Red carpet
Se penso a vecchie edizioni del Festival del Cinema di Venezia mi vengono in mente alcuni idoli della mia generazione, uomini e donne, che hanno davvero fatto notizia solo scendendo dal motoscafo per salire sulla darsena accolti da migliaia di flash.
Mi sento vecchia e piena di pregiudizi. Pensare al passato come “meglio” è sbagliato; non perché non lo sia ma perché ormai siamo abituati al peggio e nulla ci colpisce più. Questo deve aver pensato la tipa, una modella? Un’attrice? Che ha pensato bene di far parlare della sua topa. Sì esatto, ho usato un termine toscano direi grazioso certamente meno greve del termine romano. Insomma questa qui, non uso il nome per dignità mia, ha indossato un abito che ormai credo tutti abbiano visto. E tutto rigorosamente senza mutande. Poi, lei è stata anche più furbetta; ha sfoggiato anche il segno del bikini, così un sacco di persone si sono dilungate nel biasimare il fatto che già che c’era poteva fare un abbronzatura integrale.
Signor giudice, signori della corte, ella va condannata all’oblio. Noi donne siamo qualcosa di meglio. Eppure ogni volta ci troviamo a combattere, quando arriviamo a ricoprire posizioni apicali, con i soliti commenti tipo, chissà di chi è l’amica, chissà cosa ha dovuto fare, mai pensando che magari sotto c’è del talento, ecco noi donne poi ritorniamo indietro di cent’anni grazie a una cretina in cerca di notorietà portatrice sana di topa depilata.
È avvilente. Ma più avvilente è tutta l’eco che certa stampa da buco della serratura ha dato al fatto. Propongo al prossimo presidente del Festival, di instituire una specie di regolamento etico. Per fare in modo che si apprezzino i film, gli attori, gli abiti, anche alcune generose scollature, ma non che si assista allo spettacolo più bieco e dequalificante del genere femminile.