Grandi navi, avanti tutta in Laguna

Una nave da crociera di nuova generazione, una specie di condominio galleggiante, che percorrendo il Bacino di San Marco e la Giudecca sovrasta di 30 metri la cupola della basilica e deturpa l’immagine di Venezia, non è solo un problema estetico: sono trecento metri di nave, centomila cavalli diesel-elettrici senza ‘catalitica’, e migliaia di tonnellate di metalli, combustibili, oli e batterie, che si muovono a pochi metri dai marmi millenari di una delle più grandi bellezze del mondo. Inevitabile l’analogia con l’inchino della Costa Concordia al Giglio.

In Italia continua a succedere, a Venezia e non solo, nonostante il decreto ‘Salva Coste’ (al plurale), varato dopo il disastro del Giglio. Continua a succedere nonostante esista almeno un progetto di circumnavigazione del centro storico, la rotta dei cargo dal mare aperto a Porto Marghera; che il rimpallo tra enti locali e nazionali ‘aiuta’ a rimanere inattuato. Si pensa al disastro del Giglio del 13 gennaio 2012 come ad un evento straordinario dovuto alla responsabilità di un solo uomo, il comandante: ma, per restare alla Concordia, già il 22 novembre 2008 per una raffica la nave aveva urtato contro un bacino galleggiante ormeggiato nel porto di Palermo, e il 7 novembre 2010, nel porto di Savona, aveva investito e spostato una gru ferma in banchina. Sempre a causa del vento. Perché, pur con tutta la tecnologia e l’abilità del personale, le supernavi sono giganti lunghi come, ma alti più del doppio, delle gemelle Michelangelo e Raffaello per esempio, i nostri più moderni transatlantici andati in pensione negli anni Settanta; navi che avevano sullo scafo sovrastrutture basse e frastagliate. Le ‘grandi navi’ di oggi, hanno invece una enorme sovrastruttura che continua in altezza la fiancata, con la quale forma una sorta di immensa vela esposta compatta al vento per più di 70 metri di altezza e più di 200 di lunghezza, di 15.000 metri quadri di superficie. Una vela  compatta, non orientabile come quelle di un veliero. Insomma, nonostante i motori laterali, o montati su pod rotanti, le supernavi sono difficili da governare in spazi angusti. Un’elica non reagisce all’acqua con la prontezza di uno pneumatico sull’asfalto. Stando ai fatti e alla sola Concordia, in 6 anni di vita la supernave italiana ha subito tre impatti con la costa. E per questo era stato varato il decreto Salva Coste.

Non è solo per il rischio-contatto, fra nave e costa, che le accostate delle meganavi fanno discutere:: ma anche per i motori accesi nei porti, magari solo uno su sei e a intermittenza, ma pur sempre potenze e inquinamento incredibili e senza ‘catalitica’, per alimentare gli impianti elettrici durante le soste; come sa bene chi vive nelle città portuali. Per questo nella civile Alaska devono spegnere i motori in porto e collegarsi alla rete locale. E non sono solo gli inchini a San Marco a colpire: ora arrivano anche quelli a Portofino, perché grazie ad una seconda deroga al Decreto Salva Coste, i giganti del mare potranno accostare non più fino a 2 miglia, non più fino a 0,7 miglia, ma addirittura fino a 0,3 miglia dall’area marina protetta: appena una volta e mezza la lunghezza di una ‘grande nave’. Tutto grazie ad una ordinanza dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Santa Margherita Ligure, come riportato in un question time al Ministero dell’Ambiente del Presidente della Commissione Ambiente alla Camera Ermete Realacci. Risposta del Sottosegretario all’Ambiente Velo: simili deroghe non si applicheranno in altre Aree Marine Protette. Come dire che a Portofino resta tutto così.

Nell’occasione Realacci ha stigmatizzato la mancata individuazione di vie alternative a San Marco e Giudecca per le grandi navi a Venezia. Ed ha difeso il valore del Decreto Salva Coste. Ha fatto bene a rialzare l’attenzione sul tema Grandi Navi: perché si sa, qui prima facciamo i decreti, e poi le deroghe. Ma della sostanziale accettazione, da parte di un membro del Governo, dell’assalto ad un’area marina protetta, non c’è da esser soddisfatti. Il pietoso velo non cela una linea politica precisa: ambiente e paesaggio sono merce. Un’idea che osa dove nessuno aveva osato: vedi, anche, Stelvio. E Forestale. E Trivelle.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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