al referendum”.
Per i centristi che appoggiano il governo occorre occuparsi di modificare il premio di maggioranza: “Noi pensiamo al premio alla coalizione anziché alla lista”, ha dichiarato il leader del Nuovo centrodestra Angelino Alfano. Per quanto riguarda la riforma costituzionale, invece, “c’è un referendum su una riforma che rivendichiamo fortemente come merito”, afferma Angelino Alfano intervistato dal Corriere.
Per quanto riguarda il sostegno al governo Renzi Alfano rivendica comunque la “missione compiuta”. Dopo tre anni dalla nascita del Nuovo centrodestra “abbiamo dato al Paese stabilità, riforme e ripresa della crescita economica”. Per quanto riguarda il futuro, invece, Alfano non nega la volontà di riformare un nuovo fronte di liberali e moderati, magari anche convogliando le energie dei berlusconiani, purché quest’ultimi si allontanino dall’estrema destra e dai furori leghisti di indirizzo lepenista.
“I risultati del governo scritti con la mano destra sono un’infinità”, sottolinea il leader del Nuovo centrodestra, “e tantissime le cose indigeribili per i moderati che abbiamo evitato”. Alfano ricorda però che Renzi “non ha ancora risolto le contraddizioni con una certa sinistra che agisce come un partito nel partito”, e nell’attuale scenario il Nuovo centrodestra mira a “lavorare insieme a un centrodestra della responsabilità distinto dalla destra estrema”.
Per quanto riguarda l’esito del referendum costituzionale d’autunno, inoltre, Alfano non ritiene la vittoria del Sì strettamente legata alla vita del governo. “Prenderemo delle decisioni sul senso da dare alla parte finale della legislatura e ne parleremo con il premier. Ma non condivido Renzi quando dice che tutto sopravvive o muore in ragione della riforma. Così si confonde una parte con il tutto”, ammonisce Alfano che aggiunge: “Il giudizio sulla leadership e sul governo si dà alle Politiche quando si giudicheranno i risultati su sicurezza, economia, occupazione, riforma del mercato del lavoro e scuola”.
A proposito di riforma costituzionale “noi abbiamo fatto il nostro compito”, afferma Alfano, “il popolo potrà decidere su questa importantissima riforma. Ma non è il giudizio universale”. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente del Senato Pietro Grasso: “La rappresentazione del prossimo referendum come il giudizio universale è inopportuna, irrealistica e fuorviante”. In occasione della cerimonia del Ventaglio a Palazzo Giustiniani, Pietro Grasso ricorda inoltre che non è tutta colpa del bicameralismo, tanto preso di mira. “Il bicameralismo è ancora in vigore, e ha permesso in questi anni di migliorare i provvedimenti presi in esame dal Parlamento”, ha sottolineato il presidente Grasso ragionando sull’attuale procedimento di formazione delle leggi. Il ritardo sui disegni di legge, infine, “non va imputato esclusivamente al sistema bicamerale” in quanto “nella maggior parte dei casi a rallentare l’iter legislativo è la mancanza degli accordi politici necessari per approvare le leggi”. Guardando poi al referendum costituzionale Grasso ha spiegato che “a prescindere dal risultato finale sia necessario soffermarsi sul clima in cui il Paese arriverà a questo importante momento”. In particolare “questi mesi saranno un importante banco di prova per valutare lo stato di salute della nostra cultura politica e la qualità della nostra democrazia”. In sostanza al bando gli allarmismi: “L’esperienza della Brexit insegna che spaventare gli elettori, prefigurando conseguenze catastrofiche, non fa ottenere i risultati sperati”.
A proposito di post Brexit, il presidente della Bce Mario Draghi, al termine del direttivo dell’istituzione di Francoforte, ha rilanciato gli “aiuti di Stato, in casi eccezionali”, pur lodando il modo in cui l’Italia sta affrontando il problema “molto serio” della massa di crediti consumanti dalle banche. Draghi ha messo in risalto la manovra della Bce, ossia tassi di interesse sull’euro invariati, prefigurando uno scenario piuttosto rassicurante per quanto riguarda i problemi del sistema bancario europeo e i possibili effetti negativi di Brexit sull’intera eurozona. La Bce continuerà a garantire i suoi sostegni non convenzionali fino al marzo 2017 e si dichiara pronta ad intervenire in ogni momento in caso di estrema necessità.
“Le banche stanno meglio rispetto al 2009 – ha affermato Draghi, ribadendo le migliori condizioni del capitale – . Il problema ora è la redditività e non più la solvibilità”. Per il presidente della Bce “i passi intrapresi vanno nella giusta direzione, ma si dovrebbe fare di più soprattutto per la gestione dello stock ereditato dal passato”- L’epilogo negativo riguarda la scarsità di credito per famiglie e imprese che non favorisce la ripresa del sistema economico. Draghi ha comunque rinviato a un accordo “con la Commissione europea” che è l’organo di controllo sulla concorrenza e ha l’onere di valutare l’applicazione della flessibilità prevista dalle vigenti regole Ue. “Grande cautela” infine per quanto riguarda l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, almeno finché non si saprà “quanto ci vorrà per compiere i negoziati” tra Bruxelles e Londra. La Banca centrale europea si dichiara comunque “pronta, determinata e in grado di agire” per assicurare liquidità e incoraggiare la crescita qualora sia “necessario”.